CULT OF LUNA + Brutus + A.A. Williams (04/12/2019 @ Kino Šiška, Lubiana)
Evento: | Cult Of Luna |
Data: | 04/12/2019 |
Luogo: | Kino Šiška, Lubiana (SLO) |
Band:
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Foto: | Margot Furlanis |
Casella ancora da spuntare nella mia personale lista di gente da vedere dal vivo, i Cult Of Luna arrivano in quel di Lubiana con un pacchetto niente male, composto dalla rivelazione A.A. Williams e dai Brutus, con cui il sottoscritto ha per così dire un conto in sospeso. La cornice è sempre quella del Kino Šiška, mai tanto azzeccata quanto per l’evento di questa fredda serata.
Il mio apprezzamento per la giovane cantautrice londinese non è una novità, testimoni la recensione dell’ottimo EP eponimo e le lodi sperticate espresse dietro le quinte. Accompagnata da una formazione essenziale, con basso e batteria, A.A. Williams presenta dal vivo tre quarti dell’EP (“Cold”, “Belong” e “Control”) più tre brani inediti che danno l’impressione di essere un po’ meno intimi rispetto a quanto pubblicato finora. La voce calda e sommessa dell’artista avvolge il pubblico e lo racchiude in una sorta di bolla, in cui la platea pende dalle labbra e dalle plettrate della Williams. Al netto di un paio di problemi tecnici, che fanno sorridere e anzi mettono in mostra l’umiltà dei tre ragazzi sul palco, il concerto si conclude in fretta, lasciando molti di noi con il desiderio di sentire dell’altro: in attesa dei nuovi brani, toccherà accontentarsi dell’imminente collaborazione con i Mono.
Che i Brutus si siano fatti il culo a suonare un po’ ovunque, negli ultimi anni, è innegabile. Il mio primo contatto dal vivo con il trio di Leuven è avvenuto poco più di due anni fa e le impressioni non erano state delle migliori, con l’augurio che il successore di Burst potesse compiere dei significativi passi avanti. Fast forward a marzo 2019: Nest mostra in effetti dei netti miglioramenti rispetto all’album di debutto, cosa che si riflette inevitabilmente sul palco.
Nonostante un ristrettissimo sondaggio prima del concerto abbia registrato pareri per lo più negativi sui tre belgi, l’esibizione è risultata più corposa rispetto a quella di due anni fa, sicuramente merito di una scaletta con più varietà e qualità (grazie a pezzi come “Cemetery” e “War”, ad esempio) ma anche per l’esperienza in più sul groppone. I Brutus continuano a convincere pienamente nelle parti più hardcore, tuttavia sussiste un senso di monotonia quando si sterza su un fronte più post-rock, con le sezioni in tremolo di Stijn che tendono ad assomigliarsi un po’ troppo le une con le altre. L’intensa prestazione della cantante-batterista Stefanie è davvero meritevole di lodi (anche soltanto per il fiato e la resistenza necessari), un lavoro che però tende a mettere in ombra l’operato di Stijn e Peter soprattutto in quelle sezioni che mancano un po’ di spessore compositivo.
Una performance non convincente al 110%, che però rappresenta un deciso passo avanti rispetto a come li ricordavo.
Il palco si fa improvvisamente affollato per il momento clou: avvolti da un’atmosfera decadente, con enormi vele alle spalle, fanno il loro ingresso Johannes Persson e i suoi sei compagni di band. I Cult Of Luna sono ormai un’istituzione, forse il nome che più salta alla mente quando si pensa al post-metal insieme ai Neurosis, uno status ribadito con straordinaria fermezza dall’ultimo, osannato A Dawn To Fear.
Nel tempo a disposizione degli svedesi, che sembra volare e non passare mai al tempo stesso, non c’è spazio per interazioni, pause, sorrisi o altro che lasci trasparire una dimensione umana: i pochi ma lunghissimi brani, graziati da suoni eccelsi, hanno un impatto devastante e il comparto visivo non è da meno, merito di un tecnico delle luci con le palle quadrate (no, cubiche!). Oltre all’ultimo lavoro, altri due pezzi da novanta come Vertikal e Somewhere Along The Highway vengono chiamati in causa e la scaletta è un susseguirsi di scossoni e ritmiche marziali, dalla maestosa “Finland” alle distopiche “I: The Weapon” e “In Awe Of”. Batoste non solo sonore ma anche emotive, nei casi di “And With Her Came The Birds” e “Passing Through”, in cui i due batteristi si prendono una meritata pausa e ci pensa la voce pulita di Fredrik Kihlberg a dilaniare gli animi degli astanti.
Come dicevo, non una parola, non un accenno a un qualsivoglia contatto col pubblico e i Cult Of Luna, che nonostante i pochi centimetri quadrati a disposizione si dimenano senza sosta, non vengono illuminati frontalmente neanche per sbaglio: un’atmosfera alienante e ipnotica che trova il culmine nei secondi finali della conclusiva “The Fall”, in cui l’ampia sala del Šiška sembra stritolare il pubblico in un crescendo di intensità tanto nitido quanto imponente. Un’esperienza totale che chiunque dovrebbe provare almeno una volta nella vita.