SWALLOW THE SUN – When A Shadow Is Forced Into Light Tour 2019 Part II (07/11/2019 @ Traffic Live Club, Roma)
Evento: | WHEN A SHADOW IS FORCED INTO THE LIGHT TOUR 2019 PART II |
Data: | 07/11/2019 |
Luogo: | Traffic Live Club, Roma |
Band:
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Dopo il Cult Of Parthenope Black Metal Fest dello scorso 2 novembre non credevo sarei riuscito a reggere un altro concerto, ma l’idea di perdermi gli Swallow The Sun a Roma mi faceva troppo male al cuore. Per questo motivo, forte del supporto di due brvttissimi amici, lo scorso giovedì 7 novembre sono salito da Napoli alla Capitale per la seconda tappa italiana del tour dedicato a When A Shadow Is Forced Into The Light, l’ultimo, enorme album della band di Juha Raivio e Mikko Kotamäki; supportata dagli amici svedesi October Tide e dai conterranei finnici Oceanwake. Tre band fautrici di un peculiare death-doom melodico pronte a calcare lo stesso palco al limitare del sud Italia: un’occasione più unica che rara, specialmente considerando i nomi coinvolti!
Giunti al noto Traffic Club con più di mezz’ora di anticipo sull’apertura delle porte, abbiamo notato fin da subito un piccolo manipolo di persone davanti ai cancelli, in attesa di entrare al coperto; anche per ripararsi dal clima romano, meno mite di quello attuale a Napoli, ma decisamente azzeccato per la proposta della serata. Una breve attesa, spesa chiacchierando con i primi volti familiari incontrati, e siamo dentro, pronti a goderci la prima band: i finlandesi Oceanwake. Non avevo ascoltato nulla del quintetto, se non qualche singolo via YouTube, molto casualmente, per cui ho vissuto i quaranta minuti di esibizione come un vero e proprio appuntamento al buio; a differenza della stragrande maggioranza di questi ultimi, però, il risultato è stato tutt’altro che sgradevole.
Fin da subito è stato chiaro come l’attenzione della band sia volta maggiormente nei confronti delle sfumature atmosferiche al limite del post-: i riff in pulito delle sei corde e le armonie a due voci prettamente doom del cantante Eero Haula e del bassista Tommi Vaittinen hanno saturato l’ambiente del locale, per poi sfociare in momenti marcatamente più death nel passaggio alle distorsioni. Mi è stato impossibile non notare una certa assonanza tra la loro proposta e quella degli Swallow The Sun così come degli October Tide, nel senso più positivo dell’espressione, perché è stato grazie a loro che la serata è stata così piacevolmente omogenea. I cinque di Luvia, tra l’altro, mi hanno fatto tornare in mente i connazionali Hanging Garden (che poi ho scoperto essere anche compagni di etichetta): se avete apprezzato questi ultimi, scoprirli e recuperarli vi farà altrettanto piacere!
Il tempo tecnico di un cambio palco ed è subito arrivato il turno degli October Tide. Non dovrebbero servire grosse presentazioni per la band di Stoccolma: nata nel ’94 dalla tristezza comune di Fredrik Norrman e Jonas Renkse (che si sarebbero poi ritrovati anche nei Katatonia), la formazione si è espansa ed evoluta, e ha pubblicato nel giro di cinque anni due pietre miliari del genere, Rain Without End e Grey Dawn, prima di uno decennio di iato, conclusosi nel 2010 con il loro ritorno sulle scene e l’uscita di A Thin Shell. Altri cambi sono avvenuti tra le fila del quintetto, eppure il progetto figlio del maggiore dei fratelli Norrman continua ormai ininterrottamente da dieci anni a regalarci dischi di oscura raffinatezza, incluso il loro ultimo In Splendor Below, un indiscusso contendente per il titolo di miglior album del 2019.
I Nostri si sono trattenuti sul palco del Traffic per cinquanta minuti abbondanti, proponendo brani estratti dalla loro ultima fatica (tra cui “I, The Polluter” e “Ögonblick Av Nåd”) tanto quanto perle provenienti dal passato: a un certo punto persino una “12 Days Of Rain” ha fatto capolino in scaletta, mandando in visibilio gli spettatori che affollano il locale romano assieme alla successiva “Grey Dawn”. Lo stile degli svedesi è marcatamente influenzato da quelle idee e da quegli slanci che associamo di solito ai Katatonia fino ai primi ’00, eppure il risultato finale è indubbiamente unico, oggigiorno: una mistura di genere sempre maggiormente tendente verso il death più che verso il doom, con alcuni spunti black a fare capolino qua e là, specialmente nella performance del cantante Alexander Högbom, apparentemente in gran forma.
Il set messo in scena dagli October Tide è stato davvero soddisfacente e si è concluso con due fantastici brani estratti da Tunnel Of No Light (rispettivamente “Caught In Silence” e “Adoring Ashes”), tra gli applausi dei presenti.
Nel parlarvi dello spettacolo degli Swallow The Sun, se così si può definire la loro esibizione, sono un po’ in difficoltà. Non ci sono davvero parole per cogliere appieno la grandiosità di quanto messo in atto dalla macchina finlandese: oltre un’ora di perfezione, di assalto emotivo e di violenta oscurità. Credo in realtà che un concerto della creatura di Juha Raivio e soci sia un evento fortemente privato, che ognuno degli astanti vive in maniera personale. Puoi essere in mezzo a dieci persone come in mezzo a mille: quando rintoccano le campane, il funerale inizia e ognuno piange i propri morti per conto suo. Per giunta, nessuno dei maledettissimi membri della formazione di Jyväskylä ha dato meno del 2000% e il risultato è stato oltraggiosamente magnifico.
I presenti hanno cantato assieme a un Mikko spaventoso e monolitico, fatto i cori con il nuovo arrivato Jaani Peuhu dietro le tastiere e ammirato il magistrale lavoro alle chitarre di Juha e Juho (Räihä, anch’egli di recente unitosi alla band) così come quello della sezione ritmica, composta da uno Juuso Ratikainen dietro le pelli in forma smagliante e dal bassista Matti Honkonen, incapace di starsene fermo sul palco. Nessuno dei grandi inni al dolore della band finlandese è stato risparmiato: dai più recenti “When A Shadow Is Forced Into The Light”, “Firelights”, “Clouds On Your Side”, “Upon The Water” e “Stone Wings”, estratti dalla loro ultima gemma When A Shadow Is Forced Into The Light, si è andati indietro a “Lost & Catatonic” (Songs From The North I), “Cathedral Walls” ed “Emerald Forest And The Blackbird” (dall’omonimo Emerald Forest And The Blackbird) fino a toccare i dischi del loro esordio.
Ascoltare dal vivo i primi due capitoli della saga dell’orrore, “Swallow (Horror Pt. I)” da The Morning Never Came e “Don’t Fall Asleep (Horror Pt. II)” da Hope, è stato al limite dell’allucinante ma ammetto che la mazzata definitiva me l’hanno data con “New Moon”: il disco omonimo è stato, probabilmente, il primissimo album estremo che abbia mai acquistato e quella canzone mi è rimasta dentro da allora.
Non ci sono parole per descrivere la bellezza di questa serata organizzata da No Sun Music al Traffic Club di Roma, sarò onesto. Le tre band esibitesi hanno fatto un lavoro egregio, il pubblico è stato abbondante e ha partecipato attivamente durante tutto lo spettacolo e l’intera situazione è stata più che piacevole. Notare tra i presenti entrambi i fratelli Orlando dei Novembre assieme a membri di altre band locali come gli Shores Of Null e i Black Therapy è stata una gran sorpresa, ma la ciliegina sulla torta è stata data dai membri delle stesse band giunte dalla penisola scandinava: dai Norrman degli October Tide a Mikko e Juha degli Swallow The Sun fino ai ragazzi degli Oceanwake, tutti sono rimasti in giro molto amichevolmente a parlare coi presenti, a firmare dischi e farsi scattare foto.
Il viaggio di ritorno da Roma a Napoli è stato lungo e rallentato da banchi di nebbia ma per forza di cose piacevole: dopo un concerto del genere non poteva essere altrimenti. La voce di quella gentildonna di Chelsea Wolfe ci ha riaccompagnati in Campania, tuttavia dalla mia testa non è andata via nemmeno per un secondo la voce di Mikko che sussurrava di «non addormentarmi»; per quanto mi riguarda, dopo quella serata al Traffic, «il mattino successivo non è mai arrivato».