Mare Cognitum

MARE COGNITUM

Gruppo: Mare Cognitum
Formazione:

  • Jacob Buczarski – Tutti gli strumenti e voce

Mare Cognitum è uno dei miei progetti preferiti nella recente scena black metal, e finalmente ho avuto occasione di chiedere all’unico membro, Jacob Buczarski, qualche commento relativo al suo lavoro e alle sue influenze. Ecco cosa ne è uscito…


Ciao Jacob, grazie per il tempo che ci dedichi per presentare Mare Cognitum ai nostri lettori. Ti seguiamo da diversi anni ormai, da quando sei approdato su I, Voidhanger Records, e io personalmente sono diventato un vero e proprio fan del tuo lavoro. Prima di tutto: la tua musica parla di grandi eventi cosmici e di come l’uomo sia inerme al loro cospetto. Quali sono le ispirazioni principali dietro i tuoi concept musicali?

Jacob: Ciao e grazie per l’intervista. Direi che i temi cosmici, per me, sono semplicemente il modo perfetto per esprimere le mie idee in musica. Ho sempre avuto affinità con la fantascienza spaziale, addirittura da prima che mi interessassi al metal, si trattasse di “Star Trek” o “2001: Odissea Nello Spazio”, e queste tematiche mi appassionarono molto di più rispetto a quelle tradizionali del black metal. Penso che questo tipo di interesse sia scattato quando molto piccolo vidi il film “Contact”. Da allora, seppur amatorialmente, mi interesso anche di astronomia e nonostante non studi approfonditamente questo tema (sono un programmatore informatico) mi ha sempre ispirato leggerne e rimanere aggiornato sugli sviluppi dell’esplorazione spaziale. La combinazione di bellezza e di quanto tutto ciò sia fuori scala e al contempo riguardi l’umanità nel suo complesso rappresenta per me un meccanismo fantastico tramite cui illustrare proprio il tipo di esperienza dirompente che voglio creare musicalmente.

La tua musica è spesso definita «cosmic black metal», uno stile che sta diventando sempre più popolare, soprattutto grazie a due etichette italiane, Avantgarde Music (Darkspace, Progenie Terrestre Pura, Mesarthim e molti altri) e I, Voidhanger Records (Midnight Odyssey, Lorn e ovviamente Mare Cognitum, giusto per fare qualche nome). Ancora, proprio tu hai collaborato con Spectral Lore e Aureole; dobbiamo pensare che ci sia una vera e propria scena di esploratori cosmici e filosofi nel black metal? Da dove è partito il tutto?

In realtà non direi. Quando ho iniziato come Mare Cognitum non conoscevo alcuna di queste band, e penso che nemmeno loro si conoscessero, all’inizio. Ho incontrato Spectral Lore e Aureole tramite Mare Cognitum, non prima. Tematiche cosmiche sono sempre state più o meno presenti nel black metal fin dalla seconda ondata (ad esempio Emperor, Thorns ed altri) e penso che semplicemente qualcuno sia partito da lì e abbia sviluppato la cosa in modo più diretto. Ha assolutamente senso che ci si concentri su questi argomenti, poiché interpretazioni romantiche ed esoteriche della natura sono estremamente comuni nel black metal, e lo spazio non è altro che un aspetto della natura. Semplicemente, sostituisci le foreste innevate del nord con nebulose desolate e stiamo parlando dello stesso genere di situazione.

Un tratto comune molto importante tra tutti questi progetti è che sono prevalentemente one man band e che non suonano dal vivo. Anche i Darkspace, l’unica band completa, salgono sul palco molto di rado. Pensi sia perché la contemplazione spaziale è qualcosa di troppo personale per essere condivisa da una formazione classica o si tratta di una semplice coincidenza?

Si tratta sicuramente di un fenomeno interessante. Cominciai come progetto solista per necessità, sentivo l’esigenza di creare musica, ma non conoscevo nessuno che volesse dar vita alla band che volevo io. Quindi ho semplicemente cominciato a lavorare da solo. Non rifiuterei l’idea di far parte di nuovo di una band, ma parlo per me. Penso che nell’era di internet, one man band di qualsiasi genere abbiano molte più possibilità di successo e di essere notate che in passato, visto che la promozione si è spostata così fortemente sui social media, gestibili anche da un progetto solista. Oltre a ciò, lo stigma di essere una one man band sembra essersi perso. Ad esempio, i Bathory a inizio carriera avevano difficoltà a convincere la gente di non essere un semplice progetto di registrazione di una sola persona, era davvero un problema. Oggi alla gente sembra non interessare. Il black metal poi ha una concentrazione altissima di one man band di qualsiasi sottogenere, non solo cosmiche. Ancora, credo che lo stile cosmico si adatti meglio a quelle persone solitarie, che vivono meglio il lavoro con se stessi che con altri. Metti insieme tutti questi fattori ed è ovvio come oggi si sia arrivati a un’esplosione di questo tipo di gruppi. Penso che vedremo sempre più progetti solisti, di qualunque genere, nei prossimi anni.

Parliamo della tua ultima fatica: Luminiferous Aether continua a sviluppare il tipico black metal atmosferico di Mare Cognitum. Ascoltandolo attentamente, però, è ancora più strutturato, contemplativo e meno immediato dei tuoi dischi passati. Prendendo le mosse dal successo di Phobos Monolith, qual era il tuo obiettivo quando hai cominciato a lavorare al nuovo materiale?

È stato abbastanza difficile dare un seguito a Phobos Monolith, perché alla gente piacque molto. Ci sono determinati aspetti che ritengo delle imperfezioni, e pensavo ci fossero delle aree ancora da esplorare in quel particolare stile, perciò ho voluto esplorarle e rifinire quelle imperfezioni. Quando però mi ci misi per davvero, finii con il ritrovarmi per le mani qualcosa di leggermente diverso da quello che mi aspettavo, un po’ più strutturato e meno orientato ai riff, come hai detto tu. Alla fine, però, credo di aver trovato quello che avevo mancato in Phobos Monolith, era semplicemente qualcosa di diverso da quello che credevo. È complicato da spiegare. A ogni modo, il mio intento era elaborare quelle idee. Credo che, ora che l’ho fatto, il prossimo album sarà piuttosto diverso, se non voglio ritrovarmi a provare seguendo vecchi spunti.

Spostandoci ora all’uomo dietro la musica, ho letto in una tua intervista recente che consideri l’ascolto di un disco fisico quasi un rituale e che tu stesso sei un collezionista. Come probabilmente sai, da queste parti rifiutiamo qualsiasi tipo di produzione digitale o quasi, rimanendo fedeli alla tradizione. Hai qualche idea del perché il metal sia così intimamente legato al supporto tangibile?

I metallari in generale sono fan estremamente fedeli e hanno un rispetto incrollabile per i musicisti della vecchia guardia, così come per la tradizione e per il passato. Penso che questo si leghi strettamente alla riverenza per il medium fisico, particolarmente nel caso del formato analogico. Alcuni sono i più vecchi che ricordano i bei tempi, altri sono i più giovani che vorrebbero aver fatto parte di qualcosa come il movimento di tape trading oggi scomparso. Alla fine, c’è qualcosa di speciale nello scartare un album confezionato meticolosamente, osservare il libretto e l’illustrazione che lo accompagnano, immergerti fisicamente nell’oggetto nella sua totalità, piuttosto che ascoltare la musica e basta. È indubbiamente ritualistico tirare fuori dalla mensola un vecchio disco che avevi scordato di avere, apprezzarne l’illustrazione che avevi dimenticato e assorbire un po’ delle sensazioni che la band aveva quando lo ha creato. È come togliere la polvere da un vecchio e consunto tomo in una vecchia libreria e guardare a un pezzo di storia dimenticato. Questa magia è praticamente persa quando clicchi su Spotify e hai una gratificazione istantanea. Personalmente, compro un po’ di musica online, soprattutto dagli esordienti che non possono permettersi di creare un supporto fisico, ma il grosso del mio supporto alle band deriva dal comprare merchandise, apprezzando quello che penso sia il livello più profondo della loro espressione artistica, che si traduce meglio in un’edizione tangibile.

Di nuovo sul fisico: ristamperai mai il tuo album di esordio? La tua collaborazione con I, Voidhanger sembra piuttosto fruttuosa, ma The Sea Which Has Become Known ancora manca dal loro catalogo, come mai?

Sto lavorando a un piano per avere l’album ristampato quest’anno. Dai, questa era una domanda facile!

Ok, potrei farti un’altra tonnellata di domande, ma mi fermerò qui e ne terrò qualcuna per la prossima volta. Solitamente chiedo all’artista una shortlist delle sue principali influenze e dischi preferiti, ma so che è una domanda cui hai già risposto più e più volte, nominando Emperor, Agalloch, Dissection, Deathspell Omega e così via, quindi… Vuoi aggiungere qualcosa tu, per concludere la chiacchierata?

Grazie per avermi risparmiato, sono stufo di elencare sempre le stesse band ancora e ancora. Ne approfitto per andare un po’ più a fondo nelle mie influenze musicali altre, che sono le colonne sonore di videogiochi e film. Da grande nerd, la musica dei videogiochi mi ha indubbiamente esposto a molte idee diverse fin dalla tenera età. Non ho dubbi che composizioni particolarmente drammatiche in giochi come “Final Fantasy” (Nobuo Uematsu) e “Zelda” (Koji Kondo), o ancora soundscapes fantascientifici come “Starcraft” siano almeno parzialmente responsabili di quel senso di melodia e struttura che posso avere oggi. Inoltre le colonne sonore cinematografiche mi hanno aiutato a comprendere i livelli e a esprimere le emozioni in modo dinamico. Nomi ovvi che mi vengono in mente sono Hans Zimmer e John Williams. Sono convinto che la mia espressione musicale sia un insieme di questi diversi background musicali uniti al genere di metal estremo che richiede attenzione. Questa combinazione mi ha dato sbocco in uno stile di cui sono particolarmente fiero. Grazie ancora per essere stato a sentire i miei sproloqui!