Bad Moon Festival: Indren, Blaze Of Sorrow, Cultus Sanguine, L’Impero Delle Ombre, Opera IX (29/10/2022 @ Mongrando, Biella)
La fine del mese di ottobre, si sa, porta sempre con sé un certo fascino macabro: sarà per via delle giornate che si fanno sempre più corte, sarà per il fatto che si celebrano i morti (come abbiamo fatto anche noi), sarà forse per la nebbia che inizia ad avvolgere le campagne e le pianure attanagliate dall’umidità.
Proprio le campagne biellesi, in particolare quelle della ridente Mongrando, costituiscono la sede del Bad Moon Festival, evento all’insegna del Male e delle ombre che ha scosso la notte tra il 29 e il 30 ottobre, costituendo così un ottimo preludio ai festeggiamenti di Ognissanti.
Indren
Il compito di dare avvio alla serata spetta agli Indren, progetto autoctono dedito a un piacevole black metal atmosferico ed evocativo che dà voce alle mille sfumature cromatiche dell’autunno, specie quello dei boschi che costellano i monti intorno a Biella. In questa sede, i due membri principali sono affiancati da alcuni musicisti di supporto, e mostrano un bell’affiatamento che permette loro di catturare immediatamente l’attenzione del pubblico — ancora sparuto — presente sotto il palco.
Se i primi brani suonati dagli Indren sembrano dare più risalto alla componente atmosferica, man mano che il set procede emergono anche la melodia e la voce pulita, aggiungendo sfumature folk che trasportano efficacemente gli astanti direttamente nel bel mezzo di una foresta rossastra coperta da una coltre di foglie secche. In chiusura, poi, i Nostri presentano un omaggio musicale al Monte Rosa a cui sono particolarmente legati. Una scoperta musicale senz’altro interessante, che merita un approfondimento.
Blaze Of Sorrow
Dopo la consueta pausa per il cambio palco, è il turno dei Blaze Of Sorrow, band che lego indissolubilmente alla mia presenza nella redazione di Aristocrazia Webzine perché il loro album Absentia, del 2020, rientra fra i primi di cui parlai su queste coordinate. Difficile non farsi rapire dalla nostalgia e da memorie lontane quando capita di ascoltarli, perché ciascuno dei brani dei Blaze Of Sorrow è una piccola perla in bilico tra forza impetuosa e malinconia, il che viene amplificato ulteriormente quando la fruizione avviene dal vivo.
In una mezz’ora che scorre a una velocità inusuale, i Blaze Of Sorrow propongono una scaletta antologica che pesca sia dall’uscita più recente (“Hybris”), sia dagli album che lo precedono, da Eremita Del Fuoco del 2015 (“Il Passo Del Titano”) a Echi, che quest’anno festeggia il primo decennio di vita. Infine “Empatia” chiude un set che sarebbe potuto durare anche molto di più e non avrebbe stancato nemmeno per un momento.
Cultus Sanguine
L’arrivo dei Cultus Sanguine mi coglie inizialmente impreparata, mentre sono intenta a trangugiare una mozzarella in carrozza che trasuda olio da ogni molecola. Chiusa rapidamente la parentesi fritto-gastronomica, è tempo di fiondarsi nuovamente sotto il palco per assistere al set di una tra le band più inarrestabili fra quelle localizzate nella fetta di Lombardia che fa da raccordo tra il varesotto e il milanese.
Come si confà a dei veterani, i Cultus Sanguine non faticano certo a mantenere viva la partecipazione del pubblico, mosso da evidente trasporto per loro. I Nostri inanellano un brano dopo l’altro, in una discesa tombale nelle fredde cripte del doom oscuro e impreziosito dalla tastiera che rende ancora più teatrale l’atmosfera gotica resa perfettamente dalla presenza, sul palco, di accessori quali i fiori appassiti che ornano i microfoni. Per quanto mi riguarda, il momento topico del set è rappresentato dalla storica “Il Sangue”, uno dei brani che, anni e anni addietro, mi fecero conoscere questa band. Per la serie: questi appuntamenti con la Storia sono sempre più che graditi.
L’Impero Delle Ombre
Se i Cultus Sanguine hanno dato l’avvio alla parte più occulta e misteriosa della serata, il compito di portare avanti questa narrativa oscura è affidato alla compagine di alfieri del buio meglio nota come L’Impero Delle Ombre.
L’Impero Delle Ombre colpisce ancora (citazione doverosa) con il suo doom vecchio stampo impreziosito dalle tastiere squisitamente prog, mentre dietro il microfono Giovanni Cardellino evoca scene tra il religioso e l’esoterico, passando con disinvoltura da brani contenuti nell’ultimo album Racconti Macabri Vol. III (“Il Cimitero Delle Anime”, “Il Sabba”) a pezzi più datati, estratti dalle uscite discografiche precedenti (“Il Giardino Dei Morti” e la conclusiva “Diogene”). Nel complesso, il gruppo sembra voler evocare un’epoca lontana, che finisce per collocarsi in un indefinito passato mitico, più che in una decade musicale precisa fra quelle che intercorrono tra la nascita del doom occulto e l’attualità. I brani scorrono lisci uno dopo l’altro e il set de L’Impero Delle Ombre sembra cristallizzare lo scorrere dei minuti in un modo quasi magico, ma il tempo è tiranno e presto si avvicina l’atto conclusivo di questa serata all’insegna del Male.
Opera IX
L’arrivo sul palco degli Opera IX sancisce l’imminente termine della serata, ma non una discesa del climax energico a cui abbiamo assistito nel corso di queste ore. Per restare in tema con l’incombente notte di Ognissanti, la band sceglie di aprire le danze sull’arcinoto tema musicale del capolavoro cinematografico Halloween di John Carpenter, dando poi inizio a un set travolgente, a cui una parte degli astanti reagisce lanciando un pogo che non si rivela — ahimè — troppo consistente.
Agli Opera IX non servono molte parole per tenere in pugno il pubblico: grazie alla loro bravura e — in particolare — al carisma della cantante Dipsas Dianaria, Ossian e compagni ci scaraventano in un mondo dove il black metal sinfonico diventa il veicolo di qualcosa di ancestrale, del tutto fuori dal tempo e dalle convenzioni umane. Difficile individuare un momento più coinvolgente di altri, perché il set della band piemontese risulta ipnotico dall’inizio alla fine, senza mai mollare la presa.
La conclusione risulta ancora più suggestiva: vengono accesi alcuni bracieri e delle torce, che vengono poi portati sul palco e creano un’atmosfera, se possibile, più vicina a un girone infernale che non a un semplice palco durante un festival.
Così, tra fuoco e fiamme, termina questa edizione del Bad Moon Festival. Nonostante l’ora sia piuttosto tarda e la strada da percorrere per rientrare a casa sia abbastanza lunga, non posso fare a meno di pensare come si sia trattato di una serata davvero piacevole, che ha contribuito a rimarcare ulteriormente come si stia ritornando alla realtà pre-Covid, quando non si sapeva decidere a quale concerto andare e si finiva per operare improponibili incastri fra i vari eventi.