Alla scoperta di Ardawahisht Kollective | Aristocrazia Webzine

Alla scoperta di Ardawahisht Kollective

Durante i miei vagabondaggi sui social media ho avuto il piacere di incontrare un giovane iraniano che si fa chiamare principalmente con il suo nome d’arte, Erancnoir. Salta fuori che il ventiseienne è il fondatore di un progetto piuttosto unico: un collettivo (prevalentemente) black metal di musicisti con base in Iran o che hanno un collegamento diretto con la cultura iraniana, l’Ardawahisht Kollective. Quella che segue è una conversazione quasi del tutto non riveduta, sviluppatasi nell’arco di una corrispondenza online di diversi giorni.

Prima di tutto: cos’è l’Ardawahisht Kollective, quando è nato, quante persone coinvolge e dove vengono condotte le operazioni? So che in origine tutto iniziò per promuovere i tuoi progetti personali, ma la cosa si è poi evoluta e allargata con il passare degli anni.

Ardawahisht Kollective fu originariamente una mia idea per creare un punto di incontro virtuale — un circolo underground, si potrebbe dire — per riunire tutti i progetti in cui sono direttamente o indirettamente coinvolto. Come forse hai notato sono attivo in parecchie band e progetti, e il collettivo è nato affinché tutti i miei sforzi musicali fossero organizzati e accessibili a chiunque mostrasse interesse. A essere precisi, Ardawahisht è nato nel luglio 2018, e nella sua prima incarnazione includeva me, Earthen Shade, Black One e Seena Arya (di Varkâna, il primo progetto di synth dungeon iraniano di cui io sappia).

Nel corso degli anni si sono avvicendati numerosi eventi e il collettivo ha subito molti cambiamenti, la sua direzione è variata ed è diventato quello che è oggi: un’etichetta digitale per i miei progetti e per le persone a me vicine. In questo momento, i membri a tempo pieno oltre a me sono Earthen Shade (aka Astwihad), Ardwisur, Nihil Satan e Taurvi. Siccome ognuno di noi vive a grande distanza dagli altri — su scala internazionale — non posso dire che il collettivo abbia un quartier generale. Siamo attivi e creiamo continuamente musica in diverse parti dell’Iran e all’estero, quindi oggi vedo Ardawahisht come un’entità multinazionale e multiculturale di artisti uniti per esprimere se stessi.

Questo significa che il collettivo non è solo iraniano, da dove vengono le altre persone coinvolte allora? Oppure Ardawahisht ha dei legami con la cultura iraniana anche quando si tratta di persone provenienti dall’estero? Magari perché si tratta di persone di origine iraniana o che hanno legami specifici con l’eredità culturale persiana? O, invece, vi siete semplicemente conosciuti online e avete iniziato a lavorare insieme?

Senza dubbio Ardawahisht ha legami con la cultura iraniana. I nomi dei progetti, i temi, i concetti, persino la direzione visiva, sono principalmente ispirati alla storia e alla mitologia persiana. Tuttavia, ciò non significa che nel collettivo ci concentriamo solo su questo. Ci sono numerose influenze presenti nelle uscite di ogni progetto, dalle opere classiche del calibro di Shakespeare ai moderni concept di fantascienza.

Abbiamo membri dall’estero. Ci tengo a specificare una cosa: a causa del nostro coinvolgimento nel mondo della musica estrema in un Paese come l’Iran, abbiamo la regola non scritta — la consuetudine, per dirla in un modo migliore — di mantenere il nostro anonimato. Ti direi le origini dei nostri membri se le conoscessi davvero, ma la verità è che la maggior parte dei membri ha mantenuto la propria identità nascosta anche all’interno del collettivo stesso. Non dobbiamo inoltre dimenticare che la maggior parte delle nostre comunicazioni avviene online a causa della nostra distanza gli uni dagli altri e anche questo è uno dei motivi per cui preferiamo rimanere anonimi, anche tra noi artisti.

So che ci vorrà una risposta lunga, ma il vostro sito attualmente elenca tredici diversi progetti come parte del collettivo, ti dispiacerebbe spendere qualche parola per ognuno di essi?

Per semplificare, cercherò di andare in ordine di artista. Per cominciare da me, c’è soprattutto Erancnoir — il mio alter ego, come mi piace chiamarlo — il cui album d’esordio ha dato il via alla nascita di altri miei progetti. Erancnoir è un progetto black metal atmosferico e ambient attraverso il quale incanalo i miei pensieri e le mie osservazioni interiori in soundscape piuttosto epici. Sono stato molto ispirato dai paesaggi montuosi e innevati dell’Iran settentrionale quando ho scritto la musica per Erancnoir, lo dico perché può essere interessante anche per chi non è iraniano scoprire che l’Iran non è la terra desolata e deserta che la maggior parte dei media globali rappresenta. Sebbene Erancnoir sia dormiente in questo momento, presto tornerà a vivere e a raccontare storie ancora una volta.

Prima di pubblicare l’album Wintermonarchie nel 2018, avevo iniziato il mio percorso nel metal estremo con il progetto blackgaze Forestionist, nel 2017. Per me fu un modo per passare agevolmente dal mio background elettronico e post-rock al metal estremo, e Forestionist ebbe un feedback piuttosto positivo. Tuttavia, a causa della mancanza di esperienza che avevo allora, mischiai il progetto ad alcuni nomi internazionali con cui poco avevo a che spartire e quindi decisi successivamente di trasformarlo in Etheraldine, una sorta di reincarnazione completamente metal del suo predecessore. Entrambi i progetti parlano di natura e ambiente e cercano di immaginare un mondo senza umanità e la sua civiltà distruttiva. Sono stato molto ispirato dai paesaggi puri delle foreste iraniane quando ho scritto le canzoni per entrambe le band. Devo anche aggiungere che dopo qualche anno ho riportato in vita Forestionist per seguire un percorso più sereno e parallelo a Etheraldine.

Forelunar invece si concentra completamente sulle mie esperienze e sulle mie emozioni, che siano personali, come i primi due album, che hanno a che fare con i miei desideri, amori e lutti, o sociali, come il più recente Beloved And A Thousand Seraphim, dedicato ai caduti durante le rivolte seguite all’uccisione di Masha Amini da parte del regime. Per trovare una maggiore corrispondenza con i temi che affronto in Forelunar, la musica si è evoluta in una sorta di black metal sinfonico e orchestrale.

Qualche tempo fa, ho vissuto una vera e propria esplosione emotiva come non mi capitava da tempo. Volevo portare quei momenti in musica e poiché avevo alcuni brani pronti per Erancnoir, ho deciso di mescolare i temi di Forelunar e l’approccio stilistico di Erancnoir per creare Menakeret. La definirei una delle mie espressioni musicali più autentiche, e l’intenzione è che rimanga un progetto con un solo lavoro all’attivo.

Come dicevo, prima di iniziare con il metal vagavo per le terre dell’elettronica. Uno dei miei generi preferiti è da sempre la synthwave, come un po’ tutta la musica ispirata agli anni ’80 e ’90. I Neonsceptre sono nati con quella vena, così da poter mostrare anche quel lato di me, che nell’ultimo album si è poi trasformato in un ibrido tra black metal e synthwave. A differenza dei progetti precedenti, Neonsceptre ha una struttura molto concettuale, è basato su trame e narrazioni attraverso cui esploro temi fantascientifici e distopici che mi affascinano.

Urnscent invece è un gruppo funeral doom nato come trio nel 2018, ma che in seguito si è evoluto in un duo composto da me ed Earthen Shade. Entrambi, insieme a Black One, siamo sempre stati affascinati dalla mitologia persiana e dal nostro antico patrimonio culturale, che ogni giorno viene sottomesso e adombrato dal regime islamico. I poemi epici e i racconti delle antiche tradizioni iraniane sono ricchissimi di quel sentimento malinconico e il funeral doom ci sembrava lo stile migliore attraverso cui poter mostrare quel lato della nostra identità. Parallelamente a Urnscent, Earthen Shade e io abbiamo creato Désespéré per portare quel suono funebre a contatto con le nostre battaglie personali e i nostri pensieri. Ciò ha fatto sì che ne uscisse un’entità più oscura rispetto al suound più epico di Urnscent.

Da quel momento, Earthen Shade, attivo anche con il nome d’arte Astwihad, ha deciso di mettere in piedi il suo omonimo progetto solista e di addentrarsi ulteriormente nella mitologia persiana. Astwihad è un gruppo black-death che incorpora strumentazioni e testi tradizionali iraniani.

Ma non ci siamo solo noi. Ardwisur, l’altra metà di Ardawahisht, ha portato elementi molto interessanti all’interno del collettivo. È in contatto con me dall’inizio del 2018 e il suo progetto principale, Enscelados, è stato una delle produzioni di maggior successo di Ardawahisht. È una ragazza fortemente affascinata dalla cosmologia e dall’occultismo, e ciò ha permesso la nascita di questa bestia cosmic black metal in cui ho avuto l’opportunità di operare e aggiungere qualche dettaglio. Il suo omonimo progetto solista oceanico, Ardwisur, è più radicato nel tipico territorio black metal atmosferico e ambient, un’area in cui si muove la maggior parte dei progetti di Ardawahisht.

Aneraxt è invece un unicum all’interno del collettivo. È il progetto solista di Nihil Satan, la persona che ha contribuito alla nostra presenza online sui social media dai primissimi momenti di vita di Ardawahisht. Aneraxt è una sfuriata violenta e incompromissoria del war metal più caotico. A differenza della visione più stereotipata di noi altri membri del collettivo e della nostra tendenza a esplorare reami eterei e metafore del sé e dell’universo, Aneraxt è un’espressione più cruda e brutale della situazione che molti di noi hanno vissuto nell’Iran contemporaneo e prende una posizione più diretta nei confronti dei problemi reali e di alcuni argomenti più sensibili.

Infine, ci sono Taurvi e la sua mostruosità tra black metal ed elettronica. Taurvi ha scelto di mantenere l’anonimato anche con noi, per quanto abbia contribuito con idee e suggerimenti a numerosi progetti, da Enscelados, cui ha partecipato con alcune texture dell’ultimo album, ad altri sforzi del collettivo.

È estremamente raro imbattersi in progetti legati al metal estremo dall’Iran. Com’è la situazione da quelle parti, musicalmente parlando? Quali sono le difficoltà maggiori?

Il governo islamico osserva e controlla rigorosamente le attività musicali. Per pubblicare opere d’arte in Iran, in senso ampio, che si tratti di cinema o musica, gli artisti e i loro lavori dovrebbero passare attraverso un tedioso e burocratico processo di valutazione e accettazione in conformità con la legge e le norme islamiche. È facile intuire la quantità di censura che viene applicata a causa di questo particolare iter. Le opere d’arte ritenute contrarie agli insegnamenti religiosi dell’Islam sono anche considerate contrarie alla dottrina del governo islamico e quindi dichiarate proibite e persino blasfeme o, nel peggiore dei casi, sataniche.

Il metal estremo ricade proprio in quest’ultimo caso. Gli elementi su cui si basa la musica — distorsioni, velocità, aggressività, gli argomenti trattati e tutto il resto — sono tutto ciò che il regime considera contrario al proprio sistema di valori e di politiche. Questo porta a una situazione molto sfortunata per i musicisti che vogliono fare metal estremo. E noi non facciamo eccezione. Per quanto Ardawahisht — e io in particolare in quanto fondatore — insista a mantenere tutti i propri progetti quanto più apolitici e personali possibile, è lo stesso stile musicale a non essere accettato dal governo. Per questo siamo costretti a rimanere nell’underground.

La situazione comporta quindi non poche difficoltà. I proprietari degli studi di registrazione solitamente non si prendono il rischio di lavorare in ambito metal. Creare una band è arduo per gli stessi musicisti per ragioni di sicurezza, sia sociale che puramente personale, e avere accesso alla strumentazione è già di per sé spesso un problema. Credo che queste siano le ragioni alla base della nascita di molte one man band in Iran: è molto più semplice fare tutto da soli e in segreto.

Visto il rischio che corri e che correte, la tua famiglia e i tuoi amici sono a conoscenza della tua passione e del tuo coinvolgimento nella musica? E se sì, supportano la tua scelta? Parte della mia famiglia quando da ragazzino iniziai a bazzicare il mondo del metal estremo era inizialmente perplessa, e io vivo in Italia, immagino che si sarebbero tutti parecchio preoccupati se avessi avuto rapporti con un mondo così pericoloso in Iran. D’altra parte, in una situazione politica così repressiva, sono certo che avrebbero anche voluto che seguissi la mia passione e i miei interessi. Qual è la tua esperienza?

In Iran non è per nulla diverso. Da un lato, i genitori vorrebbero che i propri figli avessero successo e fossero soddisfatti delle proprie vite, dall’altro tuttavia ci sono ragazzi come me che scelgono un percorso diverso — anche pericoloso, a seconda del Paese e della situazione politica — e in questi casi ci sono dei nodi che è difficile sciogliere che disturbano sia genitori che figli, tutte le parti coinvolte. Inoltre il metal qui in Iran è ancora considerato un oggetto misterioso, qualcosa di straniero, un’anomalia culturale. A questo aggiungi tutto quello che ti ho raccontato prima. Se anche le persone a te più vicine comprendessero la tua scelta di una carriera in un ambito come la musica, che certo non ti garantisce successo o stabilità, il fatto che tu ti appassioni al metal in particolare diventa un ulteriore elemento di conflitto.

I miei genitori sono sempre stati aperti a nuove influenze, anche quando queste non sono ancora comunemente accettate, ma questo non gli impedisce di preoccuparsi per me e per l’ambito cui mi sto dedicando. Non soltanto da un punto di vista personale, ma anche e soprattutto per i rischi che questo comporta in un Paese che è governato da leggi severe, rigide ed estremamente punitive, e in ultimo anche per la stigmatizzazione sociale che conseguirebbe. Insomma, essere un musicista metal per me è sempre stata una questione di vita o di morte. Conosco i pericoli che questa attività comporta, così come ne conosco i benefici e riconosco che sia una necessità per me. In questo viaggio ho ricevuto appoggio e supporto dai miei genitori, amici e dalle persone a me vicine, e di questo sono grato. Questo tuttavia non cambia il fatto che la perdita di tranquillità e una sostanziale solitudine diventano parte integrante della tua vita, quando entri in un ambito culturale che è considerato dannoso dalle leggi del governo.

Abbiamo parlato della possibilità di vedere le pubblicazioni di Ardawahisht in un’edizione fisica, e mi hai detto che potrebbe essere fattibile, per quanto complicato. Cosa intendi esattamente? Quali sarebbero i principali rischi e le difficoltà che dovreste affrontare, se un’etichetta straniera vi facesse un’offerta?

Questo particolare argomento si divide in due aspetti. Prima di tutto c’è il lato economico: come tanti sapranno, l’Iran è diventato uno Stato economicamente isolato negli ultimi decenni a causa delle numerose sanzioni contro il regime e i suoi caotici rapporti con il resto del mondo. Questo comporta dei problemi, primo fra tutti il fatto che un artista residente in Iran non può avere accesso ai sistemi di pagamento e di gestione finanziaria internazionali, per cui una collaborazione professionale diventa pressoché impossibile per gli artisti che stanno fisicamente in Iran e che vogliono lavorare con etichette straniere. Questo a meno che non ci siano delle terze parti disposte a fare in modo che questa collaborazione avvenga.

L’altro aspetto, ancora più importante, è legato alle conseguenze che queste attività avrebbero. La pubblicità che porterebbe l’appoggio di un’etichetta nota potrebbe rivelarsi troppo pesante per artisti che vivono sottoposti alle regole di un governo come il regime islamico. Non perché l’attività in sé sia contraria alla legge, anzi solitamente lavorare con etichette straniere significa che il tuo lavoro viene proposto a un pubblico più ampio, solitamente europeo o americano e in quanto tale non collegato né controllato dal regime islamico iraniano. Il problema si presenta quando quella pubblicità fa sì che la tua musica in qualche modo rientri dalla finestra e trovi spazio nella comunità di ascoltatori di musica metal in Iran e si mescoli quindi alla società, che è ovviamente molto legata alla politica e alla sua visione religiosa. È a quel punto che iniziano i veri problemi.

Metti insieme questi due aspetti e puoi farti un’idea molto basica di ciò con cui i musicisti che hanno a che fare con il metal estremo in Iran devono rapportarsi.

A livello personale, come sei entrato in contatto con il metal estremo, e cosa ha portato te e gli altri membri del collettivo ad avvicinarvisi?

Mi sono imbattuto per la prima volta nella musica metal quando ho ascoltato l’album di debutto degli Ensiferum. Non era poi così estremo, ma mi ha sicuramente aperto la strada al death e black metal, da lì ho scoperto gruppi svedesi come Dark Funeral e Lord Belial e ovviamente leggende norvegesi come Burzum, Darkthrone e tutto il resto. Dal mio punto di vista il black metal, e il metal estremo in generale, ha in sé quell’oscurità che la maggior parte di noi in Iran ha sentito o sente ancora da vicino. Il senso di disperazione, dolore, violenza, morte è molto presente nella vita della maggior parte delle persone, più di quanto si possa immaginare altrove. Credo che quelle somiglianze tra la musica e la realtà in cui viviamo siano state per me il principale punto di attrazione che mi ha portato ad avvicinarmi alla scena e ai suoi numerosi sottogeneri.

Che tipo di piani e attività hai e avete in mente per la crescita del collettivo? E ancora più a lungo termine, qual è il vostro obiettivo?

Parlare del futuro è irrilevante e persino arrogante per un artista metal estremo in Iran. Mentirei quindi se ti dicessi che abbiamo dei piani futuri per Ardawahisht. Il collettivo potrebbe smettere di esistere da un momento all’altro, in qualsiasi istante. Quello che posso dire con certezza, però, è che questo collettivo e la musica che creo sono le parti principali della mia vita. Sono il mio percorso verso la serenità attraverso l’espressione, il mio interesse di più lunga data e persino il modo in cui mi guadagno da vivere. Per questo ho sempre contato sull’essere prolifico, mantenendo la migliore qualità possibile e, naturalmente, sul supporto degli ascoltatori e di coloro che sono interessati ai lavori del nostro collettivo.

Tuttavia, devo confessare che sebbene non abbia piani concreti per far crescere Ardawahisht o apportare cambiamenti particolari, un obiettivo finale per questo viaggio ce l’ho. Mi auguro davvero che un giorno in futuro, anche quando non dovessi essere più qui, artisti iraniani più giovani possano nascere dalle fondamenta — o addirittura dalle ceneri — di Ardawahisht e mi ricordino come uno dei ragazzi che ha fatto del suo meglio per spianare la strada alla futura generazione di musicisti metal. E che il mondo rispetti noi che lavoriamo con sangue, sudore e lacrime per perseguire ciò che abbiamo adorato fin da ragazzi.

Metti che qualcuno che legge questa intervista si chieda come supportare il collettivo. Qual è il modo più utile per dare una mano ad Ardawahisht dall’esterno?

Ardawahisht di per sé è un collettivo unicamente digitale. Il migliore e unico modo per supportarci è il solito: o supportare direttamente gli artisti tramite i loro Bandcamp, oppure ascoltando e acquistando i loro album tramite le piattaforme su cui sono distribuiti. Qualora si riuscissero ad avere un giorno delle pubblicazioni fisiche, ovviamente supportare l’etichetta sarebbe fondamentale, così che sia questa che il collettivo possano beneficiare della collaborazione.

Un aspetto che molti (tutti?) progetti condividono è una connessione con lo zoroastrismo. Qual è la tua e vostra relazione con l’antica religione iraniana?

Buona domanda, e ancor più interessante è il fatto che tu abbia definito lo zoroastrismo come un’antica religione. Prima di tutto, lo zoroastrismo fu primariamente una scuola di pensiero fondata da Zoroastro (Zarathustra/Zartosht) per venerare l’esistenza stessa e gli esseri che si trovano a condividere il cammino con noi in questo universo colmo di meraviglie. Ciò che vediamo oggi è in qualche modo una visione politicamente riplasmata dell’ideologia originale, e poiché è stata resa una religione è stata in qualche modo organizzata.

Ora, io ho sempre cercato di rifarmi agli antichi valori persiani come a una scuola di pensiero e credenze tradizionali, non in un contesto religioso. Ci sono molti progetti metal ispirati a diverse mitologie occidentali, come la Scandinavia e l’antica Grecia, il che è del tutto comprensibile dal momento che il genere stesso proviene da quella regione geografica. Eppure, non ce n’è quasi nessuno — a eccezione di alcuni progetti che provengono essi stessi dall’Iran — che si ispiri direttamente alla mitologia persiana o addirittura ne parli. Dal momento che questi temi, miti e racconti, nomi e tradizioni della Persia hanno sempre avuto grande importanza nella mia vita e mi hanno influenzato molto, ho sempre preferito usare metafore, racconti, paesaggi e mitologia della mia patria come elementi tramite cui raccontare le mie esperienze, emozioni e osservazioni personali. In questo senso, il mio rapporto è principalmente con l’eredità e l’identità culturali dell’Iran, piuttosto che con la sua antica religione.

Qui in Europa, in particolare in Italia, sappiamo molto poco delle usanze e delle tradizioni iraniane. Qual è l’equilibrio tra l’antica fede zoroastriana e la moderna repubblica islamica?

La fede, come dicevo prima, è solo una piccola parte della più ampia visione del mondo che avevano i nostri antenati. L’intero contesto è così vasto e antico che nessuno è in grado oggi di comprenderlo appieno, ma quello che posso dire è che quei costumi e quelle credenze e quei valori vengono costantemente attaccati dal regime islamico. Hanno lavorato così duramente per cambiare la mentalità delle persone, da una nazione dal cuore libero a schiavi superstiziosi e senza cervello, che devo ammettere che lo stato in cui si trova oggi la nostra identità culturale è pessimo. Non c’è equilibrio tra il pensiero islamico e le nostre antiche tradizioni. I governanti hanno rubato molte delle nostre nobili usanze e le hanno mescolate alle loro idee, tossiche e straniere. Il regime è come una forza di occupazione che mette brutalmente in atto la sua mentalità aliena sulle persone che sono state storicamente legate a questa parte del mondo e hanno dato significato e identità alla nazione attraverso l’unità e l’adesione a una scuola di pensiero. Questa è la vera relazione che esiste oggi tra i due fenomeni.

Le tue parole lasciano poco all’interpretazione e la tua posizione critica nei confronti di chi è oggi al potere è abbastanza chiara. Se posso chiedere, qual è il tuo background culturale? Dici che il governo ha cercato per così tanto tempo di trasformare le persone in schiavi senza cervello, tu come sei riuscito a sfuggire a questo lavaggio del cervello?

Sono come qualsiasi altro iraniano o iraniana. Sono nato e cresciuto da genitori che erano iraniani a loro volta e da un lato la mia famiglia risale alle più antiche famiglie di Nishapur e alla sua versione più antica, Abarshahr. Vedi, l’Iran, a differenza di quanto si possa supporre, è una terra di colori e di diverse nobili culture dei tempi antichi. Non è un Paese bianco o nero o asiatico o che altro, come avviene in Europa o Nord America. Piuttosto è un’unità di razze iraniche, persino di immigrati, che hanno convissuto per lungo tempo.

Qui nasce il problema. Secoli fa, ci furono popoli brutali che invasero — per meglio dire violentarono — la Persia e con grande crudeltà assoggettarono gli abitanti alle loro ideologie straniere e ai loro barbari costumi. Due volte si sono verificate queste catastrofi, dalle quali i persiani hanno potuto in qualche modo guarire e far rivivere le antiche tradizioni, ma solo fino a un certo punto. Negli ultimi decenni tuttavia, per motivi che esulano dagli interessi di questa intervista, in Iran si è instaurato un regime totalitario basato su leggi brutali che da allora ha fatto del suo meglio per trasformarci in persone incivili e, sfortunatamente, ha avuto successo nella maggior parte dei casi. Tuttavia, rimane ancora una speranza che questo processo di annientamento culturale si fermi e che l’Iran possa tornare di nuovo alle sue radici di alti valori umani.

Sono stato fortunato, qualcuno potrebbe anche dire privilegiato, a imparare lingue diverse dal persiano e avere accesso a internet. Leggere online mi ha aiutato a capire meglio le mie origini, le usanze del mondo e a familiarizzare con la storia delle nazioni e culture. Certo, poi sono state la mia passione e curiosità per tali argomenti che mi hanno portato a essere ciò che sono oggi, e non posso dimenticare coloro che per me sono stati dei veri insegnanti durante questo percorso.

Collegato alla mia domanda precedente, di recente un’amica mi ha suggerito un libro, Couchsurfing In Iran, di Stephan Orth. È stato pubblicato nel 2018 e parla di una società parallela in Iran, ti cito la sinossi: «[l’autore] Sperimenta quotidianamente quelli che chiama i “due Iran” che coesistono fianco a fianco: la “teocrazia, dove le persone piangono i loro martiri” nei mausolei, e la “nascondino-crazia, dove le persone organizzano feste segrete e cercano brividi mondani invece della beatitudine spirituale» e apprende così che gli iraniani sono diventati esperti nel destreggiarsi tra le rigide leggi del loro paese. Come uomo del posto, qual è la tua opinione? Sei un couchsurfer per caso?

Non avevo mai sentito parlare di questo libro fino ad ora, è una interpretazione interessante dell’Iran, ed è anche assolutamente corretta. Mi pare che molto di quanto ti ho raccontato finora sia coerente con quello di cui parla questo libro. Ho accennato al fatto che il regime è riuscito soprattutto a sopprimere e frantumare l’identità dei persiani, ma non del tutto, non ancora. Vedi, a differenza dell’ideologia e della cultura islamiche, in cui quasi tutte le cose belle sono proibite alle persone perché possano così raggiungere la redenzione dopo la morte, e la vita si basa principalmente sui principi della sofferenza e della punizione, con la costante minaccia di subire l’ira di un crudele potere soprannaturale, la cultura persiana riguarda principalmente le cerimonie e la celebrazione della vita e delle forze che la guidano attraverso i tessuti dell’esistenza e della creazione. O per dirla altrimenti: la venerazione del benevolo creatore di tutto ciò che era, è e sarà.

Ora, ciò che sta avvenendo oggigiorno in Iran è un incontro di queste due idee e approcci alla vita e all’essere. Quest’ultimo è scolpito nelle nostre anime e molti di noi ricordano ancora ciò che eravamo e dovremmo essere. Quel lato degli iraniani si mostra in quei raduni segreti e non autorizzati. Pensala in questo modo: la nostra terra è occupata da una forza straniera ed è controllata con il pugno di ferro, quindi le persone scappano o decidono di restare e vivere le loro vite nell’ombra. Abbiamo visto numerosi esempi in passato, basta ripercorrere la storia contemporanea di guerre e disordini in tutto il mondo… Quanto alla tua ultima domanda, non sono mai stato un couchsurfer. Non sono una persona che ama particolarmente viaggiare. Preferisco stare in un posto e metabolizzarne completamente l’essenza nella mia mente e nella mia anima.