SUNN O))) + Big Brave (07/09/2016 @ Kino Šiška, Lubiana, Slovenia)
Evento: | Sunn O))) + Big Brave |
Data: | 07/09/2016 |
Luogo: | Kino Šiška, Lubiana, Slovenia |
Gruppi: | |
L’annuncio di un tour dei monolitici Sunn O))) è sempre un evento destinato a causare un chiacchiericcio costante tra tutti coloro che, chi più e chi meno, hanno avuto modo di entrare in contatto con questa entità: da una parte i detrattori, i quali li definiscono rumore e nient’altro; dall’altra i fan votati alla sofferenza sensoriale che tentano (spesso invano) di spiegare il senso del drone ai primi.
La data prevista al Kino Šiška, nella meravigliosa capitale slovena, era già stata adocchiata da me e un gruppo di amici qualche mese fa per motivi puramente logistici, essendo la tappa italiana troppo distante: partiti nel tardo pomeriggio, ci ritroviamo a Lubiana intorno alle 20:00, solo in parte consapevoli di ciò che ci sarebbe stato in serbo per noi.
Big Brave
Ad aprire la serata sono i Big Brave, trio canadese che ci somministra le prime dosi di disagio sotto forma di un doom metal lento, cadenzato e dalle tonalità ribassate.
Dando un’occhiata al palco, le cose che saltano all’occhio sono due: la mancanza di un basso (sì, il muro sonoro è generato esclusivamente da due chitarre) e la presenza di una donna, Robin Wattie, dietro al microfono. La cantante e chitarrista non sembra porsi particolari problemi nel passare da parole sussurrate delicatamente a urla strazianti e cariche di malessere, il tutto ricamato sulle strutture musicali estremamente dilatate ma allo stesso tempo scandite dai massicci ritmi di Louis-Alexandre Beauregard, che sporca i suoni classici dello strumento utilizzando i componenti in maniera non convenzionale.
È un susseguirsi di accordi lenti e pesanti senza una logica apparente, che riesce però nell’intento di catturare il pubblico (purtroppo non molto numeroso durante questa prima oretta di musica), il quale dimostra il proprio apprezzamento per i tre musicisti presi sotto l’ala della Southern Lord Records di Greg Anderson e Stephen O’Malley.
I due piccoli Orange posti sopra la schiera di amplificatori vengono quindi spenti dopo un breve ma sentito ringraziamento, e i ragazzi lasciano il palco tra gli applausi generali.
Sunn O)))
L’atmosfera all’interno del Kino Šiška inizia a farsi più pesante. Il gruppo statunitense si prende tutto il tempo necessario e anche di più per prepararsi, mentre il pubblico viene inondato di fumo sulle note di una melodia orientaleggiante che fuoriesce dall’impianto. Il soundcheck ha l’aspetto di un mantra, con i musicisti che si danno il cambio sul palco per assicurarsi che tutto sia in regola, accendendo uno per uno i celebri amplificatori dai quali prendono il nome.
Calano quindi le luci con circa tre quarti d’ora di ritardo sulla tabella di marcia, ed ecco che un Attila Csihar completamente avvolto in una veste nera fa il suo ingresso, mostrando tutta la sua teatralità abbinata a dei vocalizzi che, per quanto carichi di effetti, mettono in risalto la sua indubbia espressività. Gli strumentisti si aggiungono pochi minuti dopo, momento in cui si concretizza il male all’interno della sala: le chitarre di Anderson e O’Malley creano un muro invalicabile, immerse nella brodaglia di feedback e suoni marci da esse stesse generata. Le tastiere di Steve Moore e Tos Nieuwenhuizen (quest’ultimo accompagnato da un trombone) contribuiscono al malessere generale causato dal mix di basse frequenze e volumi esagerati, che iniziano a dar fastidio nonostante i tappi ben fissati nelle orecchie.
Il concerto, se così si può definire, va avanti senza soluzione di continuità per due ore, con le cinque figure incappucciate che escono dal palco per poi ritornare, dandosi il cambio e lasciando i riflettori ora alle chitarre soltanto, ora ad Attila e i Moog infernali. Lo spettacolo è ovviamente a tutto tondo: le luci si sposano perfettamente con il senso di alienazione causato dalle onde sonore che aggrediscono fisicamente il pubblico. Guardandosi intorno si possono vedere persone che si allontanano e altre sedute per terra con la testa fra le mani.
Gli ultimi venti minuti ci regalano un finale caratterizzato da un’intensità sonora ancora maggiore e un Attila agghindato con specchi e una corona di spuntoni sul capo, il quale si lascia andare a danze demoniache per poi accasciarsi sul palco, fermo, fino allo spegnimento delle testate. Terminato l’assalto sonoro, è il momento di mostrare il lato umano per i cinque artisti, che non si risparmiano in inchini, sorrisi e ringraziamenti per un pubblico in totale adorazione.
Dopo aver visto O’Malley e soci lo scorso anno in un contesto all’aria aperta (per di più a spezzoni), la curiosità e l’attesa per questo evento erano decisamente alte. Il ritorno a casa è anch’esso fatto di sofferenza, con le orecchie in crisi nonostante i tappi, ma con la consapevolezza di aver assistito a un evento probabilmente senza eguali nell’ambito della musica estrema.