Frantic Fest 2023, il ritorno dei vermi: Judgement Day
Dopo l’impagabile esperienza dell’estate scorsa, il ritorno al Frantic Fest quest’anno non solo era auspicabile ma quasi obbligatorio. Tra volontari indefessi, membri della line-up e spettatori gaudenti, siamo tornati a Francavilla al Male per la vacanza dei vermi più bella di sempre. Per agevolare la lettura di questo reportage, che gode anche delle testimonianze fotografiche di Anna Bechis, abbiamo pensato bene di ammorbarvi con un commento per ogni singolo giorno: ecco com’è andata a concludersi l’edizione 2023 del fest dopo un Day 1 nero come la pece e un Day 2 del malæ ultramalæ.
Giorno Tre
La sveglia dell’ultimo giorno è arrivata con la dolceamara consapevolezza che di lì a poco la normalità sarebbe tornata a essere altra cosa rispetto alla realtà del fest. Per nostra fortuna, però, non c’è stato neppure il tempo di metabolizzare questa realizzazione, perché la caratteristica del bill del Day 3 è stata l’altissimo livello di bpm, tupa-tupa e viulenza offerto ai presenti. Unica eccezione e momento sottotono — penso il primo, se non addirittura l’unico dell’intero Frantic 2023 — si sono rivelati gli Inerdzia, che hanno aperto le danze sul Tent Stage di primissimo pomeriggio. Bene il punk scanzonato, bene la leggerezza e bene anche la presa a bene, purtroppo non benissimo la voce della cantante.
Tutto è proseguito meglio, di lì a poco, con l’arrivo dei The Marigold sullo stesso palco all’ombra. Armati di chitarra, basso, batteria e una carovana di pedali e pedalini vari a terra, i tre hanno dato fondo alle loro riserve di feedback e riff pachidermici, rivelando agli astanti il secondo leitmotiv della giornata: il doom. A rincarare la dose, con la giustezza e la severità di Bud Spencer che mangia i fagioli, ci hanno pensato poi i Tons. Per qualcuno non hanno bisogno di presentazioni, per gli altri dico solo che il loro attuale nome su Instagram è @tonsofweed666: nuff said. Sul palco, il quartetto si è mosso a proprio agio e, dall’altro lato della barricata, il pubblico — mano a mano più numeroso — ha fatto altrettanto, pogando, chillando e vibrando sotto la lenta e incombente scure doomica delle melodie dei torinesi.

A inaugurare il palco principale con un’esibizione speciale, quindi, ci hanno pensato i Conan. Forti del vero King del Frantic dietro le pelli, i tre inglesi hanno fatto sprofondare il pubblico in una spirale di riffoni a metà tra sludge e doom, diffondendo nell’aere il sulfureo odore tradizionale del concerto stoner. Sul palco con loro, il signor Welt Yama Tattoo, titolare dell’omonimo studio capitolino, che durante l’esibizione si è cimentato nella realizzazione di un quadro originale, tela poi andata all’asta. La fiumana di riffoni e distorsioni è ripresa nel giro di pochissimo dall’altro lato del Tikitaka con l’ascesa del terzo e ultimo gruppo anticipato in Pillole di Male assieme a Calligram e Capra. Anche in questo caso, nota di grande merito va fatta agli Hyperwülff: una performance grossa così, la loro, che in due hanno fatto pogare e scapocciare i presenti come fossero stati in sedici.
Una delle grandi sorprese di questa edizione del Frantic, forte anche il mio vivere in una bolla lontana dalla realtà, sono stati i Booze & Glory. Un po’ come i Plakkaggio nella scorsa edizione del festivàl della musica metallica di Francavilla, questi mattinculo da soli hanno schiodato di casa gente da tutta Italia per vederli e, durante il loro set, tra cori a mille voci, batterie punk, salti e poghi, la gente ha cacciato i sorrisi più belli di sempre. In maniera analoga a quanto successo il giorno prima con la guerra dei gonfiabili e dei super liquidator dei Party Cannon. Con l’avvento degli Straight Opposition sull’altro palco, il mood generale è leggermente cambiato. Il tendone si è stipato in un attimo di gente, tutti pronti a dare fondo alle proprie energie in poghi, mosh e tentativi di abbattere la tendostruttura allestita ad hoc lì. Dal canto loro, i pescaresi non si sono trattenuti e hanno messo in piedi uno show di totale e assoluto rispetto. Hardcore, nudo e crudo, carico di rabbia fino al midollo e messaggi sociali, arricchito dalla fulminante prova vocale di Ivan che, oltre a essere instancabile sul palco, ha macellato tutto e tutti al microfono.

La serata ha raggiunto livelli di presa bene decisamente preoccupanti quando sul Main Stage sono saliti gli Integrity. Trentacinque anni di vita e un cuore grosso così si sono visti da subito nella performance della band statunitense. Possiamo dire che al Frantic, dal 2023, è arrivato anche il metalcore? Potremmo, ma nell’unica accezione positiva che si può dare a quell’etichetta di genere. Perché quei signori lì hanno riportato i presenti per tutti i sessanta minuti del set ai migliori anni ’90: quelli più ignoranti e più veri. A proseguire l’ascesa verso il Nirvana, dall’altro lato del Tikitaka, poi, quel matto criminale di Master Boot Record. Partendo dal presupposto che infilare nella stessa giornata lui, gli Straight Opposition, i Tons e Mondo Generator è di per sé assolutamente criminale, la performance del signor MBR e dei suoi compagni di navigazione — Giulio Galati alla batteria e il funambolico Edoardo Taddei alle chitarre — è stata ben oltre il limite della legalità musicale. Chiptune, scaricate al limite del power metal, assoli degni del Turillone nazionale e avanguardia, tantissima avanguardia.
Chiaramente questa botta di lucidità andava combattuta, perciò altri veterani del metal-hardcore a stelle e strisce hanno pensato a tirare il sipario sul palco principale: i Downset. Gli anni di vita sono più o meno gli stessi degli Integrity, ma la proposta è più orientata verso quelle che poi sarebbero state le direttrici del rap metal e di un certo tipo di nu-metal. Anche qui, solo sorrisoni a 666 denti, tanta presa bene e gente che sbracciava e saltava su riff e ritmi che, a occhi chiusi, ti riportano diretti ai ’90. E, parlando degli ultimi anni del secolo scorso, a salutare i presenti c’è stato l’unico in grado di poter chiudere un festival senza far rimpiangere chi è venuto prima e al contempo lasciando tutti tumefatti e carichi a pallettoni: Mr. Nick Oliveri coi suoi Mondo Generator. Tanti estratti dal suo progetto alternative, qualche chicca dal passato direttamente dalla discografia dei sempre compianti Kyuss e via, a guidare nella notte verso il ritorno alla normalità.