Incastrati tra nichilismo e speranza: un’intervista ai Die Sünde
Dopo averne apprezzato l’ultimo lavoro — una cannonata di nichilismo fra post- e sludge nerissima tutta da recuperare, per il bene della tua salute mentale — abbiamo deciso di fare due chiacchiere coi Die Sünde. Il buon Red è stato scelto come vittima sacrificale dalla band e si è immolato nel tentativo di rispondere alle mie domande. Prima di andare al sodo, però, ce la siamo presi con calmina e siamo partiti da lontano.

Come ve la passate, su nel padovano, e come sono stati per voi questi due anni di macello pandemico?
Red: Complessi e faticosi oltre ogni dire. È stato un periodo incredibilmente anomalo e nel male di assoluta rilevanza storica, ma speriamo di esserne finalmente usciti.
Prima di qualsiasi altra cosa, sono due anni che voglio chiedervelo, perché sento che la risposta contenga un po’ in potenza tutto quello che è il senso del progetto. Perché Die Sünde?
Il nome della band viene originariamente da un dipinto di Franz Von Stuck in cui mi sono imbattuto dal vivo in una mostra organizzata dalle nostre parti. Appena lo vidi mi colpì subito. Conteneva in sé le classiche raffigurazioni cristiane del peccato nella sua forma più scontata e rappresentata, ma al contempo permeava occultismo ed esoterismo al punto che, dato il contesto culturale da cui veniva, metteva in discussione la morale cristiana stessa a favore delle pulsioni più profonde e naturali dell’uomo. È una celebrazione contro ciò che ci viene dato come canone di perfezione ed era perfettamente coerente non solo col nostro stato mentale ma anche verso la direzione musicale che volevamo intraprendere. Perché alla fine la perfezione non mi è mai piaciuta, la trovo noiosa.
Ora, sono passati due anni e mezzo, più o meno, dalla pubblicazione del vostro primo EP Die Sünde. Quanto vi sentite ancora addosso quei quattro brani?
Quando abbiamo rilasciato il primo EP lo abbiamo fatto davvero come una necessità personale. C’è molto di noi ma allo stesso tempo è un disco composto a cavallo di un cambio di line up e quindi in esso vivono anche personalità che non sono più in formazione. Ci sono dei pezzi a cui siamo molto legati emotivamente per motivi diversi e altri che personalmente non desidererei più suonare dal vivo, perché li sento in qualche modo superati. È altrettanto vero però che poi provo ancora molto gusto e piacere ogni volta che li riproponiamo su un palco, quindi alla fine direi che ne siamo ancora profondamente legati.
Strega, invece, è già online da qualche giorno e uscirà in vinile per Drown Within Records tra un paio di settimane. Doveste presentarlo voi a un amico o a un conoscente, cosa direste?
Che è il suono di un rito, un rito volto a un’evocazione che porterà alla purificazione dell’uomo attraverso un sacrificio non facile, violento ma infine necessario per arrivare alla rinascita di tutto ciò che conosciamo verso un nuovo inizio. Per una nuova coscienza, per qualcosa di migliore, per una speranza per il futuro.
Ah, a proposito, ma Strega uscirà solo in vinile o avete in programma anche uscite in CD, cassetta e microchip fotonico da iniettare per via endovenosa con la prossima dose di vaccino anti-Covid?
[ride] No, niente di così evoluto, ma abbiamo qualche idea in mente per un’eventuale futura ristampa in tape con qualche sorpresa aggiunta, ovviamente sempre se riusciremo a finalizzarla. Chissà, vediamo intanto quale sarà la risposta al vinile.
Torno serio, promesso. Andiamo un po’ più a fondo nelle tematiche di Strega. Non vedo né sento più il nichilismo spasmodico di Die Sünde, ma la rabbia di fondo è sempre lì. In aggiunta, ora, c’è il sociale — perché il focus femminista, se mi consentite l’espressione, è lì che ricade — e allo stesso tempo c’è (ancora) la spiritualità, con una prospettiva pagana assolutamente preponderante a partire già dal titolo del disco. Com’è nato Strega e cosa vi ha spinti a intraprendere un lavoro così grosso?
Quanto tempo abbiamo? Scherzi a parte, ricordo benissimo il momento in cui l’idea si è materializzata. Stavamo componendo del materiale per una nuova uscita, avevamo già un paio di pezzi pronti e numerosi scheletri di altri eventuali. In quel periodo ero a casa per il lockdown e tutti si chiedevano cosa avesse portato o come fosse nata la pandemia, era una cantilena continua.
Vedi, spesso sono talmente e profondamente affaticato dalle persone e da ciò che avviene nel mondo che a quel punto mi sono chiesto: e se fosse qualcuno come me, talmente stanco da ciò che viviamo quotidianamente, talmente deluso, nauseato e distaccato dalle condotte di chi lo circonda, insofferente verso una realtà che volontariamente o meno è intenta a consumare e a distruggere l’unico pianeta che abbiamo a disposizione, abitato dalle uniche figure su cui teoricamente possiamo realmente contare, se fosse stato lui o più di uno a evocare un’entità, qualcosa di non propriamente di questo mondo, una figura diversa dagli ormai vecchi canoni di potere, una figura femminile saggia e fertile che in sé porti le chiavi della vita stessa, ma altrettanto forte, esoterica e letale da portare a una purificazione attraverso la distruzione, una pandemia, un reset forzato per tornare a una realtà più vivibile, maggiormente connessa alla nostra radici e alla natura, qualcosa di più vero e sostenibile… E se fosse andata così?
Quindi a essere sincero trovo che sia la cosa più nichilista e distruttiva che potessi partorire, ma al tempo stesso è un’apertura verso una realtà migliore, perché il nichilismo e basta è sempre fine a se stesso. C’è sempre bisogno di una speranza e la speranza per il futuro per me è donna in tutta la sua gloria, perché l’uomo in quanto tale al momento non ha prodotto nulla di estremamente buono o equilibrato, anzi. Va celebrata, glorificata, valorizzata e protetta dopo tutti questi anni di repressione, violenza e mistificazione. C’è decisamente bisogno di un cambiamento.
Come si è sviluppata la fase di scrittura del disco? C’è un passaggio particolare all’interno del testo di “Strega” che sentite particolarmente vicino? Se sì, come mai?
Le nostre canzoni vengono composte inizialmente in maniera strumentale e una volta che la struttura portante è definita tutti noi collaboriamo a dare forma finale al pezzo. Generalmente il pezzo nasce da un’idea, un concetto. Mich, il nostro cantante, prende questo concetto e lo fa proprio, plasmandolo del proprio vissuto, rendendolo personale e permeandolo di significato. Strega è basata su suo concept e un messaggio forte da proporre, ma vuole essere oltremodo un’esperienza, un flusso dal quale chiunque possa arrivare a modo suo a trarre delle conclusioni personali, venire a patti con se stesso e con ciò che lo circonda percependo e metabolizzando concetti diversi gli uni dagli altri.
Credo che uno dei passaggi più importanti per Mich sia nella parte finale del pezzo, il momento di dialogo interiore di una figura passiva ai fatti che avvengono, che si interroga su se stessa, un piccolo granello di sabbia al cospetto delle stelle che viene a patti con l’immensa bugia costituita dall’aver cercato salvezza verso figure e concetti benevoli risultati poi infine essere l’opposto, un opposto che permette di giungere alla conclusione di poter contare solo su se stesso verso la ricerca di un nuovo inizio, per poter vedere di nuovo. Una grande contraddizione che solo un uomo comune può rappresentare.
Facendo meno filosofia, invece, una sola traccia da venti minuti è cosa altrettanto complessa da gestire. Come si è svolto il processo compositivo del vostro secondo EP?
Direi in maniera assolutamente complessa. Per quanto la struttura della canzone sia stata finalizzata in un tempo ragionevolmente veloce, tutto il resto non è stato altrettanto facile. Ognuno di noi in quel periodo ha vissuto situazioni nuove e di una certa importanza personale, alcuni hanno sofferto delle difficili implicazioni di salute, altri si sono ritrovati a vivere in maniera particolare la composizione di questo nuovo EP, rappresentando per certi versi una novità per se stessi. Oltretutto è innegabile che ci siamo messi una certa pressione addosso, era la prima volta che ci si impegnava in un concept così complesso, con un messaggio così tangibile e impegnato da portare. Anche perché il lavoro non è finito con la sola composizione dell’EP, ma abbiamo portato avanti anche tutto un visual notevole a supporto dello stesso. Devo dire però che — al netto di tutte le difficoltà sofferte — siamo molto soddisfatti del risultato finale.
Come dicevo anche prima, Die Sünde l’avevo trovato più aggressivo e diretto, per certi versi, mentre Strega, che pure mantiene alta la tensione, mi è parso più profondo. Come radunate le idee, visti i background diversi dei singoli musicisti coinvolti, visto che c’è chi viene dal post-hardcore, chi dal black, chi da questo e chi da quello?
Sembrerà uno stereotipo nudo e crudo, ma non ci siamo mai realmente posti la domanda del come dovesse suonare la nostra musica e nemmeno fermati a pensare a tavolino su come confezionare una canzone al solo scopo di essere affiancati a qualche band o corrente in particolare. Abbiamo degli ascolti comuni ma tutto suona come ci viene istintivo, senza essere ossessionati dalla perfezione o da canoni musicali prestabiliti.
Quando vi ho scoperti, Die Sünde mi è sembrato una roba molto vicina anche agli Hate & Merda. Quest’anno siete tornati entrambi con due dischi che gioie nella vita levateve proprio. Okay che ci sono ancora tre mesi abbondanti alla fine dell’anno, ma quali sono state le vostre uscite preferite del 2022, da gennaio a oggi?
Addirittura? Wow beh essere associati a mostri sacri dell’underground e tra l’altro grandi e stimatissimi amici — ciao ragazzi! — come gli Hate & Merda è per me fonte di grande onore e anche di un certo imbarazzo reverenziale, perché noi abbiamo davvero ancora molto da dimostrare. Ovunque Distruggi è sicuramente uno dei miei dischi preferiti dell’anno per l’underground italiano, di recente coi Wojtek ho suonato con i Carmon Retusa e li ho trovati assolutamente fantastici. Un altro album incredibile è Mana, l’ultimo di Lili Refrain, un’artista davvero incredibile e completa.
Con l’uscita di Strega pensate di iniziare qualche tour del Paese per promuoverlo o robe simili? Insomma, avete già qualche programma sul fronte live?
Assolutamente sì, anche se è sempre più difficile trovare spazzi e realtà che ospitino la scena underground di ritorno dalla complessa situazione pandemica che ha purtroppo messo in ginocchio diversi locali e posti di aggregazione sociale. Anche perché ci sentiamo attivamente parte e supportiamo in toto la scena DYI, quindi cerchiamo di organizzare tutto da noi con il supporto di chi crede in noi genuinamente. È una cosa davvero importante per noi e ne siamo davvero grati. Comunque abbiamo già qualche data a supporto di Strega in giro per l’Italia che pubblicheremo a breve. Ovviamente speriamo di aggiungerne sempre di più nell’immediato futuro. Suonare live è davvero tutto per noi.
Permettici anche di ringraziarvi davvero di cuore per il supporto dimostratoci e per lo spazio concessoci. Ringraziamo inoltre chiunque ascolterà il nostro lavoro e ci supporterà come potrà o vorrà, sarà davvero impagabile per noi. Infine ovviamente, citando il nostro buon Tony: viva Satana.