I rituali autunnali del Burning Tower | Aristocrazia Webzine

A Feast For The Equinox: i rituali autunnali del Burning Tower

Ad accogliere la fine dell’estate e l’arrivo dell’autunno con la giusta dose di magia ed estremismi musicali, anche quest’anno, ci ha pensato Burning Tower, l’agenzia torinese che tiene viva la fiamma nera nella città magica. Dopo aver rosicato alla prospettiva di dover dire di no all’evento l’anno scorso, stavolta sono riuscito a organizzarmi adeguatamente e così, dopo mille peripezie, un viaggio in notturna post-lavoro e un’ospitata nel bergamasco, sono riuscito ad assistere al Feast For The Equinox, la celebrazione per Mabon andata in scena al Supermarket Club domenica 24 settembre.

I The Secret, main event del Burning Tower Feast, sul palco del Supermarket.

Arrivato sul posto nel primissimo pomeriggio assieme a Giup, alla nostra Francesca (che ha gentilmente deciso di sacrificarsi e farci ancora una volta da fotografa) e al suo fidanzato, Andrea, abbiamo subito fatto un giro della struttura per iniziare a toccare con mano la realtà del fest di casa Burning Tower. Mentre sul palco erano ancora in corso i check e ci si preparava alle performance pre-concerti, al piano superiore della struttura erano già pronti i tavoli allestiti per le mostre in programmma per la kermesse. Perché il Feast For The Equinox non è solo musica live, ma anche sperimentazione artistica a tuttotondo.

Entrati in azione prima di subito, tra le tavole, le illustrazioni e le installazioni di Silvatica, Drawnchaos, Elem e Daimon, io e Giup siamo riusciti a fare due chiacchiere con alcuni degli artisti del bill della giornata — tieni a freno la curiosità, a breve uscirà tutto — per poi riuscire a godere anche di alcune delle performance che hanno anticipato i concerti. Conscio di essermi sicuramente perso qualcosa per strada, non posso fare a meno di menzionare l’esibizione avanguardistica di Propaganda 1904, che ha proposto un set singolare. La creatura di Luca “Onyricon” Giglio, per l’occasione assistita dall’ormai ben noto maestro Vittorio Sabelli (Dawn Of A Dark Age, Notturno, Incantvm, etc), ha infatti musicato in un mix di rimbombi elettronici riverberati e melodie di clarinetto Lucifer Rising, il corto sperimentale di Kenneth Anger.

A sancire effettivamente la fine della sezione delle esibizioni e ad anticipare l’inizio dei concerti, uno dei miei momenti preferiti dell’intera esperienza al Feast For The Equinox: il rituale della Bilancia officiato da Layla Snakebite, Frida Giozzi e Omega Kunst. Anche volendo provare a separare la sacralità del momento dalla sua dimensione spirituale, l’esperienza offerta ai presenti dai cinque ha lasciato il segno. Uncini, aghi, piume, lame rituali, ossa, foglie e rami, ma anche il vestiario, il cerchio, i movimenti. Il quintetto responsabile della performance ha incarnato quello che, a mio avviso, è il trat d’union della proposta di casa Burning Tower: una sincera tensione verso la magia e l’esoterismo.


Tenendo alta la concentrazione dei presenti, abbastanza numerosi nonostante l’orario, i Bosco Sacro sono saliti sul palco del Supermarket e, tra uno sbuffo di fumo e un riverbero, hanno dato via al proprio rituale. I volteggi di voce di Giulia sono tornati ad adagiarsi sulle trame delle sei corde di Francesco e Paolo, mentre gli occasionali ritmi decisi e le più frequenti atmosfere eteree della batteria di Luca mi hanno riportato alla mente quando, una manciata di settimane fa, il quartetto era al Frantic Fest. Come quella volta, anche in questo caso i presenti sono stati perlopiù metallari; la reazione, però, mi è sembrata nettamente diversa. Il pubblico ha reagito meglio di quello di Francavilla al post-rock (e occasionalmente post-metal) proposto dalla band, rimanendo perlopiù colpito dai vari estratti ripresi dal loro unico album, Gem.

I Bosco Sacro settano il mood della serata.

La quiete, l’attesa del cambio palco; poi il line check. La volta degli Zolfo è giunta a pochi minuti dall’inattesa esplosione di distorsioni arrivata dalle casse sul palco. Inforcate le loro armi, i pugliesi hanno dato ai presenti un assaggio di quanto proposto nel loro primo album, Delusion Of Negation, uscito nel gennaio 2020 per Spikerot (tanto per rimanere vicini alla questione Frantic Fest). C’è del black, nel doom-sludge proposto dalla band di Bari, non cambierò idea: la qualità sulfurea — nomen omen — del loro sound viene da lì, così come anche un certo approccio nel cantato di Davide ricorda lo stile del nero metallo più che quello del destino metallo. A conti fatti, però, non avendoli mai visti prima, non ne sono uscito con un’impressione ottima. Attenzione, lungi da me dire che i cinque non siano bravi o non abbiano cose da dire, ma al termine della loro fetta di serata sul palco del Supermarket non ho sentito quel trasporto residuo sulla mia pelle che mi resta invece quando in una band percepisco quel qualcosa in più. In ogni caso, non male: mi auguro di ricredermi, in futuro, o magari in una evoluzione degli Zolfo che gli consenta di trovare quel quid.

Chi non pecca di carisma sono certamente gli Hierophant. Il quartetto del ravennate, infatti, ha affrontato il ritardo accumulato dall’organizzazione e dalle esibizioni di chi li ha anticipati con una fermezza unica. Riverberi, echi, rumori dall’oltretomba: Lorenzo sgrana gli occhi oltre il velo di capelli, barba, sangue e sudore che ha già in volto e inizia a richiamare i presenti alla morte eterna. Quando poi il riff portante di “Seeds Of Vengeance” irrompe dalle casse inizia il macello. Una ventina di minuti dopo, immagino con qualche taglio alla scaletta, i quattro alfieri del black-death hanno lasciato il palco: l’aver dovuto condensare la performance li ha resi solo più furiosi, l’aver avuto qualche problema tecnico con il sistema wireless del basso ha solo aggiunto benzina sulla fiamma nera con cui erano pronti a incendiare i presenti. Il risultato finale: estatico.

I più belli e i più lerci: chiaramente gli Hierophant.

Dopo la prova di ferocia e brutalità offerta dai sanguinolenti ierofanti del demonio, la scaletta ha previsto un reintegro dei punti QI appena persi. Per riuscire in questa operazione, sul palco del Supermarket sono dovuti salire i Nero Di Marte. Non credo di aver mai visto line check più pulito e chirurgico del loro, per non parlare del set proposto al pubblico. Niente sbavature, niente falli, dubbi o incertezze: il quartetto non ha quasi preso respiro tra un brano e l’altro, e i presenti hanno apprezzato. Riversare contro il pubblico tre quarti d’ora di post-metal iper tecnico e super progressivo senza apparente soluzione di continuità non è da tutti e farlo come hanno fatto loro… Credo che, se anche fossero armati di ukulele scordati di bassa qualità e batterie per bambini di Hello Kitty, quei quattro sarebbero ugualmente capaci di mettere a figura di merda una buona fetta di musicisti estremi in circolazione. Trovarli in forma e armati di tutto punto su un palco così, insomma, non sto neanche a dire quant’è stato indescrivibile.

La chiusura di questi autumnalia musicali, raggiunta con quasi un’ora di ritardo sulla tabella di marcia presentata inizialmente, è stata affidata a quella macchina da guerra black-hardcore che porta il nome di The Secret. Il quartetto, discograficamente dormiente da un po’ di anni, si è trovato altrettanto a dover fare qualche taglio sulla propria scaletta, ma ciò nonostante ha asfaltato i presenti con una performance assolutamente indegna e immeritata. Signore, mi pento e mi dolgo dei miei peccati: soprattutto mi dolgo, visto che la mia colpa è stata non portarmi dietro i tappi per le orecchie. La bomba di decibel sparataci contro dai The Secret non ha avuto alcuna pietà di noi, sfiniti e spossati presenti, e con undici tracce su dodici riprese da Solve Et Coagula e due da Agnus Dei i brutali torturatori nostrani ci hanno annientato in trentacinque minuti quasi netti di violenza e feedback.

Michael Bertoldini semina feedback e riffoni coi The Secret.

Certe cose non si dimenticano e nel caso della mia prima volta al festival autunnale organizzato da Burning Tower sono diverse le esperienze che riporto a casa. In primissima battuta, non dimenticherò facilmente il rituale della Bilancia officiato prima dell’inizio dei concerti: un’aggiunta unica a un’esperienza che, altrimenti, sarebbe stata semplicemente un concerto come un altro, seppur abbellita dalle esposizioni di altri artisti. Torno a Napoli con in tasca anche un ricordo negativo. Vedere un evento del genere a sala quasi svuotata a fine serata a causa del ritardo accumulato tra una performance e l’altra — concerti inclusi — non è bello.

Comprensibilmente tanti, il lunedì, lavorano e quindi non possono permettersi di fare oltre le tre del mattino per rientrare in casa; orario assolutamente inventato e per nulla tratto da una storia vera. Vedere a mano a mano gli Hierophant, i Nero Di Marte e i The Secret esibirsi davanti a sempre meno gente è stato molto spiacevole, ma anche gli inconvenienti e i passi falsi servono. Non si impara se non per tentativi: il mio augurio, per l’anno prossimo, è che il Feast For The Equinox — come tutti gli altri eventi organizzati al Supermarket — possa essere una vera, grande festa vissuta fino alla fine da tutte e tutti, come lo è stata all’inizio di quest’anno ma non alla fine.

In ultimo, poi, e assolutamente non perché è marchetta, me ne torno a casa con una copia di Sulphur, la fanzine dell’amico Denis Bonetti di Si Stava Meglio Quando Si Stava Metal e soci. Perché chi fa questo, per mestiere o per passione, ha prima di tutto il dovere di sapere cosa fanno gli altri. Ero curioso di vedere come hanno impostato il loro progetto editoriale dedicato esclusivamente al black e anche lo speciale dedicato a Nattramn aveva attirato la mia attenzione, assieme a un altro paio di realtà protagoniste della prima uscita della collana. E poi, diciamocelo, che mondo sarebbe senza questo tipo di supporto?


La galleria fotografica di Francesca Papasodaro

Tutti gli scatti sono di Francesca Papasodaro (IG: @franomalia).