TIRESIA RAPTUS
Gruppo: | Tiresia Raptus |
Formazione:
|
|
La scena romana continua a sorprenderci, tirando fuori dal cilindro band dopo band: è il turno dei Tiresia Raptus, formazione dal nome nuovo ma che… vediamo di capirne qualcosa di più.
Saluto Carlo Gagliardi e Nicola Rossi, rispettivamente benvenuto e bentornato sulle pagine di Aristocrazia Webzine. Abbiamo da poco finito di parlare dei Doomraiser nell'intervista curata da Fedaykin ed eccoci di nuovo qui, stavolta a dialogare sui Tiresia Raptus. Iniziamo dalla scelta del nome: che significato ha? E cosa rappresenta per voi?
Carlo: Ciao Aristocrazia e grazie del coinvolgimento. Inizio dicendo che Tiresia è un personaggio mitologico e ancor di più un indovino probabilmente androgino. Il raptus è invece una forza. La spinta propulsiva, spesso inconsapevole, la risposta ultima alla sopportazione quotidiana (!), forse il nome e cognome di un'antica modernità…
Nicola: Mircea Eliade a proposito dell'androginia scrive che l'ultima vaga idea esoterica di essa risiede tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, dopo ciò ci fu solo una vaga idea dell'androginia, talvolta confusa con espressioni di ermafroditismo. Con questo intendo dire il fatto che purtroppo oggi viviamo una discrepanza tra quello che è il vero valore simbolico, cioè l'interpretazione di esso, e quello che poi in realtà viene rappresentato. Ecco questo è il Raptus di Tiresia, simbolo androgino e quindi totale ma impazzito, per come viene rappresentato dall'odierna modernità!
Un gruppo che vede al suo interno membri di Doomraiser, Black Land, The Foreshadowing e Der Noir, realtà in fin dei conti diverse eppure rientranti in un filone di musica che possiede un forte carisma; una voglia di ricerca costante e una passione vivida per le atmosfere scure. Qual è stata la scintilla che ha dato vita al progetto? Ci volete presentare brevemente anche gli altri componenti?
Carlo: È vero che nel disco eponimo hanno suonato membri di altre band affermate, ma il legame che sta alla base di questa collaborazione è l'amicizia, nient'altro.
Nicola: Ci tenevo a precisare il fatto che per quanto ci possano essere delle influenze personali di ogni componente all'interno del progetto, esso comunque ha una sua autonomia e una sua vita propria, che respira ed è sempre in mutamento, tant'è vero che oggi ritroviamo altri elementi-componenti tra i quali Nicola Irace (già nei Sesta Marconi) alle tastiere e Francesco Campus alla chitarra.
Ascoltando la vostra prima uscita eponima, ho percepito frammenti di ognuna delle band di appartenenza riversati e combinati all'interno. Com'è stato comporre "Tiresia Raptus"? E come erano gli animi durante le prove? In alcuni frangenti è talmente free che mi fa pensare a jam-session istantanee.
Carlo: I brani nell'idea primordiale, nella definizione armonica e nel significato sono una mia creazione, tutto ciò che invece ha a che fare con gli arrangiamenti è opera comune. Tutto sommato quello che io ho fatto è stato fornire una traccia, affinché gli altri potessero liberamente interpretarla e interpretarsi, ecco perché è possibile rintracciare una costante linea improvvisativa e questo ci fa molto piacere. Del resto le prove sono state brevissime e tutto si è svolto in studio con la massima libertà e inconsapevolezza. Non credo però che ci siano le influenze delle band citate, ma solo il coinvolgimento di personalità a esse appartenenti.
Nicola: Il mio è stato un coinvolgimento spontaneo, è come se quelle strutture musicali appartenessero già al mio repertorio personale, date le affinità musicali e non che abbiamo in comune da anni. Tutto ciò ha portato a un coinvolgimento emotivo e sperimentale, si è integrato il discorso con poesia e arrangiamenti vari! Ora i brani nuovi sono frutto del coinvolgimento da parte di tutti i componenti del setting musicale.
Le atmosfere sono una componente fondamentale del lavoro, c'è tanto misticismo eppure al contrario delle visioni sciamanico-viaggianti che tendono a far distendere l'ascoltatore, ho notato una continua altalena di sensazioni che divengono ipnotiche e permettono una maggiore focalizzazione. Qual è la dimensione giusta per godersi al meglio il disco? Quale pensate possa essere la risposta che si cela dietro il telo nero creato dalle tracce?
Carlo: Intanto credo che il disco debba essere ascoltato dall’inizio alla fine senza interruzioni, la durata lo permette e forse un primo ascolto non sarà sufficiente a coglierne la luce nascosta. Quello che tu definisci oscurità è per noi paragonabile al buio dell'universo, all'oscura profondità dell'inconscio.
Nicola: Il buio che tu e che molti altri notano nell'album è un buio preparatorio, se così si può definire; è un po' come il sentiero rappresentato dall'immagine in copertina, è un punto di inizio per approdare verso una luce, una luce che ancora è lunare ma pur sempre una luce! Con questo voglio dire che il buio che si respira nell'album non è totale, non è la risposta e il messaggio definitivo.
Nei testi, dei quali siete in tre gli autori se non sbaglio, si trovano un tributo a Dostojevski, la scelta di usare quasi esclusivamente l'italiano (la sola "Viracocha" è in lingua d'Albione) e una scrittura in alcune parti alquanto intima e dal tocco personale. Come si sono sviluppati?
Carlo: Come dicevamo, il disco è un concept che segue un percorso simbolico stabilito. I testi nascono intanto dalla idea di voler musicare qualcosa di ben preciso e parallelamente alle musiche; un po' come immaginare un Iperuranio e poi inventarsi dei linguaggi per descriverlo.
Nicola: Con le liriche vogliamo rappresentare un immaginario simbolico, è un linguaggio anche un po' da decifrare, da ciò la funzionalità della poesia ermetica.
Già dalla copertina è evidente che ci sia stato anche un grande lavoro iconografico: il nome stesso con quella «t» similare a una croce letteralmente imbrigliata nelle spire del serpente, il sentiero boschivo che sa tanto di «left hand path» e le immagini usate internamente nel libretto sembrano un puzzle del quale si devono ricostruire i pezzi. Hanno un significato unico o sono poste lì per far sì che l'ascoltatore provi a dare una propria interpretazione di ciò che rappresentano? Chi ha curato la parte grafica del lavoro?
Carlo: Esattamente! Tutto ciò che si legge, si osserva e si ascolta è una combinazione sincronica di simboli che apre a una serie limitata di combinazioni interpretatorie. Tutto parla attraverso di noi… Le stesse immagini sono delle reali foto fortemente indicative delle nostre esperienze interiori ed esteriori. Io e Nicola abbiamo direttamente curato l'immaginario, attingendo al nostro repertorio di esperienze.
Nicola: Anche l'immaginario in qualche modo ripercorre la strada intrapresa dalle liriche e cioè il fatto stesso di rappresentare qualcosa di simbolico che si svela nella relazione dell'ascolto del concept. Comunque è un immaginario che è stato creato interamente da noi, anche il logo stesso è disegnato da noi e le foto sono dei nostri archivi. Per quanto riguarda il layout, dobbiamo ringraziare la pazienza di Fabiana De Luca.
A coprire le spalle (se così si può dire) a un'uscita fuori dalle righe qual è la vostra, troviamo la Bloodrock di Enrico, etichetta di riferimento quando si prende in considerazione di trattare sonorità di un certo tipo. Com'è collaborare con lui? Ormai per un verso o un altro è un sodalizio che dura da un po', no?
Nicola: Sì, in qualche modo si può dire che il rapporto con la Bloodrock ormai è un rapporto di reciproca fiducia e di reciproca stima, si può dire quasi che mi senta a casa! Enrico crede in quello che proponiamo e supporta con grande coraggio le nostre idee alquanto bizzarre! [ride]
Discutendo con amici, si faceva una riflessione: è strano dover pensare che sempre più spesso quando si ha a che fare con album interessanti, dei quali in principio si conosce solo il nome (che sembra sconosciuto), in tantissime occasioni ci si renda poi conto di avere di fronte nomi noti sotto altra veste. Ciò mi porta a credere che ci siano nuove generazioni poco capaci di reinventarsi e che saremo sempre costretti perlopiù a fare affidamento sugli artisti rodati. Secondo voi è colpa delle mode che hanno invaso con prepotenza anche il mondo del metal estremo e soprattutto della mancanza di cultura musicale? In Italia non è che si faccia una gran pubblicità alle realtà valide.
Nicola: Secondo me invece le realtà esistono e sono più vive che mai, solo che dall'altro canto non c'è supporto, non c'è circolazione di informazione, non esiste pubblicità, il mondo della musica sembra impantanato in un mare di sabbie mobili!
Ho avuto modo di intervistarti anche in passato, ho letto molti dei testi sia dei Doomraiser che dei Black Land e con la conferma (non che ce ne fosse bisogno) di quelli dei Tiresia Raptus credo di poter affermare senza troppi problemi che quando il cervello funziona, ed è attivamente a servizio dell'arte, esca fuori sempre qualcosa di realmente interessante. Perché gente come Il Teatro Degli Orrori e Le Luci Della Centrale Elettrica (tanto per citare i primi due che mi passano per la testa), progetti alquanto intellettualoidi (che personalmente reputo decisamente sopravvalutati), ricevono riscontri maggiori di una qualsiasi delle formazioni che dona una parte di sè ai Tiresia Raptus? Che cosa hanno in più? È solo una questione di rapporto mediatico e approccio stilistico più estremo che vi rema contro? Lo chiedo perché onestamente ritengo che sia a livello di pensiero introspettivo che di esposizione sonora ci sia un abisso che si pone a vostro favore.
Nicola: Io sono lusingato della tua opinione, ma sinceramente non saprei che dire, forse mi potrei riallacciare alla risposta di prima e cioè che esiste purtroppo poca informazione e il supporto si lascia pagare tanto.
Cos'è oggi la musica in Italia? Cos'è la musica oggi per voi?
Nicola: La musica per me è l'espressione che più mi riesce per dire quello che penso e che vorrei rappresentare, è la mia forma di espressione spirituale più alta, è il mio rapporto con l'ignoto.
Ci sono date live programmate con i Tiresia Raptus? Dove e quando potremo vedervi?
Nicola: Per ora abbiamo appunto stabilizzato la formazione e stiamo componendo il nuovo album, improntato attorno al discorso della diaspora, del sacrificio del sangue e della terra. Quest'album sarà ancora di più un concept, nel senso che ci sarà una storia all'interno di un discorso più ampio. Per quanto riguarda il lato live, per il momento non abbiamo date fissate ma per l'autunno sicuramente usciremo fuori.
Quali sono i progetti futuri per questa realtà?
Nicola: Sperimentare con il suono relazionato alla rappresentazione simbolica dell'immagine e della parola, in una ricerca costante e con il coraggio sulle spalle, questi sono i nostri obbiettivi futuri.
La fine è giunta (sa tanto di apocalittico 'sta frase). Vi ringrazio per averci dedicato un po' del vostro tempo e che dire: vogliamo salutare i nostri lettori o… fate voi dai…
Nicola: Grazie per lo spazio concesso e per il vostro grande supporto!