CELESTE + Conjurer (01/04/2022 @ Slaughter Club, Paderno Dugnano)
Tanto, troppo tempo è passato dagli ultimi concerti di respiro internazionale. Quello che doveva essere un viaggio in scioltezza verso il capoluogo lombardo in vista della data italiana degli Amenra si è trasformato, spinti dalla necessità di farsi male alle orecchie, in una doppietta in compagnia della nostra fotografa Francesca che ha visto la tappa dei belgi preceduta da quella dei loro vicini di casa Celeste, appena due giorni prima, poco fuori Milano. A condividere il palco dello Slaughter Club con i francesi, in barba a secoli di cordiali antipatie, i britannici Conjurer, e un velo di dispiacere per il forfait di Treha Sektori, aka Dehn Sora.
Conjurer
Accompagnati da due focaccine del Carrefour e da copiose bestemmie in seguito al cambio di locale — il concerto era inizialmente previsto appena dietro la stazione — facciamo il nostro timido ingresso e, abbastanza puntuale sulla tabella di marcia, la band di Rugby, Warwickshire si abbatte sui pochi presenti con tutta la voglia di fare di un gruppo il cui secondo album uscirà tra un paio di mesi. I Conjurer prendono a piene mani dal fortunato Mire del 2018, più qualcosina che presumibilmente sarà sul prossimo Páthos.

Post-metal, sludge e qualche spruzzata più moderna di stampo quasi metalcore sono gli ingredienti di un set che nonostante la complessità ha un’ottima presa sul pubblico, tra momenti più tecnici e altri più caciaroni in cui riffoni e breakdown investono in maniera più diretta gli astanti. I quattro tengono bene il palco, ma in un’esibizione in cui ognuno rimane più o meno fermo l’attenzione è catalizzata al 110% dal bassista Conor Marshall: non un attimo in cui i suoi capelli smettono di ondeggiare, il suo corpo di roteare come una trottola, fino al momento clou in cui scende a scorrazzare tra il pubblico rischiando, peraltro, di trafiggere il sottoscritto con il basso. Bravi Conjurer pur non essendo ciò che ascolterei da mattina a sera, precisi e graziati da suoni ottimali sin dall’inizio.
Celeste
Tutti aspettavamo i Celeste e le loro torcette frontali di Decathlon, e finalmente eccoli: compagni di etichetta degli inglesi e freschi freschi di uscita su Nuclear Blast, i francesi si concentrano prepotentemente sull’ultimo Assassine(s), disco assolutamente valido e completo ma che mi ha fatto storcere il naso per i toni di chitarra presi pari pari dai connazionali Gojira. Poco male, queste cose dal vivo contano poco e quello che mi aspettavo dai Celeste mi è stato dato con una magnitudine svariate volte più elevata.

Escludendo in parte l’ultimo capitolo, infatti, i lionesi sfoggiano da sempre una coerenza stilistica invidiabile — oltre a copertine pazzesche di cui mi sarei comprato le stampe in blocco al banchetto — e il loro collaudato show di luci bianche e rosse aggiunge decisamente molto all’esperienza. Anche qui sludge quadrato, poche concessioni alla melodia e un flusso continuo di mazzate con i brani che, nel bene e nel male, si fondono gli uni con gli altri.

Poco lo spazio in scaletta lasciato al repertorio precedente ad Assassine(s) e, in un continuo susseguirsi di legnate senza troppi complimenti e ringraziamenti con le cornine alzate, il set finisce in un batter d’occhio, una buona mezz’ora prima dell’orario riportato sui vari social. La parte più anziana di me ha quasi ringraziato, dopo sei ore di pullman e un concerto che — per natura della band — è più un blob di materiale nero come la pece che una sequenza di brani ben definiti.

Che dire: una serata riuscita al 100%, tra organizzazione e suoni sempre di buon livello che hanno reso giustizia al muro di suono di entrambe le band: finalmente una boccata di aria fresca e una parvenza di normalità, viste le condizioni in cui si è svolto il concerto. Affluenza negli standard italiani, purtroppo, ma il discorso è stato decisamente diverso per gli Amenra, di cui vi parlerà il collega Oneiros nei prossimi giorni.