TRE CHIODI
Gruppo: | Tre Chiodi |
Formazione:
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I padovani Tre Chiodi hanno debuttato sulla nostra webzine qualche settimana fa con il loro primo disco "Murmure", un concept album strutturato su più livelli di lettura e ricco di simboli e significati legati principalmente al corpo umano. Oggi siamo qui per parlarne con loro e scoprire qualcosa di più anche sulla storia e il futuro del gruppo.
Ciao ragazzi, benvenuti su Aristocrazia e grazie del tempo che avete scelto di dedicare a noi e ai nostri/vostri lettori. Come va?
Bene, ti ringraziamo per l'ospitalità.
Di norma la prima cosa che chiedo, specie ai nuovi arrivati sulle nostre pagine virtuali, è un po' di biografia. Niente di troppo ancestrale, tranquilli, semplicemente come vi siete incontrati, come e perché avete deciso di mettere su il gruppo e cose del genere.
Ci siamo incontrati in sala dopo un periodo di via vai da parte di musicisti, una fase di sperimentazione che ha toccato vari generi. Cercavamo di suonare quello che ci piaceva senza chiederci cosa fosse, partendo da improvvisazioni su cui venivano imbastiti dei testi. Ci siamo trovati bene in tre, e abbiamo iniziato a fissare i pezzi.
Prima di ricevere "Murmure" e di apprendere che la vostra band è composta da tre elementi, non avrei mai pensato che i Tre Chiodi poteste essere proprio voi. C'è un significato specifico dietro questo nome?
All'inizio abbiamo pensato a questo nome perché era concreto, diretto e secco. Poi ci siamo accorti che nei nostri pezzi tornava la tematica del corpo, e siamo stati felici di questa scelta: penetrare nella carne per fissare un significato a un corpo, come spilli; altri tre chiodi più famosi lo hanno fatto prima di noi.
Sempre a proposito di nomi, neanche "Murmure" scherza in quanto a originalità ed è un titolo che ha suscitato immediatamente il mio interesse, oltre ad aver accresciuto il mio vocabolario (a tal proposito, grazie per la dettagliata spiegazione che ho trovato allegata al disco). Come siete venuti a conoscenza di questo termine così tecnico e specifico? Soprattutto, c'è un motivo particolare che vi ha spinti a dare a un disco infarcito di distorsioni un nome che fa riferimento al suono quasi impercettibile che fanno gli alveoli polmonari quando respiriamo?
Avevamo bisogno di un nome che facesse capire che le nostre canzoni sono racconti che provengono dalle parti del corpo. Abbiamo chiesto consiglio ad alcuni nostri amici che hanno approfondito lo studio del corpo e un'amica medico (grazie Annachiara) ci ha consigliato questo nome: è il nome che prende il suono del respiro quando c'è qualcuno che lo sta auscultando, quando un nostro simile ne cerca un significato, un messaggio, un indizio. Quando uno come noi si ferma ad ascoltarci.
Non vi siete accontentati di cominciare il vostro percorso musicale con un disco carico di belle idee e scritto e suonato bene, assolutamente no: avete voluto fare il botto, dando alla luce un concept. Si è trattato di un'idea valutata e discussa in precedenza o, semplicemente, è successo?
Non abbiamo saputo farne a meno. Ci siamo accorti del tema comune solo mentre stavamo componendo il quarto pezzo, e abbiamo riconosciuto la storia nascosta tra le tracce solo alla fine. È stata una specie di magia, è come se fosse capitato e basta. Ora, quando pensiamo al nuovo materiale, facciamo fatica a non visualizzarlo come una nuova narrazione.
L'italiano è la lingua che avete scelto come mezzo di espressione delle vostre idee, lo avete fatto perché era la decisione più naturale o avete rifiutato l'inglese per altri motivi?
Per noi è stato semplice: vogliamo raccontare una storia e ci teniamo che la gente che abbiamo di fronte capisca le nostre parole. Farlo in inglese ci sembrava un po' scomodo e pretenzioso.
L'idea di un corpo umano che parla e cerca di comunicare il proprio malessere e i propri bisogni è uno spunto assai interessante, ma come voi stessi avete specificato e come emerge chiaramente da alcuni brani in particolare (per esempio "Cuore") c'è un secondo piano di lettura che si basa sul rapporto di coppia tra due persone. Pensate che il legame che ognuno di noi ha con il proprio corpo sia paragonabile o, in qualche modo, riconducibile al tipo di relazione che abbiamo col nostro partner?
Il rapporto tra un io e un tu è molto stimolante. I testi sono stati costruiti in modo che non si capisse mai (tranne rari casi) se la persona a cui si rivolge il protagonista sia una donna o un uomo. Ma chi dice che non si rivolga invece a se stesso? A una parte di sé, come al corpo, oppure alla propria coscienza? Ognuno può utilizzare le nostre canzoni come meglio preferisce.
La storia, o meglio, le storie del corpo e della coppia che avete scelto di raccontare ai vostri ascoltatori sono totalmente fittizie, fanno riferimento a qualcuno che conoscete oppure sono autobiografiche?
Partono quasi tutte da rielaborazioni di esperienze che abbiamo avuto personalmente.
"Murmure" non termina esattamente con un lieto fine: si intuisce che il rapporto di coppia è naufragato e che il corpo ne ha risentito molto negativamente. Perché avete optato per una conclusione così tragica?
È stato un po' come fare un viaggio con qualcuno, imparare delle cose e poi doverlo abbandonare. Che è quello che capita col nostro corpo. Ma il nostro fonico Franz Fabiano ha avuto una straordinaria intuizione: perché non mettere dei passi alla fine del disco? Così facendo ha dato torto al protagonista di "Capelli", che pensava sarebbe rimasto solo per sempre, e ha fatto capire che a volte siamo noi a buttare in vacca le occasioni prima che siano davvero andate. Non sarà quel che si dice un messaggio di speranza, ma ci rimette in mano la possibilità di riconoscere che c'è ancora tempo, e di reagire.
Cosa potete dirmi, invece, a proposito dei generi sui quali vi siete concentrati? C'è qualche gruppo italiano o internazionale a cui vi siete ispirati o che in ogni caso funge da influenza e ispirazione?
Abbiamo cercato di evitare gruppi a cui fare riferimento volontariamente, ma ovviamente le influenze sono saltate fuori. Quelle che ci affibbiano più spesso sono Verdena, Primus e C.S.I.
Un'altra cosa che non passa di certo inosservata è la quantità di ospiti che hanno arricchito la storia di base con la loro voce. Come nasce una vostra collaborazione?
Sono tutti artisti che ammiriamo, oltre che persone a cui vogliamo bene. Volevamo usare varie voci per far capire che il corpo può esprimersi in varie forme, le storie possono essere raccontate da molti, ma è chi ascolta che unisce le cose e ne condensa un significato. Nella copertina (realizzata dall'artista padovano C0110) questa moltitudine viene rappresentata. E poi in quei pezzi le voci dei nostri ospiti ci stavano meglio che quella di Enrico: la ferocia di Mirko degli 8fulstrike, il calore di Folake degli Hit-Kunle, l'imponenza del Reverendo de Un Giorno Di Ordinaria Follia e il pathos di Andrea delle Cento Scimmie. Cogliamo l'occasione per ringraziarli ancora.
A cosa vi state dedicando ultimamente? State dando la priorità alla promozione del disco con serate dal vivo oppure siete già a lavoro su nuovo materiale?
Stiamo lavorando alla promozione del disco e stiamo anche facendo ricerca per capire dove andrà a parare il prossimo lavoro.
Bene, la nostra chiacchierata è giunta al termine. Vi ringrazio nuovamente per il tempo e la pazienza che ci avete concesso, noi di Aristocrazia restiamo in attesa di altre novità da parte vostra e personalmente rinnovo i miei complimenti e vi auguro di continuare su questa strada. Questo spazio è vostro, salutate i vostri lettori come meglio credete!
Ti ringraziamo nuovamente per questo spazio e speriamo di aver incuriosito i lettori abbastanza da augurare di poterci incontrare davanti a un palco. A presto.