Nove dischi del 2020 per godersi l’autunno
Che lo si veda come la meritata stagione della ripresa dopo l’insopportabile calura estiva, come la triste triade di mesi in cui il tempo si fa perennemente uggioso e gli alberi spogli assieme alla pioggia non lasciano scampo alla malinconia, o come quel periodo dell’anno pieno di ricorrenze improbabili (come Halloween, ovvero il giorno in cui tutti i timoratididdio si ricordano in blocco che prima dell’invenzione del cristianesimo esistevano altre credenze), l’autunno è bello.
Molte opere d’arte sono state dedicate alla stagione di Mabon e Samhain, ma non tutte le rendono adeguatamente giustizia; ogni riferimento a “Eternal Darkness” dei Wintersun, terza traccia del loro ultimo nonché osceno The Forest Seasons (Nuclear Blast Records, 2017), è assolutamente non casuale. È invece sulle note di una ben più rappresentativa poesia di E. E. Cummings che chiudo questa introduzione e lascio il lettore a questa lista di dischi da godere al massimo durante la prossima manciata di settimane, con la pioggia e il vento ad accompagnare le foglie secche nel loro viaggio verso il terreno, una breve raccolta di album usciti quest’anno che ben si sposano con le atmosfere di questa splendida stagione.
Vvilderness
Dark Waters
(Autoprodotto)
Chitarre acustiche, atmosfere eteree, post-black metal, ma soprattutto Natura: è su questo che il promettente progetto ungherese Vvilderness basa la sua esistenza. Dopo il debutto con Devour The Sun (autoprodotto, 2014), la one man band di Ferenc “vvildr” Kapiller (Realm Of Wolves) è tornata a far parlare di sé all’inizio di quest’anno. Dark Waters ripropone tutte le migliori qualità della creatura di lontana origine siculi, alternando sferzate melodiche ed epicheggianti a momenti di placida quiete, cantando inni alla Dea Madre in previsione del collasso dell’umanità, ammirando il cielo nel suo assoluto splendore e porgendo i propri omaggi ai panorami transilvani dei suoi antenati. Un po’ come gli arcobaleni, è con l’arrivo della pioggia che possiamo cogliere appieno la bellezza della proposta di vvildr: e quale momento migliore se non l’autunno, per un ascolto del genere.
Karg
Traktat
(AOP Records)
Checché si pensi degli Harakiri For The Sky e di tutto quanto connesso alla produzione artistico-musicale di J.J. e M.S., non si può — e non si dovrebbe — commettere l’errore di traslare considerazioni preesistenti anche sui Karg. La creatura del solo J.J. nacque ben prima che il duo rubasse il nome a un brano del norvegese Snöras e taglia quest’anno il traguardo del settimo album in quattordici anni di attività. Traktat non si discosta particolarmente dalla produzione passata del progetto austriaco, proseguendo nella sua instancabile unione di black metal, hardcore e post-cose, tagliando la miscela finale con disperazione, dolore e urla strazianti, e i risultati sono sempre di ottima qualità. Chiaramente non è una proposta per chi ha in culo un palo spesso quanto il collo di George Fisher: se pensi che un sound così pulito e contaminato non sia abbastanza trve, passa pure avanti.
Lustre
The Ashes Of Light
(Nordvis Records)
In seguito a un decennio di attività, i Lustre di Nachtzeit si sono presi un anno sabbatico per poi tornare alla carica, dopo la pubblicazione dei due volumi della compilation intitolata Another Time, Another Place, con un nuovo album. The Ashes Of Light ha visto la luce (pun intended) sul finire di marzo, confermando l’ottimo stato di salute della creatura svedese: i mesi di stacco hanno giovato all’ispirazione dell’artista di Östersund, apparentemente diminuita dalla seconda metà del 2016 in poi. Le gelide melodie di tastiera di Henrik Sunding si intersecano con i classici mid-tempo di matrice black-atmosferica, creando intrecci melliflui pronti in ogni istante a irretire l’ascoltatore come musica nella notte. The Ashes Of Light si è fatto attendere, ma ora è il momento giusto per goderselo in assoluta contemplazione, senza ombra di dubbio.
Clouds
Durere
(Autoprodotto)
A saziare l’enorme desiderio di doom connaturato in questo listone ci sono i Clouds, il progetto internazionale gestito da Daniel Neagoe (attivo, tra le varie cose, con Aeonian Sorrow, Pantheist e unica mente dietro i Bereft Of Light di Hoinar), giunto quest’anno alla pubblicazione del suo quinto album. Durere, come tutte le altre uscite firmate dalla multiforme e cangiante creatura, vede la luce in prima battuta come autoproduzione, cosa che continua a lasciarmi stupito: mi pare assurdo che a nessuna etichetta di settore sia mai passato per l’anticamera del cervello di mettere la furia devastante di Neagoe e soci sotto contratto. Perché il doom atmosferico di Durere è — ancora una volta — pesante, opprimente e minaccioso proprio come un enorme cumulonembo nero pece squassato dai fulmini che si staglia severamente sopra le nostre teste in una tipica giornata autunnale.
Sadness
Alluring The Distant Eye
(Autoprodotto)
Partiti con una band europea, ora ci spostiamo nel Nuovo Continente che da sempre affascina l’occhio lontano. Di Sadness e di Damien Ojeda avevo già avuto il piacere di scrivere in occasione dell’uscita di Leave e, successivamente, di Circle Of Veins (entrambi usciti per Flowing Downward, rispettivamente nel 2018 e nel 2019) e, com’era prevedibile, il Nostro non è rimasto con le mani in mano nell’ultima manciata di mesi. Tre split, tre album e due EP fanno compagnia ad Alluring The Distant Eye, che ha visto la luce lo scorso marzo e raccoglie altri quattro giganteschi monoliti di black metal atmosferico e deprimente, tra cui figura “Cerulean”, la traccia autunnale di Sadness. Perché anche il cielo più scuro e fitto di nuvole spaventose, alla fine, si sgombra e lascia spazio… al vuoto, quello opprimente.
Aleah
Aleah
(Svart Records)
Sebbene ci siano gruppi e progetti decisamente molto estremi in questa lista, il titolo più pesante del lotto è senza ombra di dubbio questo. Se non sai chi sia Aleah, pentiti e recupera sia i Trees Of Eternity che gli Hallatar. Se sei a conoscenza della sua storia, allora vieni a piangere con me. Non mi scoccerò mai di incensare la cantante svedese né smetterò di suggerirne l’ascolto a chiunque mi si pari davanti, chi mi conosce sa bene quanto sia un disco rotto. Ecco, è con queste premesse che sto qui a scrivere di Aleah, una raccolta di idee e brani ritrovati dal suo compagno Juha Raivio in un vecchio hard disk, risistemati (nel primo disco) e riarrangiati (nel secondo) per far sì che l’eredità musicale della Stanbridge potesse essere resa disponibile ai suoi fan fino all’ultimo. Teniamo vivo il suo ricordo, una lacrima alla volta.
Autumn’s Dawn
Dying Ember
(Autoprodotto)
L’estate è finalmente finita e, quando anche l’ultimo tizzone carbonizzato morirà, potremmo dire di essere pronti a goderci appieno l’autunno. A privare ulteriormente di ossigeno le fiamme della speranza ci pensano gli Autumn’s Dawn di Tim Yatras e Matthew Bell, due nomi che ti suoneranno assolutamente familiari se ti sei avvicinato anche solo per sbaglio alla scena estrema australiana. C’è voluto qualche anno prima che il duo atmospheric-depressive black desse un seguito al suo primo album, Gone (Eisenwald Tonschmiede, 2014), ma l’attesa sembra essere valsa la pena. Se sei alla ricerca di un sottofondo per contemplare lo scorrere del tempo, ammirando la pioggia scrosciante o la caduta delle foglie dagli alberi, Dying Ember può essere un ascolto che fa al caso tuo.
Cancer
Opioid
(Autoprodotto)
Restando in Australia e su lidi particolarmente deprimenti, fanno parte di questa lista anche i Cancer (da ieri noti come Woewarden). Dopo la pubblicazione di un primo album (Into The Heartless Silence, Throats Productions, 2018) con una formazione più nutrita, la creatura di Perth è attualmente gestita dai soli Dan Jackson (polistrumentista) e John Pescod (voce); il merito di Opioid, in questo senso, è unicamente loro. Basato su Le Confessioni Di Un Mangiatore D’Oppio e dedicato alla memoria di Thomas De Quincey, il duo ci lancia in un assalto frenetico e senza sosta alla nostra psiche con indefessa tenacia, tra urla annichilenti, riff sempre melodici e blast beat incessanti. Perché godersi l’autunno è un conto, ma superarlo con tutte le facoltà mentali intatte è un altro discorso, soprattutto con la possibilità non esattamente lontana di un nuovo lockdown. In questo senso, gli ex-Cancer ci offrono un’ottima via di fuga.
Aged Teen
On A String
(Autoprodotto)
In chiusura, ma non perché meno importante, c’è On A String, il quinto album del mio conterraneo Aged Teen. Sarà che negli ultimi anni ho avuto la possibilità di immergermi un po’ più in profondità nella cosiddetta scena locale, ma questa lista meritava un nome italiano, e quello di Dario Guarino calza a pennello. L’artista, armato della sua fedele chitarra acustica, ha pubblicato il suo quinto album — al momento solo in digitale — in piena estate e già dal primo ascolto non sono riuscito a resistere al richiamo malinconico della musica. Tra sensazioni ottantiane e influenze che spaziano dal blues al rock, al gothic, al folk, il nostro adolescente invecchiato ci regala un distillato di romantica nostalgia che, attenzione, fa davvero male. Un ottimo ascolto per le sere autunnali più tormentate.