I Devoid Of Thought e la poesia volatile del cosmo | Aristocrazia Webzine

I Devoid Of Thought e la poesia volatile del cosmo

I Devoid Of Thought bazzicano l’underground italiano da qualche anno, ma è stato nel 2021 che hanno finalmente piantato una bandiera nel brulicante sottobosco death metal italiano grazie alla pubblicazione di Outer World Graves, uscito per la bresciana Everlasting Spew. In occasione di un trittico di date in giro per la Penisola a supporto dei deathster americani Artificial Brain, abbiamo pensato che potesse valere la pena di fare il punto con la band varesotta, e ci siamo rivolti al chitarrista e cantante Andrea Collaro…


La scusa per questa intervista è nata dal vostro tour con gli Artificial Brain, che vi sta portando a spasso per l’Europa con una quindicina abbondante di date, di cui tre in Italia. Il tour parte proprio in questi giorni quindi non possiamo chiedervi come sta andando, ma com’è nato?

Andrea: Ciao, intanto un saluto e un ringraziamento per questo spazio. Il tour nasce per una fortunata coincidenza. Grazie a Vlad di Sacred Audio (Slovacchia) siamo venuti a conoscenza del fatto che gli Artificial Brain cercavano un gruppo di supporto. A quel punto ho contattato Pierre di Dead-Pig ed erano tutti entusiasti all’idea di aggiungerci al pacchetto. Ti scrivo dalla Polonia al momento e posso dire che nonostante le numerose difficoltà organizzative [per esempio Lufthansa che perde tre chitarre degli americani] sta andando bene e siamo molto affiatati.

Questa rappresenta certamente una bella occasione per mettere il vostro nome sulla mappa del panorama death metal underground internazionale. Oltretutto vi dà modo di supportare live il vostro album dello scorso anno. È un momento che vi suscita emozioni particolari?

Ti posso dire che questo per me è il sesto o settimo tour, ma mi sento come se fosse il primo. L’entusiasmo di tutti è alle stelle e siamo contenti di partecipare. Finalmente abbiamo una degna vetrina in cui dimostrare qualcosa.

Ridendo e scherzando Outer World Graves è uscito ormai da quasi un anno. Siete soddisfatti dell’accoglienza che ha ricevuto? A parte qualche recensione un po’ stitica, mi pare che sia piaciuto praticamente a tutti; su Aristocrazia lo abbiamo anche inserito nella top ten italiana dello scorso anno. Ma soprattutto: a voi piace ancora?

Sì, siamo davvero contenti della risposta ricevuta soprattutto all’estero, molti hanno capito le nostre intenzioni e la voglia di mescolare influenze diverse creando un sound personale. Grazie anche per la top ten, dove ho la doppietta, avendo partecipato a Obsidian Katabasis dei Fuoco Fatuo come polistrumentista. A noi piace ancora molto, sono canzoni che ci portiamo nel cuore da anni.

L’approccio cosmico ormai la fa da padrone nel metal estremo. Sono passati trent’anni dai Timeghoul e ormai venti dai Darkspace, eppure la fascinazione per lo spazio profondo sembra aumentare, anziché diminuire. In particolare, voi avete però preso le distanze dall’universo come luogo narrativo e (fanta)scientifico, specificando che «il nostro cosmo è più onirico che scientifico, non-euclideo piuttosto che astronomico». Vi va di approfondire un po’? Cosa rappresentano le Outer World Graves?

Hai citato sicuramente due delle nostre più grandi influenze. Credo che la fascinazione per lo spazio sia semplicemente uno specchio della nostra attualità. Per esempio nell’86 se facevi thrash metal il tema del nucleare era un must. Quindi più che una decisione presa a tavolino è un bisogno espressivo. Mi ritrovo spesso a ribadire che non siamo un gruppo a tema Star Trek. Siamo ragazzi a cui piacciono gli psichedelici, la meditazione, il mondo onirico e la mitologia. La commistione di questi elementi dà vita a un universo dove il nostro mondo è rappresentato sull’orlo della fine. E questa per noi è una realtà di fatto. Le tombe dell’altro mondo sono cimiteri fantascientifici in cui i pianeti e le stelle vanno a morire e i detriti del nostro mondo creano bare per le stelle. Quando abbiamo i nostri strumenti in mano puntiamo a estraniare completamente la realtà, raggiungere quel livello di distacco dalla realtà dove il normale pensiero diventa inutile. Siamo i veicoli di un’apocalisse. E chiaramente essendo tutto connesso il messaggio arriva da molto lontano, dallo spazio o da un’altra dimensione…

E a questo punto, quali sono le four cerulean ways?

Le quattro vie cerulee sono i quattro punti cardinali, il mondo in cui l’uomo ha cercato di misurare e dare un senso all’immensità dello spazio in cui deambula. In particolare in quella canzone mi riferisco alle cosmogonie azteche che sono una importante testimonianza del legame tra l’uomo e le dimensioni altre.

Ci sono artisti verso cui sentite una particolare affinità, in Italia o all’estero? Ve lo chiedo perché mi ha colpito come letteralmente nello stesso periodo in cui è uscita la vostra intervista su Metallized, io parlavo con GG di Cosmic Putrefaction, che mi diceva esattamente la stessa cosa, cioè «tante volte mi è stato detto di una mia affinità coi Blood Incantation, e io invece […] cerco di affrontare più l’aspetto esoterico ed esistenzialista del cosmo, che non quello materiale e alieno». Non significa per forza che dobbiate sentirvi affini a Cosmic Putrefaction, ma è una coincidenza che mi ha colpito, da qui la domanda.

Ci siamo sempre sentiti affini ad Artificial Brain, quindi questo tour rappresenta per noi la perfezione. Ci piacciono molto anche Tchornobog e Blood Incantation chiaramente. Ricordo una chiacchierata con Gabriele dopo che aveva assistito a un nostro concerto in provincia di Torino. Noi eravamo alla prima demo, Astral Necrosis, e Cosmic Putrefaction ancora non aveva visto la luce! Parlavamo proprio di come etichettare tutto come «ffo Blood Incantation» fosse limitante quanto lusinghiero.

Un po’ perché ci sono sempre più band, un po’ forse perché l’ascoltatore si è impigrito, noto che viene data meno importanza ai testi nell’universo metal. Quanto peso hanno i testi all’interno delle vostre canzoni? Generalmente, i brani dei Devoid of Thought nascono da un testo o dalla musica?

I brani nascono dalla musica e i testi sono secondari. Dal vivo mi capita di invertire strofe o modificare qualcosa a seconda del sentimento. I versi sono una poesia volatile con cui cerco di verbalizzare un minimo le visioni che cerchiamo di rappresentare. Credo che l’ascoltatore sia saturo di canzoni su Cthulhu o il demonio e spesso non si rende conto che molte band invece hanno testi e immaginari propri e originali.

Ho notato che avete impiegato ben cinque uscite minori, tra demo e split come Devoid of Thought, prima di approdare all’agognato album di debutto. C’è un motivo particolare dietro questa scelta?

Percorso necessario visto la nostra giovinezza. Dovevamo studiare e affinare il nostro sound. Le uscite piccole ci hanno aiutato ad attirare attenzione sul progetto senza dover per forza investire subito una grossa somma per il full length.

Il sempre fedele Metal Archives ci viene in aiuto ricordando che il nucleo fondante dei Devoid of Thought arriva da una band thrash chiamata WarstorM, attiva già nel 2011. A parte il vostro attuale batterista, avete tutti suonato nei WarstorM. In cosa vi sentite cambiati rispetto a quella esperienza precedente, e come ritenete vi abbia fatto crescere?

WarstorM è stata una culla per i nostri early days di birra e insicurezze. Abbiamo imparato tutto suonando in quella band. Da come funziona un amplificatore alla prima esperienza in uno studio professionale. È dove ho cominciato a sperimentare con la voce e dove abbiamo creato il nucleo compatto io, Marek e Lorenzo, che ancora oggi è il motore della nostra musica.

In un contesto non certo florido per la musica estrema come Varese siete stati molto fortunati a trovarvi, soprattutto in un’epoca in cui ormai i gruppi nascono e muoiono in cameretta. Dopo dieci anni di gavetta, quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato e che incontrate ancora oggi?

Varese e provincia in realtà a mio parere è una delle zone con una scena più nutrita di altre. Hadit, Overcharge, Motron, Stoned Monkey, Hanormale, Fuoco Fatuo, ecc… abbiamo il fantastico Black Inside di Lonate Ceppino, un locale gestito da Olona Wasteland Punx che ogni mese propone concerti di musica estrema. La difficoltà più grossa che abbiamo incontrato in questa gavetta è stata trovare batteristi di livello con cui collaborare, ma per fortuna grazie prima a Davide Botturi, poi ad Alessandro Mori e infine a Davide zitti per questo tour siamo riusciti a mantenere il tipo di suono che volevamo. Per il resto, abbiamo fatto quello che fanno tutti.

Everlasting Spew è un’etichetta che si sta ritagliando uno spazio sempre più di primo piano nell’underground death metal grazie alle sue ottime produzioni. Come siete entrati in contatto con Giorgio e Tito?

Ricordo una chiacchierata con Giorgio al Frantic Fest 2018 o 2019, a noi intrigava il fatto di uscire con un’etichetta italiana per il primo disco e quindi supportare anche il nostro Paese. Lui aveva già adocchiato il gruppo e l’intesa è stata chiara fin da subito. Ho sempre apprezzato la loro pazienza vista l’enorme quantità di lavoro che affrontano.

Che progetti riserva il futuro ai Devoid Of Thought?

Abbiamo del nuovo materiale in lavorazione, al nostro ritorno cercheremo di metterci sotto nel nostro studio personale dove lavoro (l’Hangar 121, a Lonate Pozzolo, in provincia di Varese) per preparare una pre-registrazione del nuovo materiale durante l’inverno. Nei programmi c’è anche una compilation delle nostre demo che non sono mai uscite in versione CD, mentre a settembre suoneremo con Faceless Burial e Innumerable Forms al Ceppino Death Fest, evento che ho ideato in collaborazione con Killtown e Olona Wasteland Punx.


I Devoid Of Thought suoneranno insieme agli Artificial Brain in Italia:
il 23.07 a Milano, organizza Necrotheism Productions (ospiti Bedsore)
il 24.07 a Roma, organizza Death Over Rome Bookings (ospiti Helslave e Verano’s Dogs)
il 25.07 a Bologna, organizza Dead Pig Entertainment (ospiti Coffin Surfer)