FORDOMTH: dannazione e condanna, tra black e doom metal
Gruppo: | Fordomth |
Formazione:
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Dalla Sicilia con furore: i Fordomth sono una delle maggiori promesse di questa regione nell’ambito del metal estremo. Li abbiamo incontrati a Roma, poco prima della loro esibizione, in occasione del recente mini tour italiano che ha toccato anche Napoli e Perugia. Abbiamo avuto l’occasione di discutere dell’aspetto concettuale, senza tralasciare una retrospettiva sul passato e i programmi futuri della band.
Ciao ragazzi, Fordomth deriva dal norvegese e significa condannato. Come mai avete scelto proprio il norvegese, c’è un motivo particolare?
Il nostro nome reindirizza alla musica che ci ha ispirato, quindi il black metal norvegese. È stato un nome frutto di una ricerca specifica: ci eravamo posti l’idea di trovare un nome con un’assonanza malefica ma al tempo stesso elegante. Abbiamo ritenuto che fosse il termine migliore per veicolare il concept che volevamo esprimere.
Cosa c’è di siciliano nei Fordomth? Uno pensa alla Sicilia come una regione calda e assolata, poi sente voi che siete oscurissimi e inevitabilmente si chiede dove la pescate tutta questa oscurità…
In Sicilia c’è il male di vivere di una terra corrotta e distrutta da tante condizioni che ti rendono condannato a vivere all’interno di un determinato contesto. Questo dal punto di vista sociale, diciamo. Ma anche la presenza dell’Etna rappresenta un’influenza, un elemento siciliano che simbolicamente è molto importante. Questo discorso si ricollega anche alla leggenda di Tifeo, il mostro che dimora sotto la nostra isola e sputa fuoco tramite l’Etna. Ci sentiamo figli di Tifeo e all’interno del nostro concept ci sono rimandi mitologici.
Leggevo che il vostro primo album, I N D N S L E, ha avuto una genesi molto complicata. Potete raccontarmi come mai avete impiegato tanto per pubblicarlo?
L’idea del lavoro ha coinvolto tutti i membri che ne hanno fatto parte, eravamo tutti convinti di fare ciò che poi abbiamo concluso. Siamo arrivati a comporlo senza programmare nulla in particolare, a parte il concetto dell’album. Si è trattato di un processo molto naturale, uno scorrere di minuti su minuti che sono poi diventati il prodotto finale. Solo in un secondo tempo abbiamo centrato i testi su questa conflittualità tra creatore e distruttore, con la conseguente creazione di un abisso interiore. L’album certamente ha avuto una gestazione difficile, perché alcuni membri, per ragioni di vita, si sono dovuti spostare. Il gruppo è letteralmente condannato anche in questo senso.
All’epoca di I N D N S L E proponevate un funeral doom metal di ottima fattura, ma il nuovo split con i Malauriu offre invece un deciso cambio di sound. Perché questa scelta? D’ora in poi pensate di continuare con il black metal, tornare al funeral doom o proporre qualcosa di ancora diverso?
Diciamo che una certa contaminazione funeral doom metal rimarrà sempre, anche per la nostra passione per le frequenze cavernose nel cantato: cercheremo sempre di amalgamarle ai riff, anche se questi possono essere più orientati verso il black metal. Ambiamo a una sorta di fusione tra i generi. Per quanto lo split sia più orientato al black metal, una venatura funeral doom la manterremo, se non nella sonorità, quantomeno nell’aura, nei testi. Cerchiamo sempre un punto di collegamento tra i generi. Poi c’è da dire che ognuno di noi ha le proprie influenze che cerca di mettere in musica, in maniera spontanea. Il concetto musicale di restare su binari prefissi però non lo abbiamo mai avuto. Il nostro immaginario resta quello: poi lo possiamo esprimere con il black metal, con il funeral doom, con il black-doom, persino con il noise-drone. Diventa anche abbastanza restrittivo rientrare in un solo genere.
Torniamo un attimo su I N D N S L E: il titolo è un acronimo che significa In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi. Titolo abbastanza esplicativo. Vorrei che ci illustraste meglio il concept dell’album, e quanto satanismo c’è nell’immaginario dei Fordomth.
Più che un collegamento al satanismo, ha a che fare con Lucifero: sono due cose un po’ diverse. Questo titolo è un sigillo che racchiude l’essenza di Lucifero stesso. Ciò che andiamo a esprimere è la questione della dannazione di Lucifero: da questo suo essere condannato deriva l’avere una coscienza di se stesso, essendo quindi portatore di luce, di se stesso, del proprio essere. C’è dunque il concetto di risplendere nella dannazione, diciamo, in quel calderone che è stracolmo di peccati, vizi, abbattimento dei limiti umani. I N D N S L E è proprio risplendere nella luce di quella che è la propria consapevolezza nell’abbandono di basi che possono far perdere qualsiasi essere umano. In questo modo si può accedere a nuove consapevolezze più profonde, in quanto autocostruite, fino a diventare culto del sé, per illuminare in modo sinistro la vita degli altri. Questo è il contorto pensiero che scaturisce da questo sigillo, racchiuso all’interno del simbolo di Lucifero: la stella a cinque punte con i due arpioni. Da qui parte quella scia di disperazione, contemplazione dell’odiare se stessi fino a strappare un velo, che fa capire che odio e dolore possono essere in realtà un veicolo di rinascita.
Sempre a proposito di questo: Satana, oscurità e affini sono argomenti trattati fino allo sfinimento nella scena black metal. Voi come vi proponete verso ciò? Siete aperti alle novità dal punto di vista lirico? O propendete per il tradizionalismo, del tipo: il black metal ha queste tematiche, punto e basta?
Noi siamo molto aperti, a livello estetico e lirico. Diciamo che accogliamo la cosiddetta new wave of black metal, ma il principio è che essendo un gruppo di una realtà invisibile al resto d’Italia e del mondo abbiamo messo insieme quello che amiamo ascoltare nel nostro tempo. Questo va a creare un qualcosa che percorre gli stessi binari del genere ma che fonde quello che abbiamo dentro di noi, animato da una certa passione. Ciò magari fa la differenza rispetto a chi ricicla sempre le stesse cose.
Lo split con i Malauriu è uscito su mini CD con Masked Dead Records e, da pochi giorni, in 7″ per Niflhel Records. Ci raccontate come è nata questa collaborazione, e se c’è una scelta logica dietro le etichette che avete contattato per la pubblicazione del disco?
Con i Malauriu già ci conosciamo a livello artistico e personale. La scena black metal in Sicilia è piccola, quindi lo split è nato solo per il puro piacere di consolidare qualcosa di concreto. Per le etichette abbiamo portato avanti una ricerca approfondita, anche perché volevamo cercare di pubblicare il lavoro su determinati formati. In particolare, Niflhel ci è stata consigliata da Malauriu stesso, dopo aver visto che la label aveva pubblicato uno split dei Tundra su 7″. Ci siamo accodati anche noi, ed è andata bene.
Se non sbaglio è la prima volta che suonate a Roma. Quanto è difficile per una band siciliana andare in tour? Immagino che tutto sia più complicato rispetto a una band del nord o centro Italia.
È una specie di martirio per chi viene dalla Sicilia, ci sono molti costi: alla fine si fa, perché è bello, si decide di fare un’esperienza. È una condizione a cui siamo relegati e sappiamo che ciò ci penalizza da questo punto di vista, ma cerchiamo di adattarci. Speriamo di migliorare lo stato attuale delle cose per fare di meglio in futuro, anche risolvendo problemi relativi alle complicanze logistiche e comunicative che possono esserci state all’inizio.
Pianificate di portare i Fordomth anche nel nord Italia oppure all’estero?
Quando i tempi saranno maturi, passo dopo passo, cercheremo di muoverci in tal senso. Abbiamo dei contatti, potremmo fare un tour promozionale con le nuove uscite, vedremo come organizzarci ma c’è tempo.
So che state lavorando su un altro album. Potete darci qualche anticipazione?
Speriamo che riesca a uscire entro la metà del 2020. È un disco che possiamo definire dalle coordinate black-doom metal: è pronto, abbiamo già in mano il master finale. Stiamo aspettando alcuni ultimi dettagli, ma a breve concluderemo e annunceremo il tutto.
In Sicilia vi date molto da fare per la scena locale, soprattutto nella zona di Catania da cui provenite. Secondo voi come si può creare interesse nel metal estremo nel sud Italia? È davvero solo una questione culturale e/o di mancanza di strutture o c’è di più?
L’aspetto culturale fa tanto, dal punto di vista sociale e musicale, forse è la maggior parte della questione. A Catania ci sono tanti locali che potrebbero ospitare simili eventi, ma le mentalità di gestori e organizzatori li portano a fare altre scelte, orientate a portare un tipo di pubblico differente. Per noi è sempre un po’ un problema suonare dalle nostre parti. Ci arrangiamo come possiamo, speriamo di riuscire a sbloccare qualcosa in un futuro prossimo, vedremo. Magari anche attraverso questa intervista, vorremmo cercare di far riflettere sulla cosa, oltre a incentivare a migliorare la situazione.
Quali sono i prossimi piani dei Fordomth per il futuro?
Ci sono tante idee. Abbiamo altre cose che stanno bollendo in pentola, pian piano andremo a rivelare tutto. Ci sono altre cose su cui siamo al lavoro, anche altri progetti che abbiamo, ma per adesso dobbiamo ancora annunciare il disco. Però ti diciamo il nome dell’album: si chiamerà Is, Qui Mortem Audit, significa: Colui che ha udito la morte. Ci ha aiutato il nostro amico Santo Premoli, che conosce benissimo il latino, nello scegliere il titolo adatto.