Alla riscoperta dei Dreariness partendo dai loro "frammenti"

DREARINESS (2017)

Gruppo: Dreariness
Formazione:

  • Tenebra – Voce
  • Gris – Chitarra, Basso, Tastiere
  • Torpor – Batteria

È con immenso piacere che ritrovo qui con noi i Dreariness, una band che ha lasciato un grosso segno sul sottoscritto ormai quattro anni fa, grazie a quell’agglomerato di emozioni chiamato My Mind Is Too Weak To Forget. Dopo la pubblicazione di un successore dall’animo differente ma altrettanto pregnante quale Fragments, ho deciso di contattare nuovamente la band romana.


Ben ritrovati cari! Mi sembra che il 2016 sia stato un anno positivo per voi: terminate scrittura e registrazione del disco, successiva pubblicazione, concerti…

Il 2016 è stato un anno importante, il punto di arrivo di un lungo periodo di riabilitazione in cui abbiamo raccolto i frutti del faticosissimo periodo precedente. Non perché registrare l’album di per sé sia stato particolarmente faticoso, fortunatamente siamo stati portati per mano nel corso di tutta la produzione, quanto per le brusche pause che hanno costellato l’intero processo compositivo e che per certi versi avrebbero potuto mettere un punto definitivo al progetto. Stringendo i denti, abbiamo superato tutto, e addirittura lo abbiamo riportato nel lavoro che stavamo facendo. La volontà di lavorare a questo album e soprattutto di sopraffare gli eventi e di riemergere è stata più forte di qualsiasi cosa accaduta. Siamo riusciti a ultimare l’album, a finire di registrarlo e in tempi relativamente brevi a pubblicarlo, abbiamo ricevuto tanto calore dal nostro pubblico, e abbiamo avuto anche discreti riscontri durante le date tenute alla fine dello scorso anno. Sicuramente ricorderemo il 2016 come un anno importante, non c’è dubbio!

Da quanto ho potuto notare online, Fragments è stato accolto positivamente sia dalla critica che dai fan: è così?

Sapevamo che era cambiato qualcosa con Fragments, almeno superficialmente. Quello che si può ascoltare oggi è esattamente il risultato a cui abbiamo sempre puntato per questo album, è assolutamente diverso dal suo predecessore, sia nelle semplici apparenze che nel significato più profondo. Quindi non nascondiamo che un briciolo di timore lo abbiamo avuto, fino a poco prima della pubblicazione. La scena ha un pubblico che spesso non conosce vie di mezzo. Tutto ciò però è svanito con la pubblicazione, ha avuto un riscontro migliore di ogni aspettativa, in pochi giorni abbiamo ricevuto ottime recensioni, molti messaggi toccanti dai fan, ma soprattutto abbiamo notato che questa volta l’album è stato inteso esattamente come volevamo che fosse interpretato, la soddisfazione più grande è stata proprio vedere che il nostro messaggio era giunto così come lo avevamo concepito senza alcun fraintendimento.

Io personalmente l’ho atteso con un grosso carico di aspettative e in un primo tempo il carico di disagio esistenziale minore mi aveva spiazzato. Poi però ho potuto cogliere una grande maturazione a livello stilistico, compositivo e vocale. In base alla vostra percezione, in cosa differiscono i due album? Fuggiti dall’oppressione più cupa (e anche dall’insanità mentale), i Dreariness hanno trovato qualche brandello di luce?

Esattamente. My Mind Is Too Weak To Forget era un concentrato di malinconia più oscura, insanità e per certi versi alienazione. Non aveva nessuna storia da raccontare, era unicamente un agglomerato di negatività incontenibile che sfociava in un’ora di musica. Il che non vuole sminuire la sua essenza, anzi, tutt’altro, crediamo tuttora che sia stato molto potente il risultato, compositivamente parlando. Con Fragments non sentivamo più il bisogno di esprimere quei sentimenti. Se My Mind Is Too Weak To Forget ti accompagna dritto verso il punto più profondo del tunnel, Fragments è ciò che lo fa percorrere a partire dal punto più buio fino a vedere la luce alla fine di esso. È una storia di addii, di sensi di abbandono, di domande senza risposta, ma mai di rassegnazione. È questa la differenza principale tra i due lavori. Se da un lato c’è il completo abbandono di se stessi, dall’altro troviamo uno straziante percorso che ha come fine ultimo la rinascita.

Le registrazioni di Fragments si sono protratte da novembre 2015 a giugno 2016, mentre la scrittura è iniziata nel 2014. In questo lasso di tempo vi siete presi delle pause oppure si è trattato di un lavoro certosino da perfezionisti?

Vorremmo poter rispondere con la seconda opzione, ma purtroppo ci furono lunghe e molteplici pause dovute per lo più a problemi personali. La produzione dell’album è stata seguita e curata dal nostro amico e produttore Roberto Mascia, probabilmente se così non fosse stato quest’album non avrebbe mai visto la luce. Abbiamo avuto periodi anche abbastanza lunghi in cui ci è stato quasi impossibile anche solo avvicinarsi al concepimento di questo lavoro. Se non ci fosse stato qualcuno in grado di aiutarci e seguirci durante le fasi di registrazione e produzione, forse avremmo desistito. Gli dobbiamo molto sia a livello umano che professionale.

Nell’intervista che mi concesse nel 2013, Gris parlò della malinconia come colonna portante del vostro gruppo. Quali nuove sfumature avete enfatizzato in questo nuovo capitolo? È corretto affermare che relazioni personali e senso di perdita siano concetti centrali?

Come accennato precedentemente, la malinconia è sicuramente una colonna portante anche in Fragments. Con il senno del poi, non saprei dire se lo sarà anche in futuro, cerchiamo sempre di esprimere qualcosa di importante per noi, e sicuramente la nostra vena compositiva è quella, ma abbiamo deciso già a partire da questo lavoro di non imporci vincoli o limiti assurdi che ci impedirebbero di esprimerci al massimo. Un domani potresti anche ascoltare un album dei Dreariness totalmente dissociato da ciò che abbiamo pubblicato fino a oggi, non crediamo sarebbe una grossa sorpresa, per noi sarebbe perfettamente coerente. Come hai intuito, in Fragments i temi portanti sono appunto il senso di perdita e le relazioni personali. La perdita di una persona cara, la continua ricerca di essa, il riuscire a comprendere dove essa sia collocata e che ruolo possa avere ancora per te da quel momento in poi, ciò che ci viene lasciato, e infine come possiamo farne tesoro per poter continuare a vivere.

Come mi anticipaste, lo stile vocale di Tenebra si sarebbe potuto adeguare alle tematiche trattate e difatti l’ho ritrovata più espressiva e controllata, poetica e variopinta, in particolare nelle numerose parti cantate in pulito. Innanzitutto complimenti! Fin dove pensate che possa arrivare?

Eravamo perfettamente consci di ciò già da allora, Tenebra ha un potenziale pressappoco illimitato e riesce a fare tutte queste cose in modo estremamente naturale. A differenza che nel primo lavoro, in cui ha dovuto lavorare purtroppo frettolosamente alle parti vocali, per via delle scadenze che ci eravamo prefissati, in questo caso ha avuto tutto il tempo a disposizione per poter elaborare completamente le sue parti, e come era per noi scontato il risultato è stato qualcosa di sbalorditivo. Con il passare degli anni è potuta anche migliorare molto nello scream, che riteniamo nettamente superiore a quello presente in My Mind Is Too Weak To Forget. E nonostante ciò, siamo abbastanza sicuri che il suo potenziale espressivo e tecnico sia ancora molto ampio. È importante per noi avere così tanto campo su cui poter lavorare, proprio perché non siamo inclini a imporci limitazioni in fase di scrittura. Lei gioca un ruolo fondamentale nel nostro progetto, sappiamo sempre che qualsiasi cosa ci verrà in mente di fare, lei sarà in grado di farla diventare ancora più emotivamente coinvolgente.

Anche Fragments è uscito per Nostalgia Productions. Siete stati soddisfatti di questa collaborazione? In quale misura l’annuncio della chiusura dell’etichetta in data 8 dicembre ha inciso sul rilascio del disco?

Per quanto ci riguarda, non abbiamo mai avuto problemi con l’etichetta. Chi la gestisce si è sempre dimostrato un ottimo collaboratore e gli siamo debitori per via del grande supporto che ci ha offerto già a partire dai primi passi del nostro progetto. Eravamo consapevoli della chiusura dell’etichetta, già da quando iniziammo a parlare del rilascio del nostro album. In fondo siamo in ambito underground, queste cose sono all’ordine del giorno, per noi rilasciare l’album era la cosa più importante, e la chiusura dell’etichetta non comprometteva in nessun modo il processo di distribuzione.

Il digipak del disco è guarnito dalle illustrazioni a pastello di Elia Mervi ed Esteel: tenui, delicate, intime, eppure non nascondono un certo lato oscuro. Come è avvenuta la scelta della grafica?

Abbiamo deciso di fare molta attenzione alle illustrazioni dell’album questa volta, volevamo qualcosa di originale ed estremamente espressivo. Ci siamo messi alla ricerca di artisti già nel 2015 e fummo estremamente colpiti dai lavori di Elia Mervi, che riusciva a esprimere con bellezza disarmante più concetti nella stessa raffigurazione, grazie ad alcune sovrapposizioni di immagini. La contattammo immediatamente, le inviammo l’album in stato embrionale, descrivendole la storia che era in esso contenuta con tanto di testi, e dopo pochi giorni ci inviò le prime bozze di quello che oggi è l’artwork di Fragments. Ne fummo a dir poco entusiasti, difficilmente qualcun altro sarebbe stato in grado di rappresentare in immagini con tanta fedeltà la nostra musica, andò oltre ogni aspettativa. Le immagini racchiudono appunto quella delicatezza e intimità protagoniste del rapporto centrale dell’opera, ma traspare anche il senso di perdita, anche con le carezze di chi non c’è più. Non volevamo comunque rendere cupa l’apparenza dell’album, e ci è riuscita molto bene con i colori usati. I dettagli nell’artwork sono molteplici, ma lasciamo che anche gli ascoltatori interpretino a modo loro ogni piccola sfaccettatura di esso, anche leggendo i testi scritti a mano appunto dalla te citata Esteel. Dopo aver visto l’artwork, il primo pensiero che abbiamo avuto è stato che scrivere i testi nella maniera classica avrebbe letteralmente raffreddato tutto ciò che c’era di bello da vedere fino a quel momento. Abbiamo pensato che nulla sarebbe stato più intimo e coinvolgente di leggerli come si potrebbe leggere una lettera. È riuscita a far diventare ancor più bello quello che era un artwork praticamente perfetto. È stata una scelta a dir poco soddisfacente.

Metal Archives non vi considera abbastanza true e metal, tanto che da sempre vi esclude dal proprio database. Quali sono state le etichette più bizzarre, riduttive o banali che vi sono state affibbiate negli anni per descrivere il vostro suono?

Beh, non hanno tutti i torti, ma comunque siamo i primi a pensare di essere una band abbastanza anomala. Se togliessimo le parti in scream dai brani, potremmo tranquillamente viaggiare su altri generi senza grosse difficoltà. Non diamo molto peso a casi come questi a ogni modo, per noi è abbastanza bizzarro anche sentirci dare della band dsbm [depressive suicidal black metal, N.d.R.], o leggere alcuni commenti di gente che addirittura discute sotto dei nostri brani su tematiche del genere. È facile accostarci a tale filone, ma di fatto non ci sentiamo in alcun modo legati a esso, nessuno di noi è un gran patito del genere attualmente, noi ci limitiamo a esprimere qualcosa, della forma non ci importa minimamente. Se domani cominciassimo a pensare che il modo migliore di esprimere il nostro nuovo lavoro fosse scrivendo un album pop, lo faremmo senza problemi. E chi si fermasse a etichettarci o a osservare solo il primo strato in superficie di tale risultato non avrebbe compreso assolutamente l’essenza di Dreariness.

Potreste indicare cinque dischi non metal che vi hanno segnato a livello personale e una relativa motivazione?

  • The Cure – Disintegration
  • The Smiths – The Queen Is Dead
  • Chelsea WolfeAbyss
  • Queen – Innuendo
  • Slowdive – Souvlaki

Non sapremmo dare motivazioni particolarmente originali per descrivere i motivi che ci legano tanto a questi album, sono dischi che ci hanno sicuramente formato e segnato, o perché legati a qualcosa di personale o anche solo per una semplice questione di gusto. Tuttora rientrano nei nostri ascolti, talvolta molto più di qualsiasi altro album metal.

In base alla vostra pagina Facebook, sul finire del 2016 avete tenuto alcuni concerti: una data a Latina di supporto ai Negura Bunget, una in casa a Roma per presentare Fragments e un’altra a Pescara da headliner. Quali sono state le differenze maggiori fra i tre eventi? Quanto è difficile riprodurre sul palco l’intensità emotiva di uno stile musicale così intimo e introspettivo?

La data con i Negura Bunget è stata eccezionale. Lo è stata forse anche perché venivamo da un lungo periodo di pausa, da un cambio di line-up live, e soprattutto per una setlist comprendente brani totalmente inediti, infatti fu antecedente alla release di Fragments. Vedere nonostante ciò tanto entusiasmo e calore dalla gente fu pazzesco, probabilmente una delle nostre esibizioni più memorabili, per le emozioni provate. Straordinario anche il contatto con le altre band, in particolare con i canadesi Ossific, ragazzi eccezionali e musicisti impeccabili! Le date successive furono anch’esse molto intense, la particolarità fu che tutte le band avevano membri in comune, non facevamo altro che alternarci sul palco di continuo, con Seventh Genocide e Eyelessight, il che lo ha reso tanto bello e divertente quanto stancante. Viene da sé che godersi appieno un’esperienza del genere è stato lievemente più complicato, ma nonostante tutto c’è stato un ottimo riscontro, anzi ringraziamo ancora una volta tutte le persone che in quelle date sono venute a darci supporto! Per rispondere, è estremamente complicato riprodurre l’atmosfera e l’intensità di certi brani sul palco. Al di là dell’impatto sonoro, però c’è una componente teatrale che Tenebra gestisce in maniera eccelsa mentre canta, che rende tutto molto coinvolgente, se visto dalla parte del pubblico. Buona parte del nostro spettacolo è incentrata su questo.

Quali sono i prossimi passi e i prossimi obiettivi dei Dreariness?

Sicuramente un nuovo album sul quale stiamo già lavorando. Per ora ci soffermiamo esclusivamente su questo!

Io stesso così come l’intera redazione e i nostri appassionati lettori siamo sempre alla ricerca di nuova musica da ascoltare: un disco del 2016 che vi ha colpito e una band romana underground che meriterebbe maggiore considerazione?

Del 2016 senza ombra di dubbio Mariner di Cult Of Luna & Julie Christmas, Rheia degli Oathbreaker e Kodama degli Alcest. In ambito prettamente romano, meriterebbero sicuramente molta più attenzione i Seventh Genocide, resa live assolutamente devastante, con una grande maturazione avvenuta negli ultimi anni. Da tenere sicuramente d’occhio le loro prossime release, delle quali già si possono ascoltare alcuni brani durante i loro concerti, hanno fatto passi da gigante.

Prima di chiudere, una piccola parentesi sui Misere Nobis: a quando il prossimo capitolo?

Questa è un’ottima domanda! Abbiamo avuto così tanti problemi con Misere Nobis che non sapremmo da dove cominciare. È tutto fermo da un pezzo per via di pubblicazioni in sospeso, che probabilmente nemmeno vedranno mai la luce. Purtroppo non è dipeso da noi e con il passare degli anni il tempo per dedicarcisi è diminuito drasticamente. C’erano due release pronte per la pubblicazione, di cui una sicuramente cancellata. Forse nei prossimi mesi riusciremo a pubblicare l’altra, uno split già annunciato per Throats Productions, con brani addirittura del 2014; giusto per rendere l’idea del tempo che abbiamo passato cercando di pubblicare con varie promesse mai mantenute certi brani.

Vi ringrazio per la disponibilità nel rispondere alle mie curiosità. Chiudete questa intervista come meglio preferite.

Grazie ancora una volta per lo spazio concessoci, il vostro lavoro è sempre superlativo. Un grazie anche a chi ci sta supportando con Fragments, speriamo di farvi attendere il meno possibile per il prossimo lavoro! A presto!