WITTR + Incantation + Stygian Bough | Aristocrazia Webzine

WOLVES IN THE THRONE ROOM + Incantation + Stygian Bough (26/10/2022 @ Orto Bar, Lubiana)

Il programma concertistico autunnale è notoriamente fitto, ma quello del 2022 lo è ancora di più, nonostante la mancanza di maestranze e i costi proibitivi stiano costringendo molti gruppi — soprattutto d’oltreoceano — a dare forfait. Altrettanti sono i tour recuperati dopo il nefasto biennio 2020-2021: uno di questi è capitanato dai fratelli Weaver e dai loro Wolves In The Throne Room, programmato per lo scorso autunno e traslato alle settimane correnti. Il programma è identico, meno un po’ di blood: il posto dei Blood Incantation, previsti di spalla insieme a Stygian Bough, è stato preso dagli Incantation e basta, senza probabilmente alterare l’esito quantomeno della data slovena per la quale ho avuto il piacere di imbracciare per la prima volta una reflex a un concerto e bestemmiare riuscire a immortalare il tutto.

Appena arrivato, le prime — lunghissime — note della premiata ditta Bell Witch & Aerial Ruin risuonano già nell’angusto Orto Bar di Lubiana. Costretti a muoversi su una superficie calpestabile davvero minima, ma considerati i ritmi pachidermici me li immagino a proprio agio, gli Stygian Bough hanno quaranta minuti a disposizione, giusto il tempo per proporre ben due pezzi. Durante “The Bastard Wind” e “The Unbodied Air” il pubblico è ancora poco folto, molti avventori sono ancora al bancone, ma per chi c’è il trasporto emotivo è notevole, di poco inferiore a quanto generato dall’unico, catartico disco del trio americano. Bravi, belli e decadenti.

Il gruppo successivo è preceduto dalla barba — e dalla pancia da birra — di John McEntee, unico membro originale e nucleo storico degli Incantation insieme a Kyle Severn dietro le pelli, sostituito dal vivo dal giovane C. Koryn. Ammetto la mia discreta ignoranza riguardo la produzione del quartetto statunitense, ma mi piace pensare che proprio grazie a ciò mi sono goduto l’esibizione senza particolari preconcetti, sia positivi che negativi, anche se questi ultimi non dovrebbero neanche esistere: un rullo compattatore fatto di chitarroni old school e blast beat, una scaletta che pesca in maniera equa dalla discografia — con una leggera preferenza per Mortal Throne Of Nazarene e l’ultimo Sect Of Vile Divinities — e suoni impeccabili, giusto un po’ impastati nei momenti più concitati.

Rispetto ai Blood Incantation, McEntee e soci hanno la storia dalla loro parte e, pur non avendo un’idea chiara sulla composizione del pubblico, è possibile che abbiano convinto quella parte di spettatori che ritiene i Wolves In The Throne Room poco trve. Che sia così o meno, i vari moshpit e le espressioni compiaciute dei musicisti non hanno lasciato dubbi su questo ripiego di primissima qualità.

Durante l’allestimento del palco per gli headliner, con gong, rami e vegetazione varia in stile paganeggiante, una parte di me freme emozionata, l’altra inizia a imprecare preventivamente per le condizioni di luce proibitive. I Wolves In The Throne Room sono ormai un trio dal 2017, seppur con un Kody Keyworth a malapena riconoscibile dopo un drastico cambio di capelli, accompagnati da Galen Baudhuin al basso.

Per coloro che avessero vissuto sotto un masso negli ultimi quindici anni, i fratelli Weaver hanno attuato un notevole processo di raffinamento della loro musica, che dai tempi di Diadem Of 12 Stars è arrivato a un black molto più accessibile con i recenti Thrice Woven e Primordial Arcana. Volendo tracciare una linea di demarcazione tra vecchi e nuovi Lupi con Celestite, la scaletta della serata è perfettamente equilibrata, con la sola eccezione del debutto. Alle più datate “Vastness And Sorrow” e “I Will Lay Down My Bones Among The Rocks And Roots” si contrappongono “Mountain Magick” e “Spirit Of Lightning”, ad “Angrboda” fa da contraltare “Prayer Of Transformation”: tutto perfettamente amalgamato, complici anche i ruoli perfettamente integrati dei quattro musicisti e alla loro identità ormai ben definita, e calato in un’atmosfera perfetta fatta di fumo, incensi e penombra costante.

L’interazione con il pubblico è pari a zero, ma meglio così: data l’impostazione quasi ritualistica del concerto, sarebbe stata un’inutile forzatura. Per fortuna, questa volta i Wolves In The Throne Room si sono portati qualcosa in più di una manciata di candele e questo ha fatto sì che qualche foto nella scheda di memoria fosse recuperabile. Un sentito ringraziamento agli dèi dell’improvvisazione e dell’arrangiarsi.