Non solo darkjazz: The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble

THE KILIMANJARO DARKJAZZ ENSEMBLE / THE MOUNT FUJI DOOMJAZZ CORPORATION

Gruppo: The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble / The Mount Fuji Doomjazz Corporation
Traduzione: Dope Fiend
Formazione:

  • Jason Kohnen – Upright, Basso, Piano
  • Gideon Kiers – Sequencing, Beats, Batteria
  • Hilary Jeffrey – Trombone, Oscillators, Rhodes
  • Charlotte Cegarra – Voce, FX, Piano, Xylofono, Flauto
  • Eelco Bosman – Chitarra
  • Nina Hitz – Violoncello
  • Sarah Anderson – Violino

Un gruppo che si divide in due facce, una realtà particolare che assume due forme diverse ma non poi così distanti fra loro, divenendo — a seconda dei casi e delle uscite — The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble o The Mount Fuji Doomjazz Corporation. Vediamo di conoscere meglio chi si cela dietro le quinte grazie al fondatore Jason Köhnen.


Benvenuto su Aristocrazia Webzine, Jason. Come stai?

Jason: Sto bene, grazie.

Iniziamo col parlare del perché uno stesso gruppo di artisti decida di dar vita a due band così particolari e imperniate sulle stesse menti. Come sono nati i due progetti e come avete scelto i nomi?

Gideon e io abbiamo deciso di avviare questo progetto già nel 1999-2000 con il proposito di fare musica insieme, influenzati dal cinema. Abbiamo pensato che sarebbe stato interessante creare oscuri suoni jazz per film muti, allo stesso modo in cui la maggior parte dei vecchi film muti sono accompagnati da organo o pianoforte o un ensemble classico. Abbiamo preso le parole dark e jazz e le abbiamo messe insieme, creando così il termine darkjazz nel 1999 e abbiamo aggiunto Kilimanjaro perché pensiamo che ci crei attorno un’aura misteriosa. Ensemble ci sembrava una buona aggiunta in riferimento al nostro progetto condiviso.

Se non ho compreso male, la differenza di base fra i The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble e i The Mount Fuji Doomjazz Corporation sta nell’animo e nella concezione di struttura musicale: il primo è un progetto studiato a tutti gli effetti, l’altro è basato sul concetto di libera espressione o jam?

Vero. The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble è un progetto da studio e compositivo, mentre The Mount Fuji Doomjazz Corporation è improvvisato e non lineare.

Quali sono le difficoltà nel portare avanti in contemporanea due strade e due modi d’intendere un’area musicale tendenzialmente similare?

Nessuna, i due progetti si correlano tra loro e si alimentano a vicenda in una sorta di simbiosi musicale. Volevamo più libertà dal vivo, quindi abbiamo creato The Mount Fuji Doomjazz Corporation per compensare i limiti strutturali che abbiamo nei live con The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble, a causa delle attuali composizioni. Convivono bene insieme.

Il sound cinematografico di molti dei vostri brani ha alle spalle una passione forte verso quella forma d’arte? Quali sono i registi e i film che potrebbero avervi ispirato durante la stesura di un vostro pezzo o alimentato inconsciamente una jam?

Ci sono tanti registi che ammiriamo, quindi è difficile individuarne uno in particolare. L’ispirazione varia anche fonte di tanto in tanto. A un certo punto possono essere i film di Harryhausen che mi ispirano a scrivere brani come “Caravan” o altre volte posso trarre ispirazione da Picasso e scrivere un brano come “Guernican Perspectives”, è un impulso del momento e che segue diversi filoni.

Vi hanno mai proposto di scrivere una colonna sonora per un cortometraggio o un lungometraggio?

Nulla di concreto al momento.

Come nasce un vostro pezzo in studio? È un parto collaborativo o ognuno ha un proprio settore specifico d’azione e poi si convogliano le idee?

Dipende. Non vi è alcuna struttura stereotipata o approccio. È qualcosa che davvero può accadere in una moltitudine di modi a seconda di chi, come o perché una certa traccia viene scritta. È sempre un mistero anche per noi.

Il mercato musicale odierno continua a fabbricare ad hoc nicchie su nicchie, definendole sottogeneri. Quale consiglio daresti a un ragazzo che volesse iniziare ad ascoltare il vostro mondo? Ci sono degli album di artisti che vi hanno aiutato nella crescita come musicisti e ascoltatori che potrebbero esser di aiuto per entrare in contatto pienamente con la vostra forma d’arte?

È una vergogna che il termine darkjazz stia diventando un genere. Quando abbiamo iniziato a fare questa musica nel 1999, ho cercato su Google la parola ma non esisteva. Oggi è diventato un genere e — a essere onesti — non sentiamo di farne parte. A volte la gente pensa che abbiamo creato il nome della band partendo da un genere già esistente, il che è un po’ frustrante. Ciò che ci ha influenzato per il nostro sound è difficile da definire: così come per i registi amiamo molte cose diverse. Parlando per me stesso, penso che il fantasy degli anni ’60 e ’70, lo sci-fi e le colonne sonore spaghetti western mi abbiano ispirato. Musicalmente potrei dire che Miles Davis, Ennio Morricone, John Coltrane, Black Sabbath, Amon Tobin, Saint Vitus, Mogwai e Billie Holiday sono gli artisti che compongono le mie influenze.

Gli ultimi dischi che hai comprato e i film che hai guardato?

Come album i vari Regression di Nate Young e quelli dei Damage Control Riddim. Come film Neds e Tyrannosaur.

Avete mai avuto in mente di dar forma ai pezzi tramite l’uso di immagini che ne trasmettano il significato? Vi è già capitato di usare l’aspetto visuale nei live?

Abbiamo discusso e programmato questo discorso per anni, il problema è soltanto logistico e finanziario. Tutto ciò impone un sacco di lavoro in più rispetto al fare musica in studio e c’è una moltitudine di altre cose legate a una produzione cinematografica.

Cos’è l’arte e — nello specifico — la musica per voi?

Per me è espressione e libertà.

Il vostro collettivo è fuori dagli schemi: ci sono altri artisti poco conosciuti che ritenete di valore e che per questa qualità ormai sempre più rara restano poco conosciuti?

Mi piacciono molto gli album di Nate Young, ma credo che sia molto più noto per il suo lavoro con i Wolf Eyes.

Quanto conta — oltre alla bravura — avere la fortuna e trovare chi crede in progetti come il vostro?

È sempre bene avere la fortuna dalla tua parte, avremmo potuto osare un po’ di più di tanto in tanto. Se c’è poca fortuna, basta continuare a fare ciò che deve essere fatto e questo significa fare musica.

Come vedreste le figure di Mike Patton, John Zorn e Diamanda Galas in qualità di possibili ospiti in un vostro lavoro?

Preferirei lavorare con altre persone che siano più separate dalla nostra musica, come ad esempio i musicisti dell’Africa occidentale. Personalmente mi piacerebbe fare un brano con Wino.

Vi è mai balenata l’idea di dar vita a uno split tra The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble e The Mount Fuji Doomjazz Corporation?

Non proprio. Comunque è un’ottima idea!

Dopo From The Stairwell e Egor cosa dobbiamo attenderci?

Tutto è possibile, come sempre. Il futuro sarà ancora diverso, non vogliamo rimanere bloccati in questo stile film noir per troppo tempo, perché c’è troppa gente che sta iniziando a fare la stessa cosa.

Siamo giunti alla conclusione, ancora un ultimo messaggio diretto ai nostri lettori e chiudiamo.

In un universo parallelo la musica potrebbe non esistere.