EYEHATEGOD + Guests (30/07/2022 @ Trattoria Altroquando, Treviso)
Mancavano da tre anni — che di questi tempi sembrano almeno il doppio — gli Eyehategod in Italia, dall’edizione 2019 del Frantic Fest. Sull’onda dell’ultimo (non proprio imprescindibile) A History Of Nomadic Behavior, Mike IX e soci sono tornati in grande spolvero nella dimensione che più li rappresenta, quella live, passando anche dall’Italia con un quadrilatero che ha toccato Torino, Bologna, Treviso e Milano. Proprio nei sobborghi della città veneta, in un posto non molto dissimile dalle paludi della Louisiana, sono andato a sfondarmi le orecchie con questi pesi massimi del disagio.
Quello dell’Altroquando di Zero Branco, poco fuori Treviso, è un cartellone ben nutrito: ben quattro gruppi di supporto — tutti del Triveneto — con i padovani Wojtek che, per fortuna, aprono le danze con una ben poco italica puntualità, tanto che arrivando con un ritardo di dieci minuti sull’inizio delle esibizioni la musica del quintetto già scorre copiosa. Tre uscite in tre anni rappresentano una dichiarazione di intenti piuttosto evidente, e se la maturazione su disco si è notata, l’impatto dal vivo è ancora più forte con il riuscito mix di post-metal, sludge e hardcore dei ragazzi che giocano quasi in casa.
La serata si dimostra variegata fin da subito e si sposta sullo stoner strumentale più ortodosso con gli udinesi Prehistoric Pigs, trio a conduzione familiare composto dai fratelli Tirelli e il cugino Mattia Piani alla batteria. Niente di nuovo sotto al sole, né in termini assoluti né relativi, rispetto a quando passarono dalle nostre pagine qualche anno or sono: tradizione, passione, uno spirito da jam session lisergica e sguardo fisso al deserto del Mojave, e tanto basta per goderceli.
Da un terzetto all’altro, i The Mild scombussolano nuovamente le carte in tavola: prima volta sulle assi di un palco da prima della pandemia, prima volta per i brani dell’ultimo EP Old Man e una bella sequela di badilate di death imbastardito, tra sempiterne chitarre a motosega e sprazzi di hardcore-powerviolence. L’essenzialità della formazione tocca le corde giuste per me che sono un sostenitore dei power trio e al netto di qualche fastidio audio anche la loro esibizione scorre bene, con un pubblico già piuttosto nutrito e un po’ di botte in più rispetto alle fasi iniziali della serata.
L’ultimo slot prima della salita sul palco di Jimmy Bower e compagni — sempre in giro tra il pubblico a sbevazzare e chiacchierare — è destinato ai Bleeding Eyes, loro sì dei veterani rispetto ai gruppi precedenti. Venti anni di attività, anche se l’unico membro originale rimasto è il batterista Lorenzo Conte, hanno plasmato il doom-sludge granitico dei trevigiani, che trovano un elemento caratteristico nel cantato declamatorio di Simone Tesser.
Il quartetto di New Orleans sale finalmente sul palco in un clima estremamente rilassato, tra umorismo da terza media e insulti bonari. Mike IX Williams è nelle condizioni in cui ce lo si aspetterebbe, più di qua che di là, ma apparentemente rispettoso del suo nuovo fegato tra sigaretta elettronica e bevande analcoliche: una sorpresa visto che non dà l’impressione di uno che ha fatto del proprio corpo un tempio inviolabile.
Di fronte a un’area concerti gremita, gli Eyehategod sciorinano la loro scaletta senza soluzione di continuità, se non per una pausetta fisiologica per Jimmy Bower: l’esibizione poteva forse durare un po’ di più, ma i Nostri non si sono certo risparmiati in quanto a intensità, con pezzi più o meno datati; vengono tralasciati soltanto il debutto e Confederacy Of Ruined Lives.
Le nuove “High Risk Trigger” e “Every Thing, Every Day” e i pezzi estratti dal disco omonimo del 2014 fanno sicuramente presa, ma niente a che vedere con l’artiglieria pesante costituita da roba come “Sister Fucker (Pt. 1)”, “Peace Thru War (Thru Peace And War)” o ancora “New Orleans Is The New Vietnam”. Botte da orbi e circle pit come non mi capitava di vederne da un po’, soprattutto quando i quattro danno libero sfogo alla loro vena più hardcore: qualche livido forse ce l’ho e non me ne sono ancora accorto, ma va benissimo così visto che ero abbastanza vicino da essermi beccato i copiosi diti medi di Mike IX dritti in faccia.
Finalmente depennati dalla mia lista di gente da vedere, gli Eyehategod non hanno deluso nessuna aspettativa e la sensazione è che fosse così per tutti. Band contenta e pubblico contentissimo, grazie anche a un’organizzazione ineccepibile tra orari, token per le consumazioni e la cagnetta Nami, che aggirandosi qua e là si sarà beccata un quantitativo di grattini non indifferente.