I Blaze Of Sorrow raccontano l'ultimo album "Vultus Fati"

I Blaze Of Sorrow ci raccontano l’ineluttabilità del Fato

Correva l’anno 2020 quando i Blaze Of Sorrow pubblicarono Absentiaun album che fece parte delle mie playlist per diverse settimane sin dal primo ascolto. Ero appena entrata a far parte della redazione di Aristocrazia e ammetterò senza troppe remore che quella fu la mia prima intervista. Per questo motivo, tornare in contatto con la band mantovana in occasione dell’uscita del recentissimo Vultus Fati ha una rilevanza particolare, oltre al fatto che mi ha permesso di far affiorare dettagli molto interessanti riguardo un album parecchio valido.


Tre anni fa, in pieno lockdown, abbiamo avuto modo di sviscerare diversi elementi interessanti tra quelli presenti all’interno di Absentia. Ora, invece, è il turno di Vultus Fati. Nel frattempo avete anche collezionato una serie di live. Come avete vissuto il fatto di tornare nuovamente a calcare le assi di un palco?

Il tempo scorre veramente rapido: tre anni sono volati. Il passaggio da Absentia a Vultus Fati è stato davvero immediato. Dopo il letargo obbligato per tutti i gruppi della scena italiana, europea e internazionale, siamo riusciti anche noi a tornare dal vivo e diciamo grazie. La connessione che si crea tra tutti coloro che partecipano al live, qualunque sia il loro ruolo, è sempre un tonico da ogni punto di vista.

Fin dal primo ascolto, Vultus Fati mi è sembrato molto più maturo e corposo rispetto ad Absentia, che già si trovava a un livello piuttosto alto. Quali pensate siano i fattori che hanno contribuito a questa evoluzione?

Forse uno stacco più ampio è possibile riscontrarlo tra Astri e Absentia piuttosto che tra Absentia e Vultus Fati: il nostro ultimo disco si inserisce nella breccia che crediamo di aver aperto con Absentia. Sentirti parlare di evoluzione ci aggrada molto, perché è piacevole riscontrare di rimanere con la stessa identità ma senza mai incastonarci e incastrarci in un’unica forma definitiva. In questo ultimo album abbiamo cercato di dare sfogo a una componente più scarna e aggressiva. La musica è espressione, ed evidentemente era tempo di dare voce a questa dimensione.

Nonostante non manchino i momenti melodici e riflessivi, il mood generale del disco è parecchio epico, incalzante e sembra voler tirare uno schiaffo alle avversità della vita. La mia percezione coincide con quello che intendete comunicare all’ascoltatore?

Sì, crediamo proprio sia così. Risulta poi difficile definire percezioni, intenzioni e ricezioni. Ogni volta che si riascolta un buon disco, se ne colgono aspetti differenti. Possiamo amarlo o maledirlo a seconda del momento. Crediamo che Vultus Fati possa essere ascoltato dall’inizio alla fine mantenendo un senso di forza e di slancio intensi.

Tra gli elementi che impreziosiscono Vultus Fati, salta all’orecchio la presenza della viola. In futuro, pensate di dare più spazio alla sperimentazione con strumenti che esulano dalla formazione classica delle band che suonano metallo?

Non vogliamo fare pronostici. Come regola, legge e principio ci siamo sempre dati la suprema libertà di poter utilizzare ciò che ci occorre, qualunque sia la sua origine. Non utilizziamo strumenti inconsueti per darci un tono spocchioso o far vanto di una qualche intellettualità superiore. Semplicemente, quella viola era quello che serviva. Nel futuro chi lo sa. Gli strumenti sono, appunto, strumenti. Non vanno confusi mezzi e fini.

Quest’ultimo punto è molto interessante, penso meriti un ulteriore approfondimento. Come vi muovete, dunque, per individuare il giusto approccio che consenta di tradurre in una forma appropriata quello che avete in mente di descrivere? È un processo che diventa più spontaneo con il passare del tempo oppure trovate che richieda comunque di essere ponderato razionalmente?

Solitamente cominciamo dalla musica, partendo da un piccolo riff o addirittura un suono. Quello sarà il seme di una canzone o addirittura di un intero album. Collegialmente cerchiamo di trasformare in parola ciò che primariamente quei suoni ci raccontano. Il passaggio quindi da suono a canzone può essere immediato o richiedere settimane di prove e riprove. Riguardo a spontaneità e razionalità, possiamo dire che ci risulta impossibile lasciare che una trionfi totalmente sull’altra. Occorre una mediazione. Occorre costruire argini forti per apprezzare pienamente la potenza di un fiume. La partenza, l’origine, la fonte è sempre spontanea e il farsi della musica deve avere libertà. La razionalità interviene per rendere più fruibile al pubblico ciò che altrimenti rimarrebbe oscuro. La scelta dei suoni, la metrica e le rime dei testi, il ripetersi o l’interrompersi dei riff sono scelte che cercano un’armonia tra spirito e ragione.

Sulle note di accompagnamento all’album si legge che le tematiche principali sono lo scorrere inesorabile del tempo e il fatto che, per quanto ci si trovi da soli davanti agli eventi che la vita ci mette davanti, si può comunque scegliere di affrontarli a testa alta e in maniera risoluta. Vultus Fati va dunque inteso come un concept album?

L’incontro di musica e testi fa di Vultus Fati un album decisamente unitario. Si possono apprezzare le canzoni sia singolarmente che come un unicum. Il tema che cerchiamo di affrontare è quello che hai tu indicato.

Tenendo presenti le tematiche di cui sopra, l’artwork dell’album può essere inteso in senso allegorico?

Abbiamo chiesto ad Adam Burke di comporre l’artwork secondo alcune precise indicazioni e il risultato finale ci ha decisamente soddisfatto. Volevamo esprimere anche visivamente una sorta di risoluta solitudine che affronta uno spazio sconfinato e imponente. È tramonto? È alba? Non importa. L’agglomerato di case e rovine che si vede è abitato o è abbandonato? Non importa. Occorre andare avanti.

Rimaniamo sempre in tema artwork: la copertina di Vultus Fati rientra a pieno titolo nell’immaginario medieval black metal che ultimamente sta richiamando parecchio l’attenzione. Da dove è scaturita l’idea di realizzare una grafica così diversa da quelle degli album precedenti?

Non ci siamo interessati molto alle schematizzazioni di sottogeneri che sempre cercano di incasellare il metal e il black ancora di più. Il soggetto cavaliere è venuto spontaneo e ci sembrava incarnare al meglio le sonorità che abbiamo creato nel disco.

I vostri testi sono solitamente una miniera di contenuti letterari, filosofici e mitologici. Vi andrebbe di fare una carrellata dei riferimenti che si possono trovare nei brani di Vultus Fati?

Nei nostri testi cerchiamo di inserire le nostre sensazioni, emozioni, idee, paure, rabbie e desideri. Per farlo, spesso ci appoggiamo direttamente o allusivamente a opere di letteratura, storia e filosofia. I riferimenti in questo caso possono essere legati a stoicismo greco-romano, esistenzialismo di metà Novecento e niccianesimo di fine Ottocento, inseriti in un contesto post-postmoderno contemporaneo. Tutto questo suona terribilmente pesante, ma spesso queste tematiche possono essere espresse in modo incredibilmente diretto e immediato. E la musica è necessaria.

Sono fermamente convinta che la musica abbia un potere universale di toccare chiunque, soprattutto quando si parla di tematiche universali come quelle su cui vi focalizzate all’interno di Vultus Fati. Tutto questo viene amplificato notevolmente se si considera un’epoca come la nostra, dove le certezze sono poche e le difficoltà sono invece parecchie. Se volessimo concentrarci su una lettura filosofica del momento storico che stiamo vivendo, quali aspetti delle scuole filosofiche che avete citato possono aiutarci a darne una lettura sensata?

Qualunque epoca ha avuto e avrà le sue crisi, le sue tensioni e le sue mutazioni, ma certo questo Terzo Millennio non sembra essere avviato verso le magnifiche sorti e progressive. Crediamo sia possibile trovare buone chiavi di lettura per la situazione presente in classici antichi come Τὰ εἰς ἑαυτόν (Ta Eis Heauton – A Se Stesso) dell’imperatore Marco Aurelio o in quella potentissima rilettura contemporanea dello stoicismo antico che si trova nel Mito Di Sisifo di Camus. E se una rilettura di Nietzsche con i suoi Al Di Là Del Bene E Del Male e Crepuscolo Degli Idoli è sicuramente consigliata, crediamo che, spostandoci in un ambito italiano, possa essere fruttuoso affrontare i romanzi Q di Luther Blisset/Wu Ming e Il Pendolo Di Foucault di Eco. In questi romanzi si tematizza perfettamente la condizione di risoluta incertezza a cui accennavi prima: nel primo l’umano deve affrontare eventi enormi a cui non può in alcun modo sottrarsi; nel secondo viene tratteggiato alla perfezione il disfacimento totale della Verità e del suo sfilacciarsi in gretto relativismo.

Chiudiamo con una domanda in stile Novella 3000 versione trve kvlt: cosa state ascoltando in questo periodo?

Ultimamente, come accade sempre più spesso negli ultimi anni, siamo rientrati nel tunnel del metal classico: primi Iron Maiden, Merciful Fate, Black Sabbath, Angel Witch per citarne alcuni.

Siamo davvero giunti al termine di questa intervista, per la quale vi ringrazio infinitamente. Diteci dove sarà possibile incontrarvi dal vivo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Grazie a te. Abbiamo alcuni concerti in programma per l’autunno-inverno ma al momento nulla è stato ancora annunciato. Nei prossimi mesi verranno rivelate date e luoghi.