Frantic Fest 2023, il ritorno dei vermi: l’alba dei morti striscianti
Dopo l’impagabile esperienza dell’estate scorsa, il ritorno al Frantic Fest quest’anno non solo era auspicabile ma quasi obbligatorio. Tra volontari indefessi, membri della line-up e spettatori gaudenti, siamo tornati a Francavilla al Male per la vacanza dei vermi più bella di sempre. Per agevolare la lettura di questo reportage, che gode anche delle testimonianze fotografiche di Anna Bechis, abbiamo pensato bene di ammorbarvi con un commento per ogni singolo giorno: ecco com’è proseguita l’edizione 2023 del fest dopo un Day 1 nero come la pece.
Giorno Due
A battezzare con il fuoco i presenti nel Giorno Due, i Thecodontion del nostro G.E.F., che lo scorso anno era con me a godersi l’esperienza da spettatore. Meno pubblico del giorno precedente stavolta in apertura di giornata, ma la situazione si è subito riequilibrata all’arrivo sul palco degli Slug Gore, la band di Danny Metal e Poldo, due malefici personaggi del mondo dei metallari g-g-giovani. Se l’asticella in precedenza era stata settata su death al limite del black, feroce ed efferato, i secondi hanno completamente stravolto l’atmosfera, anticipando il fil rouge del giorno: il gore-slam-core. Nomen omen per loro, come anche per i Golem Of Gore, promotori di una formula un po’ più personale rispetto ai più giovani del ravennate, che hanno comunque tirato fuori una performance accattivante, specialmente per i tanti giovani presenti.

Ad aprire le danze sul Main Stage, all’insegna del disagio e senza alcun rispetto per la formula #deathmetalmigliorailqi, i Party Cannon. Volano palloni e bolle di sapone, volano gonfiabili, volano madonne e volano pure i presenti tra le nutrite fila del pubblico che, alle 18:00 passate, affollava l’area del palco centrale sfidando il sole cocente. Per doveri istituzionali non ho fatto in tempo a godere — se non dalla lunghissima distanza — dello spettacolo dei Devoid Of Thought, ma a giudicare dai commenti e dalle reazioni di alcune persone con cui ho parlato anche loro hanno lasciato tutti contenti a suon di death metal senza pietà e marciume.
Sull’onda della studiatezza, invece, il duo Gatecreeper–Artificial Brain. I primi hanno calcato il Main Stage per una lectio magistralis degna di nota. Il giusto compromesso tra death metal e rallentamenti doom, con quella strizzata d’occhio alle melodie che, zac, prende e ti fotte il cervello. Finita la spiegazione dei professori dell’Arizona, è stata poi la volta dei fellow colleghi di New York. Anche loro chirurgici, anche loro letali, gli Artificial Brain sono stati tra le perle del giorno. Senza nulla togliere a tanti altri, ma il loro nome rientra appieno e più che meritatamente tra quelli da conoscere, per chi oggi è affezionato al death dissonante. Non per niente sono finiti anche nella nostra top 10 di settore del 2022.
Dei due nomi ultra-grossi del secondo giorno di Frantic Fest, gli Asphyx sono stati i primi a esibirsi. Una roba incredibile. E a dirlo non sono solamente io, fresco iscritto alle scuole medie del metallo dopo aver preso la licenza elementare per sbaglio il mese scorso. Una velocità, una precisione… Sono una vera macchina da guerra, questi signori qui, inutile girarci intorno. Doveva pur esserci un motivo per la loro fama. Quanto al secondo nome anticipato qualche settimana fa in uno speciale di Pillole di Male, proprio come i Calligram, i Capra sono stati la sorpresa con la S maiuscola del giorno. Il quartetto della Louisiana capitanato dall’energica Crow Lotus ha dato tutto, convincendo anche chi, più legato ai canoni classici del death, non ne ama le contaminazioni hardcore.

Secondo nome ultra-grosso, seconda performance da manuale che ha ridotto in lacrime la stragrande maggioranza del pubblico che ha riempito fino all’orlo e oltre l’area davanti il Main Stage. A guidare l’ammiraglia I Am Morbid in questa missione di guerra che porta il nome di «30 anni di Covenant, quindi ve lo suoniamo tutto e pace», David Vincent, la voce dei Morbid Angel ai tempi di Altars Of Madness, Covenant e via dicendo. Per onore di cronaca, riporto anche l’opinione di chi, di contro ai più, ha goduto solo marginalmente della performance di Vincent, Sandoval e soci. La motivazione principale: «Tutto bello, ma queste operazioni nostalgia con le cover band rattoppate a caso anche basta».
Ad avere infine l’arduo compito di chiudere baracca con un ultimo set, dopo questa valanga di emozioni, sono stati i miei conterranei Fulci. Di ritorno da un giro in Finlandia e pronti a ripartire dì lì a poco per l’America, i quattro amanti delle pellicole del maestro dell’horror non hanno avuto scrupolo dei presenti e hanno rifilato alle centinaia di persone giunte a godersi il loro mix di proiezioni e gore-death mine su mine. Ancora una giornata tutta in salita, chiusa a tarda notte con l’adrenalina ancora in circolo e i neuroni che stavolta hanno comunicato in codice morse a suon di brr-brr-tupa-tupa-brr-brr.