Culti antichi e fascinazioni cosmiche: la ricetta dei Tiwanaku per il death metal
Certe band partono in quinta: si formano disco dopo disco a ciclo continuo. Altre, come i Tiwanaku, hanno bisogno di tempo per mettere insieme anche una sola raccolta. Quando però la tirano fuori, se è roba come Earth Base One (Unorthodox Emanations, 2022), allora sai meglio di me quanto ti sale la scimmia di fare due chiacchiere con i musicisti interessati. Così è andata: ci siamo messi in contatto con Ed Mowery (chitarra e voci), Sean Hairy Valentine (chitarre) e Ryan O’Neill (tastiere) ed ecco cosa ci hanno raccontato dall’altro lato dell’Atlantico.

Allora, partiamo dalla prima cosa che mi ha colpito: il nome. Come mai il progetto è stato chiamato come l’omonimo sito archeologico pre-Colombiano?
Ed: La prima volta che ho letto di Tiahuanaco, in Bolivia, è stato in Chariots Of The Gods di Erich von Dänicken [it. Gli Extraterrestri Torneranno] e in altri libri simili. L’archeologia antica, la storia alternativa e Tiwanaku mi affascinano da una vita, almeno da ventiquattro anni. Non è stato, però, prima di vedere la grafia Tiwanaku invece di Tiahuanaco che ho realizzato che quello era il nome perfetto per una band. All’epoca stavo per decidere di mettere su un progetto tutto mio, visto che sembrava questione di poco prima che i Nocturnus si sfasciassero di nuovo. Come pensavo, un giorno gli altri membri dei Nocturnus dissero di non essere più interessati a continuare come band: non gli interessava andare in tour, volevano solo continuare a registrare. Ho messo in piedi Tiwanaku il giorno dopo che i Nocturnus si sono sciolti per la seconda volta, nel 2003, promettendomi che non mi sarei mai più unito a un’altra band dopo quella. Non l’ho più fatto. Sì, ho aiutato amici con linee di basso e robe simili, ma non mi sarei mai unito a un gruppo già stabilito senza un legame significativo. Ecco perché sono nati i Tiwanaku: volevo fare le cose diversamente e la cosa non era possibile coi Nocturnus.
A me interessava fare cose più tecnicamente intricate, mentre gli altri preferivano i rallentamenti come quelli in Ethereal Tomb. Se avessi potuto fare a modo mio, avremmo preso un batterista più tecnico e saremmo tornati a fare robe più tirate come in The Key. Erano state quelle ritmiche che mi avevano attirato nei Nocturnus, in un primo momento. Niente di personale, ma a quei ragazzi non interessava più fare quello che li aveva resi una band popolare. Poi in verità c’è anche un’altra motivazione dietro il mio addio. Il modo in cui Mike D, Sean e io suonavamo insieme era profondamente magico, ma era guidato dal fatto che non c’era intenzione di andare in tour, solo di registrare. La maggior parte delle cose che mettevamo insieme era un macello. Quella è stata l’altra ragione per cui ho lasciato la band. La cosa buona è che, ora, tutto ciò è nel passato e portare avanti Tiwanaku è molto più soddisfacente dell’attività coi Nocturnus. Non fraintendetemi, so bene che il mio passato con loro richiama l’attenzione di molti su Tiwanaku, ma da lì ho imparato molto su cosa non fare nel mondo della musica.
E, sempre parlando di cose semplici da notare, il vostro album di debutto include richiami a culture antiche già dalla sua copertina, per non parlare dei testi. È una fascinazione che combinate benissimo col cosmico…
Ti ringrazio. Ciò che riguarda lo sconosciuto, creature di altre dimensioni, ciò che succede nello spazio, sott’acqua e all’interno del nostro pianeta ci affascina tutti. Io per primo sono molto affascinato da questi argomenti: alcuni potrebbero quasi dire che è un’ossessione borderline. Oggi è tutta roba che puoi vedere in TV, ma quando ho iniziato ad avvicinarmici io erano cose che trovavi solo nei libri. Mi ritrovo sempre con il naso verso il cielo: pensa cosa farebbe a certa gente se solo si togliessero la testa dal culo e guardassero in alto, una volta ogni tanto. Ho avuto diverse esperienze col paranormale e con gli avvistamenti, non so neppure dirti quanti. Ho perso il conto di quanti avvistamenti ho fatto in cielo. Stessa cosa con le esperienze paranormali. Mia madre diceva che ero una specie di magnete per questo tipo di fenomeni.
Earth Base One è uscito per Unorthodox Emanations una vita dopo che la band è nata e da allora è successo tantissimo. Come mai vi ha preso così tanto?
Mi prendo il 100& della responsabilità. Certo, ci sono stati membri che sono andati via o che sono stati mandati via, ma la ragione principale del ritardo è stata la diagnosi che ho ricevuto di problemi ortopedici e di una malattia autoimmune. Questo ha sicuramente rallentato le cose, ma non sono mai stato così determinato a ripartire. Ora che sto bene non vedo l’ora di andare in tour: abbiamo anche già messo mano al prossimo album.
E voi, Ryan e Sean, come siete finiti sulla barca di Ed?
Ryan: Io ho incontrato Ed nei primi Duemila grazie a Keith Hurka, nostro comune amico e all’epoca batterista per Tiwanaku. Keith è il padre di Ryan e Liam Hurka, entrambi ex membri della band e responsabili delle registrazioni di batteria su Earth Base One. Keith portò me e Dennis Warner [chitarrista] in studio con Ed per provare un po’ di roba vecchia che aveva scritto e farci avere un’idea di cosa sarebbero stati i Tiwanaku. Dopo una rapida audizione ero dentro e ho iniziato a provare con Ed, imparando le linee e registrando demo con lui e Keith per il disco. È andata avanti così per un annetto, poi Keith si è tirato fuori ed è iniziata la ricerca per un sostituto. Eccoci qui vent’anni dopo, dopo tantissimi cambi di lineup, ancora a tirare dritto, pronti a lasciare la nostra impronta nel mondo del metal, quest’anno.
Sean: Liam e Ryan Hurka [batteristi di Earth Base One] mi contattarono in un momento in cui Tiwanaku aveva bisogno di un nuovo chitarrista. In passato avevamo trascorso diverso tempo insieme suonando nella scena locale di Pittsburgh, esperienza da cui è nata una lunga amicizia. Consci del fatto che amo la musica, mi hanno contattato immediatamente: devo dire che è stato un messaggio decisamente interessante da leggere, di prima mattina.
Potete dirci di più del processo creativo dietro l’album? Quanto c’è di lavoro di gruppo dietro quello che sentiamo su Earth Base One?
Ed: Ho scritto io i testi e ho messo giù le idee centrali dietro le canzoni, eccetto “Today In Battle” che è scritta da me e Michael Estes e “Falling Stars”, che è di Ryan O’Neill. “Interdimentional” è scritta tutta da me ed è dedicata al precedente manager della band, il mio miglior amico, Brian “Progcop” Goldsmith, scomparso tragicamente nel 2019. Le lead di chitarra sono di Sean, le tastiere di Ryan e le parti di batteria di Ryan e Liam Hurka: ognuno di loro ci ha messo cose che io da solo non avrei mai potuto pensare di metterci. Nonostante le idee alla base siano mie, i risultati finali non sarebbero questi senza di loro.
Sean: Per le parti soliste di chitarra, solo poche cose erano state preparate in anticipo: una parte è stata realizzata sul momento, mentre registravamo. Per fortuna c’era il mio buon amico Ben Auer a registrarmi, che ha fatto sì che la cosa fosse abbastanza tranquilla e senza stress. Un’esperienza divertente, insomma.
Tutti gli altri che hanno contribuito alla creazione del debutto di Tiwanaku, invece? Come li avete pescati? E com’è stato lavorare con loro?
Ed: Abbiamo lavorato con tantissima gente e spero di tornare a farlo in futuro. Li apprezziamo tantissimo ed è stata un’esperienza grandiosa su tutti i fronti. Senza questi fratelli e sorelle non saremmo qui, oggi. Senza Brian, non saremmo qui, oggi. Tiwanaku non sarebbe la band che è oggi senza di lui: Brian ci ha resi ciò che siamo e che saremo negli anni a venire.
Shane Mayer e la Cerebral Productions di Pittsburgh si sono occupati delle registrazioni di batteria e del mixing-mastering — della versione digitale — dell’intero album. Shane ha fatto un lavoro enorme, ha un ottimo orecchio.
Una grossa parte delle tracce grezze di Earth Base One le ho registrate io col mio studio mobile.
Gabriele Gramaglia ha effettuato il mastering dei brani per l’edizione in vinile e ha azzeccato il master alla prima botta. Gabriele, grazie: sono una bomba!
Juanjo Castellano è il fantastico artista che ha creato la copertina del disco: un artista fantastico e una persona magnifica con cui lavorare. Juanjo continua ad aiutarmi nella promozione di Earth Base One. Che tipaccio! Dobbiamo ringraziare Andrea Bosetti di Unorthodox Emanations per avercelo fatto conoscere.
Tryfar Doom di Avantgarde Music si è occupato dei layout per le edizioni in CD e vinile: bellissima esperienza lavorare anche con lui!
Unorthodox Emanations, la nuova divisione death metal di Avantgarde Music, ci ha messi sotto contratto e ha pubblicato Earth Base One lo scorso 4 novembre. Lavorare con Andrea e Roberto Mammarella è magnifico: fanno quello che promettono di fare, che non è una cosa da poco, di questi tempi.
Il mio amico fraterno Marco Santamaria, death metal guru italiano, è la persona responsabile di aver messo in contatto Tiwanaku e Unorthodox Emanations. Grazie, Marco, ti dobbiamo tutto!
Christophe Szpajdel e Nino Mejia hanno realizzato il nostro logo. Gente fantastica con cui lavorare: il logo con le lame l’abbiamo pensato tutti insieme, ne sono contentissimo. Mi ricorda un Bat’leth Klingon.
Foto e video sono di Ron Ludwig e Kim Rhoades, il lyric video di “Ghost War” è di Yusif Aye mentre il video playthrough di batteria di “Swarm” è stato girato da Tony Blakk (Druid Lord, Massacre).
Ryan e Liam Hurka hanno entrambi contribuito profondamente alla realizzazione di questo album: hanno fatto più che semplicemente registrare le parti di batteria. Hanno portato Sean Valentine nei Tiwanaku, mi hanno ospitato mentre ero a Pittsburgh per le registrazioni e tanto altro. Senza di loro, anche a disco finito non avremmo avuto l’album pronto. Siete di famiglia, ragazzi, grazie!
Adesso l’ultima su Earth Base One, promesso, ma è una scocciante, vi avviso. Un decennio e più di preparazione, ospiti, collaboratori, poi l’uscita con la nuova sottoetichetta death metal di Avantgarde. Alla fine dei conti, il risultato vi ha soddisfatti?
Sì, assolutamente! Nel mio piccolo, sono molto più contento di Earth Base One che di qualsiasi altra cosa abbia fatto in passato. Certo, a cose fatte pensi sempre che avresti potuto fare qualcosa diversamente. Magari in corso d’opera, quando verrà il tempo di una ristampa, magari potremmo fare qualche modifica qua e là, ma per adesso pensiamo a concentrarci sul comporre pezzi nuovi e sui live in America e in Europa.
Ora vorrei chiederti qualcosa in più sui tuoi trascorsi, Ed. Sei in giro da un po’, hai avuto la tua dose di esperienze durante gli anni ’90. Cos’è andato storto nella tua prima band, i Fallen Idols? Perché sembrerebbe che il tuo progetto successivo, Nocturnus, si sia poi evoluto direttamente in Tiwanaku.
Guarda, è andata più o meno così. I Fallen Idols sono stati la mia prima vera band con cui facevo roba mia. Avevo iniziato come chitarrista, ma poi abbiamo iniziato a ricevere così tante offerte di serate che sono passato al basso per poter andare dal vivo. Come trio death metal eravamo micidiali. Abbiamo fatto una demo e suonato un sacco di serate, prima di scioglierci nel ’91. Qualche mese dopo ho deciso di trasferirmi a Tampa, in Florida. Avrei dovuto suonare nella band di un amico, lì, ma sfortunatamente le cose non andarono. A volte le cose vanno così, c’è poco da fare.
Per mia fortuna, una band che avevo appena scoperto con il suo primo album The Key stava cercando un nuovo bassista dopo aver chiuso un nuovo disco, Thresholds, e registrare un video per “Alter Reality” e andare in tour in Europa. Un amico musicista, Rob Soltis, conosceva Chris Anderson, il turnista di Thresholds: Chris mi ha insegnato “Subterranean Infiltrator”, “Grid Zone”, “Alter Reality” e “Arctic Crypt”. Io avevo imparato “BC/AD” e “Lake Of Fire” di The Key per conto mio, e così mi sono presentato all’audizione meglio degli altri bassisti che si erano proposti. Un mese dopo abbiamo aperto per i Nuclear Assault e un mese dopo ancora eravamo in giro coi Confessor per il tour europeo di Thresholds. Dopodiché abbiamo l’EP Mummified / Possess The Priest e ci siamo sciolti per mancanza di interesse di un paio di membri chiave.
Attivi prima dall’87 al ’93 e poi dal ’99 al 2002, i Nocturnus sembrano aver vissuto una vita particolarmente discontinua, e anche dopo non sembra essere andata meglio. Come sono cambiate le cose negli ultimi trentacinque e più anni? Quali sono i migliori cambiamenti nel settore, per te? E quali i peggiori?
Sì, i Nocturnus hanno sempre avuto problemi dall’inizio, c’erano sempre discussioni per ogni piccola cosa. Anche Tiwanaku ha avuto la sua dose di inghippi, all’inizio, ma ora è stato tutto archiviato. Il drama non è ammesso nella band, siamo tutti d’accordo. Ci vediamo, suoniamo e componiamo: è sorprendente quello che può fare una band quando tutti sono sulla stessa linea d’onda. Ultimamente direi che la cosa migliore che è successa al mondo della musica sia stato il Covid-19. I concerti death metal sono sold out in America molto più spesso di prima, da quando ci sono stati i lockdown. Tra le cose peggiori successe alla musica in questi anni, invece, c’è sicuramente l’invenzione dell’mp3. Per quanto uno possa odiare Lars, aveva decisamente ragione su Napster e sugli mp3; la buona musica, in ogni caso, prevale sempre. Prima le radio e MTV non trasmettevano nulla di hard rock o di metal: il ’91 è stato l’anno in cui di botto è cambiato tutto. È stato terribile. Ma, come dicevo, il metal ha prevalso e prevarrà sempre. Per quanto riguarda il mio vissuto, il più grosso problema che abbiamo avuto è al 100% colpa mia. Sì, abbiamo avuto un viavai di membri, negli anni, ma la ragione principale della nostra lentezza sono i miei problemi ortopedici e di salute. Per fortuna ora è tutto superato: sono pronto a partire e a mettermi in viaggio per suonare dal vivo con Tiwanaku.
Ecco, a proposito di Tiwanaku: mi pare di capire stiate già lavorando al secondo album. Qualche tempo fa ho avuto la possibilità di parlare con Antti dei Demilich e la sua è un altro ottimo esempio di band che aspettano a pubblicare prima che l’intero album sia perfetto da cima a fondo. Puoi darci qualche anticipazione sul successore di Earth Base One? Come stanno andando le cose?
A dirla tutta, abbiamo abbastanza musica per un secondo album e per buona parte di un terzo disco, tra tutte le nostre idee. Al prossimo stiamo lavorando io, Sean, Ryan e Gabriel: potete aspettarvi sicuramente qualcosa di aggressivo e melodico, dal successore di Earth Base One. Stiamo lavorando per aumentare la velocità, qui e lì, mantenendo la varietà, ma anche per ottenere un mix più tagliente per il prossimo disco. C’è molto sul piatto per il prossimo album: non vedo l’ora di poter svelare più dettagli a tutti.
Il vostro sito dice che il 2023 sarà l’anno in cui i Tiwanaku gireranno il pianeta per promuovere Earth Base One: direi che con un ultimo vostro commento questa intervista terminerà nel migliore dei modi.
Sì, stiamo lavorando davvero tanto per poter girare quanto più è possibile tra il 2023 e il 2024. La competizione al momento è alta, ma questo non mi spaventa. Ai promoter: scriveteci, se siete interessati a farci suonare dalle vostre parti. Grazie per le ottime domande, Aristocrazia! Speriamo di venirvi a trovare presto in Europa — e di fare un salto in Italia per mangiare insieme.
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