La sottile linea tra il metal e lo schifo
Con l’avvento di Internet e soprattutto dei social network, tracciare la linea di confine tra uomo e artista è sempre più complicato, e in alcuni casi è del tutto impossibile. E proprio in questi ultimi mesi i metallari sembrano impegnarsi tantissimo per rendere questo confine sempre più sfumato, perché i casi di cronaca, anche molto gravi, legati a figure più o meno conosciute nella scena sembrano moltiplicarsi sempre di più.

Mettendo da parte i siparietti burzumiani, che tra un Aranzulla ebreo e un Salvini mediorientale ormai sono grotteschi oltre ogni dire, è di qualche giorno fa la notizia che l’ex-chitarrista dei Manowar Karl Logan si è dichiarato colpevole di aver scaricato e conservato materiale pedopornografico e ora rischia minimo venticinque anni di galera. Sempre pochi giorni fa, l’ex-chitarrista degli Absu Melissa Moore ha fatto ulteriore chiarezza sulla discriminazione di cui è stata vittima da parte dei suoi compagni di band, in particolare del fondatore Russell “Proscriptor McGovern” Givens, a causa della sua transessualità. Poche ore prima di scrivere questo articolo è poi venuta alla luce un’altra porcata, di portata mediatica sicuramente minore, ma non meno ripugnante: Ronald “Ebola” Rodriguez, veterano dell’underground spagnolo alle spalle del progetto Cryfemal, nel 2019 è stato accusato di tentato stupro, e sembra che il fatto non abbia avuto risvolti legali perché, stando alle accuse della vittima, il padre di Rodriguez è membro del consiglio di Stato spagnolo (non ho trovato corrispondenze in merito, per cui mi rimetto a quanto dichiarato dalla ragazza vittima delle molestie). Di storie come queste, purtroppo, ce ne sono a vagonate. Leviathan, Inquisition, Vektor, la lista è lunga e ovviamente Metal Sucks ne tiene un preciso e corposo archivio.
Il nostro orizzonte rimane quello musicale, ma viviamo nel mondo reale, ed è ingenuo pensare che questo non abbia alcun impatto sulla musica, così come che la musica non abbia alcun punto di contatto con il mondo reale, perché i due ambiti non sono mai interpretabili in maniera totalmente avulsa l’uno dall’altro. A fronte di condanne da parte di tribunali (o anche di semplici patteggiamenti), poi, è difficile fare come se niente fosse. Alla luce di tutto questo, una domanda che ha senso farsi è: come si devono comportare tutti quegli appassionati che giocano a chiamarsi stampa specializzata? Quasi nessuno dei cosiddetti giornalisti metal è davvero giornalista, la maggior parte di noi sono semplici appassionati che investono il proprio tempo libero scrivendo di musica, per cui non c’è nessuna etica professionale, nessuna deontologia cui fare riferimento. Possiamo dire, scrivere e comunicare il cazzo che ci pare. Possiamo scegliere di credere a Wrest quando dice che la condanna per violenza domestica aggravata è del tutto ingiusta e credere a Dagon quando sostiene che la pornografia nel suo PC era solamente adulta, oppure possiamo dubitare di queste dichiarazioni. In ogni caso, l’ingombro di queste vicende extra-musicali impedisce di chiudere gli occhi e voltarsi dall’altra parte.
Certo, il metal, soprattutto quello estremo, è un genere di eccessi, che predica l’odio e l’intolleranza nei confronti del prossimo, ma per quanto io possa sperare (e lo spero) in un inverno nucleare che ci liberi dalla stupidità della razza umana domani, picchiare a sangue una donna da ubriaco, tentare di abusarne sessualmente, essere nazisti, omofobi o pedofili, sono cose lontane da qualsiasi immaginario, anche quello black metal, perché nemmeno il black metal è una scusa sufficiente per essere degli uomini di merda.

Non c’è una linea precisa, non esiste un confine che permetta di decidere in modo semplice e chiaro di cosa sia giusto parlare e cosa invece sarebbe bene escludere, e in diversi si sono già interrogati sulla questione, anche su piattaforme molto più grandi e visibili di questa. L’unica soluzione è quella di comportarsi secondo coscienza, e la mia coscienza mi guarda storto se do visibilità a certi personaggi in modo acritico, senza problematizzarne determinati aspetti. La scelta di far finta di nulla è ipocrita, nel migliore dei casi superficiale, e sono convinto che sia una delle cause per cui oggi la stampa di settore (virgolette d’obbligo), di qualsiasi settore, è poco più di un circolino per gli addetti ai lavori, troppe volte utile quanto un culo senza buco. La critica, in questo caso musicale, non è passare in rassegna un album dietro l’altro, dandone una descrizione generica e mettendo un numerino alla fine; la critica è «la facoltà intellettuale che rende capaci di esaminare e valutare gli uomini nel loro operato e il risultato o i risultati della loro attività per scegliere, selezionare, distinguere il vero dal falso, il certo dal probabile, il bello dal meno bello o dal brutto, il buono dal cattivo o dal meno buono». E quindi se io non esamino, non scelgo, non distinguo, non sto facendo critica. Nel migliore dei casi sto facendo promozione, nel peggiore sto scrivendo una lista della spesa, banalizzando questioni di importanza enorme.
La valutazione, la scelta, la critica che faccio, e che con me fanno gli altri ragazzi e ragazze che lavorano a questa webzine, è quella di cercare di non dare spazio a musica che coinvolge esseri umani le cui idee e i cui comportamenti vanno contro i miei e i nostri principi, e se lo faccio, di fare del mio meglio per affrontare questi temi, questi problemi, in modo approfondito, senza alibi, critico. Ecco perché oggi da questo sito spariscono gli articoli che riguardano gli Inquisition, i Dark Fury, i Cryfemal, Burzum e alcuni altri. Non significa che non parleremo mai più di queste band, ma se succederà, cercheremo di farlo in modo diverso. Non saranno le poche centinaia di visite al giorno di Aristocrazia a cambiare qualcosa, ma almeno avrò e avremo preso una posizione in merito a un argomento che fa sempre più schifo ogni giorno che passa, e da qualche parte bisogna pur cominciare.