Come il death diventa culto: i segreti di Antti dei Demilich
Uno dei gruppi seminali della scena death metal? Check. La scena è addirittura quella finlandese? Check. Un disco solo in più di trent’anni? Check. Lo status di culto è assolutamente meritato per i Demilich: durante la seconda giornata del Frantic Fest, a Francavilla al Mare, Antti ci ha raccontato un po’ di passato, presente e — chissà — futuro del quartetto di Kuopio.
Prima di tutto, come è stata la vostra esperienza al Frantic Fest?
Antti: È stata fantastica. Non sapevo cosa aspettarmi perché abbiamo fatto pochissimi concerti in Italia e il festival è parecchio lontano dal nord, dove abbiamo suonato. È stato molto bello, mi piace il posto e il pubblico è stato eccezionale.
Il pubblico è stato fantastico ma hai anche menzionato qualche band che ti è piaciuta, tipo i 40 Watts Sun. Come musicista death metal, dove collochi i tuoi gusti? Che altre band tendi ad ascoltare?
Oggi ascolto cose che non voglio neanche nominare [ride]. Ascolto anche death, black metal e cose simili, ma quando arrivi a quasi cinquant’anni hai più o meno capito che c’è anche altra musica oltre al metal. Quando ne avevo diciotto non c’era altro. Tutto il resto non era valido, nonostante sapessi che c’erano band che non volevo ammettere mi piacessero. Anche gruppi pop. Ma solo il metal era vero. Non scenderò nei dettagli, ho dei segreti terribili, ma ascolto un po’ di tutto: dal metal all’industrial rock, anche pop finlandese se ci sono belle canzoni. Spesso è il metal a sfornare buoni album, mentre se mi piace qualcosa di pop, è solo qualche canzone. Ciò che ascolto di quel genere di artisti è scritto e suonato da altra gente. Non mi piacciono il loro stile e la loro idea di musica.
Parlando dei Demilich, avete iniziato circa trent’anni fa e il vostro unico album a oggi compirà trent’anni l’anno prossimo. Che effetto ti fa pensare che Nespithe sarà trentenne?
Sì, abbiamo trentadue anni e mezzo e Nespithe è uscito poco più di ventinove anni fa. Ricordo che non ero felice quando l’abbiamo registrato, perché ho iniziato a vederne i difetti e alcune cose che avrei voluto fare diversamente. Poi l’ho lasciato perdere, non l’ho ascoltato né ci ho pensato. Sfortunatamente sono un perfezionista, quindi non essendo perfetto l’ho odiato. Ma poco alla volta vedevo che alla gente piaceva… C’è stato un periodo di cinque anni in cui non ero al corrente delle reazioni della gente, poi ho iniziato a capire che c’era qualcosa. Soprattutto era bello quando i più giovani, i figli di gente della mia età, venivano da me e mi dicevano «amo la tua band» e io pensavo «oh, che strano». Non avrei mai pensato che l’avrebbero fatto. Adesso penso che sia qualcosa che andava fatto. Credevo ci sarebbero stati molti album come quello, fatti da altra gente, ma no. È unico, è imperfetto per me e per altri, ma credo di essere abbastanza felice di averlo fatto, all’epoca.
A dire il vero, l’album ha ispirato, specialmente in questo periodo, un grande revival dello stile old school, con un’attitudine più criptica e progressive. Cosa ne pensi di questa riscoperta della scena death finlandese? Per esempio anche in America, che è così lontana, la gente vi ama! Come ti fa sentire?
Ovviamente, quando ho iniziato a fare musica, il mio più grande sogno era suonare in America, perché l’America era l’obiettivo di tutti e tutti riescono a essere delle star lì. Più tardi ho capito che ci sono diversi livelli di fama, ma ero comunque contento. È un po’ inaspettato perché in America, nei primi anni ‘90 la gente preferiva un metal più diretto. Chiaramente amo i Pantera e roba simile, ma non riuscivo a immaginare un posto per noi tra quella gente. E alla fine è stato molto strano il fatto che l’America sia diventata il luogo in cui la gente ci apprezza di più, e ancora non ne capisco davvero il motivo. Perché gli americani ci amano? Non ne ho idea, ne ho parlato con loro ma non sono riusciti a darmi una spiegazione decente [ride].
Visto che sei un perfezionista, quanto dovranno aspettare i vostri fan per vedere un secondo album, ammesso che ce ne sia la possibilità?
Innanzitutto, abbiamo quattro canzoni quasi pronte. Devo completarle e abbiamo in mente di pubblicarle. Poi sarà il momento di pensare al secondo album: ho il titolo, il concept e qualche riff, ma conoscendomi potrei non riuscire a finirlo entro questa vita. Vedremo, spero che si accenda la lampadina e di finirlo, perché all’epoca ho fatto quasi tutto in due anni e mezzo.
La scena death finlandese è cresciuta molto negli anni, intendo dire che era molto underground e lo è ancora adesso rispetto alla scena death svedese o quella norvegese, ma ha i suoi perché. Ci diresti qualche band legata alla scena death che la gente dovrebbe assolutamente conoscere?
Una delle cose impegnative in questo caso è che è sempre stato difficile per me amare le band finlandesi, perché mi sono troppo vicine. Potrebbero essere miei amici, potrei conoscerli o incrociarli in aeroporto, come oggi con i ragazzi degli Swallow The Sun. Li pone allo stesso livello nostro e non come degli eroi. Sia chiaro che non ho alcuna intenzione di incontrare i miei eroi perché sarebbe una rovina. C’è uno di loro che ha reso difficile ascoltare la sua band, perché l’ho conosciuto, abbiamo passato una serata insieme e vorrei che non fosse mai accaduto! Comunque, secondo me, gli Amorphis sono coloro che hanno mantenuto qualcosa di interessante, tra tutte le band che in qualche modo hanno cambiato stile. Hanno buone canzoni, con quella tristezza finnica ancora oggi.
Cosa vi ha spinti a mettere in piedi la band? Quali erano i presupposti, quali band amavate all’epoca e cosa ne pensate oggi? Per esempio: avete iniziato amando le band A, B e C, adesso amate ancora B ma avete un’idea diversa di A e C… e così per tutte le altre band a cui vi siete approcciati musicalmente. Parlaci di questo viaggio musicale.
Un po’ come tutti, è un lungo viaggio in cui ti innamori di qualcosa, dell’energia della musica, poi trovi energia in altre cose e cambi strada. Soprattutto da ragazzini si cambia molto, per esempio io sono andato dall’ascoltare solo metal al metal estremo, ho lasciato perdere Iron Maiden, Dio e cose simili. È un percorso in cui trovi delle cose, ovviamente gruppi come Maiden, Dio, Twisted Sister e W.A.S.P. mi hanno influenzato all’inizio. Poi, per restare in ambito death, ho scoperto delle band semplici come i Bolt Thrower. Ricordo che loro sono stati una delle ragioni principali, insieme ai Napalm Death e ai Carcass, anche se questi erano un po’ più progressive. Volevo fare come loro, ma nuovamente mi sono trovato a desiderare altro e non potevo percorrere quella strada. La prima demo ha molte influenze Bolt Thrower, ma quando l’abbiamo fatta ho capito subito che dovevo trovare altro. Dovevo metterci del mio, chiaramente ho preso qualcosa da qualche band, ma sono riuscito a fare ciò che volevo. Più avanti sono stato ispirato da band progressive, come Pestilence e Atheist.
Ultima domanda, ma molto importante: quanto preferiresti restare al Frantic domani e vedere le altre band, piuttosto che tornare a casa in Finlandia?
Tantissimo in questo momento [ride]! Beh, è bello tornare a casa, tra relax e tutto. Ma se potessi andare in hotel adesso, dormire un po’ e tornare a vedere le band: certo che sì, lo farei.