Davide Straccione e il Frantic Fest
Prima di mandare in archivio la splendida edizione 2023 del Frantic Fest, di cui siamo stati orgogliosamente media partner, abbiamo contattato a caldo Davide Straccione per farci raccontare qualche retroscena e riflettere insieme sull’evento messo in piedi con la sua crew. Ne è uscito un botta e risposta diretto fra polemiche locali mancate, supporto tra band, epopee logistiche e tanta tanta passione.
Il festival è alla seconda edizione post pandemia, ma è dalla prima che il rapporto con la gente di Francavilla non è esattamente idilliaco. Ci racconti un po’ come si è evoluta questa strana convivenza?
Ti dirò, sono quasi deluso dalle pochissime lamentele di questa edizione. Nelle edizioni passate i nostri vicini ci hanno fatto passare dei bellissimi momenti di ilarità nel leggere i loro commenti online, o nel ricevere i loro audio Whatsapp. A quanto pare non siamo poi così terribili come ci descrivevano nelle prime edizioni, anzi, i commercianti vicini ringraziano.
Messo il punto sulla quinta edizione del fest, com’è andata stavolta con la gente di Francavilla? L’hanno presa meglio, o continuano a girare voci e pettegolezzi su #shtivermi che rovinano il sonno e fanno perdere la salute a chi vive nei dintorni?
Mi sono sempre disinteressato dal chiacchiericcio intorno al festival e, come ti dicevo, l’ho sempre presa a ridere. Nel tempo la popolazione locale si è un po’ ammorbidita, sono certo che ci siano ancora persone a cui diamo molto fastidio, ma probabilmente iniziano a essere in minoranza.
Bilancio post Frantic 2023: cosa ha funzionato? Quali problematiche avete affrontato?
Le difficoltà sono tante e ogni edizione nasconde un anno di lavoro. Questo festival non sarebbe possibile senza i nostri volontari, quelle persone a modo con le maglie colorate del festival che corrono ovunque, sempre col sorriso. Dietro le quinte sono sempre tante le problematiche da affrontare, ma la cosa fondamentale è che il pubblico si diverta e che percepisca l’amore e la passione con cui il Frantic Fest è messo su.
A organizzare tutto siete in quattro, ma nel pratico poi ci sono tantissime persone coinvolte nella realizzazione del fest. Pro e contro della gestione di una macchina organizzativa così grossa?
In realtà il Frantic ha un organico molto piccolo, durante tutto l’anno siamo in pochissimi a lavorarci. Durante il festival però, e nei giorni subito prima, la squadra si allarga e quest’anno è arrivata ad accogliere una schiera nutrita di volontari da tutta Italia, vecchi e nuovi, felici di dare il proprio contributo a un festival che sentiamo tutti moltissimo.
Com’è vivere il Frantic da dietro le quinte e com’è vivere la gente del Frantic? Ti è rimasto impresso qualche ricordo in particolare, quest’anno?
È stancante ma tutto svanisce quando le band e i manager ti ringraziano per il trattamento ricevuto, per il cibo, per la gentilezza dello staff. Ci sono band blasonate che ci confessano che suonare al Frantic gli è piaciuto più di suonare al grande open air di turno, perché la passione traspare e apprezzano. La logistica non è sempre semplice, molte band arrivano in aereo e atterrano a Roma, quest’anno avevamo quattro furgoni e quattro autisti che andavano a prendere i gruppi, e parliamo ogni volta di spostamenti di circa tre ore, con conseguente apprensione per i voli in ritardo, strumenti che non arrivano, scalette serrate, ripartenze all’alba. Far funzionare tutto questo non è semplice, ma ogni volta che una band mette piede al festival è un sollievo e una gioia indescrivibili.
Prendo ad esempio il caso degli islandesi Misþyrming: mi contattano la notte prima comunicandomi che il loro volo era cancellato, potevano prenderne un altro ma non sarebbero arrivati in tempo per l’orario previsto per il loro set. Dico loro di salire comunque su quel volo, e nel frattempo rivediamo gli orari, anticipando altre band e facendo qualche aggiustamento. Successivamente mi comunicano che uno dei chitarristi stava male e che non sarebbe partito con loro. L’indomani la band arriva, ma i loro strumenti no. Per fortuna la compagnia imbarca gli strumenti su un volo successivo, che ovviamente causa ulteriore ritardo sulla tabella di marcia. Recuperati gli strumenti, la band parte dall’aeroporto di Roma alle 22:30, arriva in tempo record e a mezzanotte e mezza esce dal furgone, già truccata, sale direttamente sul palco e suona con un’energia mai vista prima, qualcosa di primordiale. Per accorciare i tempi, i Dread Sovereign hanno eseguito il loro soundcheck, e questo ti fa capire che atmosfera si respira al Frantic. Ti ho raccontato questo aneddoto perché è stato un episodio molto denso di emozioni e che ho seguito in prima persona, con l’ansia di non farcela. Essere riusciti a far arrivare la band in tempo, leggere la gratitudine nei loro occhi per avercela fatta, è stato impagabile. Aggiungo che la band alle quattro del mattino aveva una navetta per Roma, di nuovo, e che quindi la loro è stata una permanenza brevissima, ma che dimostra tutta la dedizione che si cela dietro al nostro mondo.

Quali sono i prossimi passi da compiere per continuare nella crescita qualitativa del festival?
Dal punto di vista qualitativo il Frantic non ha nulla da invidiare a molti altri festival, per cui ti direi che la strada rimarrà più o meno la stessa. Certo, ad avere un budget più consistente si potrebbero chiamare band ancora più grosse, ma preferiamo di gran lunga questo assetto, piuttosto che avere un headliner enorme e tutte band minori a fare da riempitivo.
Giochiamo un po’ insieme. Se avessi a disposizione un budget illimitato, quale sarebbe la prima cosa che implementeresti, aggiungeresti o ingrandiresti del Frantic?
A sentire budget illimitato il mio cervello è diventato tipo un flipper. Si potrebbero fare tantissime cose con un budget illimitato o anche solo raddoppiato, ma restiamo realisti.
Mi pare di capire siate piuttosto contenti di organizzare una realtà come quella del Frantic Fest sul posto, seppur con una mentalità internazionale. E di commenti di apprezzamento proprio per questa strana combinazione ne ricevete tanti. Avete pensato o considerereste mai l’opzione di un Frantic — o di uno spin-off del Frantic — altrove?
Ci vogliono già troppi mesi per riprendersi dal Frantic, credo sia abbastanza prematuro pensare anche a uno spin-off, anche se mi è stato chiesto. Il fatto che il Frantic si svolga in Abruzzo, e non altrove, fa parte dell’esperienza, che il pubblico apprezza ampiamente. Sono in molti a scegliere il Frantic come meta delle proprie vacanze, e questa cosa non può che rendermi felice e orgoglioso di ciò che abbiamo creato, quasi dal nulla.
Co-organizzatore del Frantic, co-titolare di Spikerot, cantante degli Shores Of Null, driver: molto probabilmente la sai più lunga di noi sulla musica live, oggi giorno. Qual è lo stato di salute di concerti e festival in Italia, nel 2023?
Potrei aggiungere almeno un altro paio di cose alle mie attività, ma resto umile [sorride]. Credo sia un buon momento, vedo anche un discreto cambio generazionale e la gente cerca esperienze di qualità, non semplicemente il gruppo che suona su un palco.
Anticipazioni sul Frantic 2024: ci puoi già dare qualche notizia, più o meno velatamente?
Chi vivrà vedrà.
[leggi il report del giorno 1]
[leggi il report del giorno 2]
[leggi il report del giorno 3]
[leggi l’editoriale sul Frantic 2023]
La foto dei Misþyrming è di Anna Bechis