"Un euro può bastare" - Gennaio 2022 | Aristocrazia Webzine

Un Euro Può Bastare: i consigli del mese su Bandcamp – gennaio 2022

Bandcamp, per l’amante del metal estremo, è un po’ un piccolo angolo in cui sentirsi a casa. È utilissimo non solo per ascoltare e sostenere band già note ma anche per andare alla ricerca di progetti nascosti, sconosciuti ma comunque validi. C’è tutto un sottobosco di artisti — spesso esordienti e giovani — disposti a sacrificare il mero guadagno pur di condividere la propria musica. Nasce così Un euro può bastare, una nuova rubrica nella quale andremo a presentarvi dieci tra i migliori album, EP o demo usciti nel mese appena concluso e messi a disposizione del pubblico gratuitamente; ovvero con la formula name your price, per usare il gergo di Bandcamp.

Un paio di regole e indicazioni relative alla selezione delle opere: presenteremo solo lavori di band sconosciute e, tendenzialmente ma non tassativamente, esordienti. Per fare un esempio, non parleremo del pur ottimo Reverence dei Det Eviga Leendet, in quanto band già affermata nell’underground estremo e giunta al secondo album. Sono ammessi invece anche lavori pubblicati da etichette discografiche, purché la band rispetti i crismi di cui sopra. Infine l’ordine nel quale presenteremo le opere non è meritocratico né segue logiche di preferenza, ma rispetta la semplice cronologia delle pubblicazioni, dalla più lontana alla più recente.

Detto ciò, possiamo cominciare. Alcuni dei progetti verso i quali rivolgeremo i nostri riflettori sono Directional, Oros, Consummatio e kuutamo.


1. uiv – Frigus (blackened death metal, EP, autoprodotto)

Non si sa granché di questa band, come d’altronde non si sa molto di alcuni degli altri progetti che presenteremo oggi. Ciò che è dato sapere è che gli uiv provengono da Boston, hanno rilasciato un demo nel 2017 (Solis) e che Frigus è la loro seconda creazione. Siamo davanti a un black-death dalle forti tinte atmosferiche e progressive, che guarda a formazioni come Ulcerate e Imperial Triumphant per tessere le proprie trame iper-dissonanti. È difficile individuare un momento saliente tra i cinque pezzi che riempiono i ventidue minuti dell’EP, in virtù della grande varietà di paesaggi sonori delineati dal gruppo. Le coordinate musicali sono ben precise: dissonanze spinte all’estremo (“Frozen Tributaries” è una costante pugnalata al concetto di eufonia), una batteria formidabile e schizofrenica, un growl cavernoso che molto ben si amalgama al contesto in cui è inserito. La qualità della proposta è tale da dare la sensazione di trovarsi davanti a una band esperta, con musicisti che masticano blackened death da decenni. E forse è così, ma non avendo alcuna informazione ci accontentiamo di godere dell’ottima musica di Frigus e di regalare al progetto un po’ di (meritatissimo) spazio sulle nostre pagine.


2. Niemandswasser – Endless (ambient doom metal, album, autoprodotto)

Altro progetto avvolto dal mistero, i Niemandswasser portano nelle nostre orecchie l’infinita malinconia del gelo russo. Quello di Endless è un doom metal (molto doom, meno metal) le cui asperità sono addolcite da soffici sintetizzatori ambient. La nebulosa copertina, di difficile decifrazione, riesce a trasmettere quel senso di tristezza e smarrimento che i circa quaranta minuti di musica strumentale evocano. Ascoltando e riascoltando Endless ho pensato che il miglior modo per descriverlo potrebbe essere il seguente: come suonerebbe la musica di Wintherr se Paysage D’Hiver fosse un progetto ambient-doom. Non tanto per lo stile ma per la forza delle emozioni che l’ascolto delle due band provoca. Certo, non si può dire che il debutto dei Niemandswasser sia scevro di difetti: a tratti la musica viene allungata senza alcun reale motivo, annacquandone la potenza evocativa (si vedano gli undici minuti di “Moon”) e appesantendone l’ascolto. Anche i numerosi assoli di chitarra — appena sussurrati, tenuti bassi e distanti nel missaggio — offrono alcuni momenti nei quali vien da pensare che sarebbero potuti esser scritti ed eseguiti meglio. Nonostante ciò, se con questa rubrica mettessimo in palio dei premi, a Endless spetterebbe sicuramente quello per il disco più emozionante.


3. Чернъ – Вечный Сон (black-death metal, EP, autoprodotto)

Rimaniamo in Russia per conoscere i Чернъ (che, latinizzato, dovrebbe essere Cern) e il suo EP di debutto intitolato Вечный Сон (Vjechnyj Son). Con queste otto tracce la band sembra non tanto voler realizzare un lavoro compiuto quanto creare un portfolio per mostrare le proprie eccellenti doti tecniche e compositive. Nessun pezzo, infatti, raggiunge i tre minuti. Si tratta piuttosto di otto assaggini di extreme metal roccioso, guidato da riff di matrice death variamente accompagnati da differenti companatici: doom, black, folk. Ce n’è davvero per tutti i gusti. Non si tratta però di un miscuglio confusionario: è presente una coerenza interna all’intero EP che rende l’ascolto fluido e godibile. Frustrato solo dalla natura lancio-il-sasso-e-nascondo-la-mano dei brani. Urge quanto prima un lavoro più completo, ma le basi ci sono, e solidissime.


4. Directional – Invasive (sludge, album, autoprodotto)

Vi svelo un retroscena: ho cominciato a pensare a un format di questo tipo quando ho ascoltato per la prima volta Invasive. Il primo album della misteriosa band sludge-doom svedese Directional è qualcosa di straordinario. Le sue cinque tracce sono violente, fangose, pesanti come il mondo stesso. Quello dei Directional è uno sludge infuso dello spirito black metal. I brani fanno della ripetizione ipnotica un importante elemento estetico, ma ciononostante godono di una intelligente varietà. Ad esempio, “Preaching The Ineffable” è suddivisa in due sezioni: la prima si sviluppa attorno a riff stupendamente ridondanti; la seconda, invece, diventa più atmosferica e inquietante. Invasive è iniettato di poche idee ma tutte stupendamente realizzate. I Directional vanno decisamente tenuti d’occhio: in futuro potrebbero regalare diverse soddisfazioni.


5. Consummatio – Desaevio (black metal, album, Death Prayer Records)

Dal Portogallo proviene un’altra formazione avvolta dal mistero: i Consummatio, dediti a un black metal crudo e atmosferico. Desaevio, album di debutto, è un lavoro le cui radici affondano nelle regioni più sporche, oscure e deprimenti del black metal. Sembra di assistere a una fusione delle Légiones Noires (Belathauzer, Vlad Tepes, Aäkon Këëtrëh, ecc.) con lavori come Burzum o il demo A Gate Through Bloodstained Mirrors di Xasthur. Violento, sporco, distante come il mondo quando si è sul punto di morire: i Consummatio non si fanno alcuna remora a produrre musica che gli standard sociali definirebbero brutta e sgradevole. I portoghesi vogliono ferire l’ascoltatore e buttarlo nel più mesto degli stati d’animo. Lo scream dell’ignoto cantante è lacerante. La musica della band trova il suo momento apicale in “Transformação”, un pezzo straziante come pochi se ne sono sentiti negli ultimi anni: i riff di chitarra e la voce disperata definiscono un dipinto malinconico e doloroso, sofferto. Non ci fosse stato Endless, forse il premio lacrima d’oro di questa prima puntata sarebbe stato vinto da Desaevio.


6. Hideous Cult – Them (death-doom metal, demo, autoprodotto)

In fatto di extreme metal dissonante la Spagna ha sicuramente un ruolo importante, Altarage e Teitanblood docent. Ma se queste due band applicano il concetto a un death metal piuttosto spinto, gli Hideous Cult seguono una traiettoria differente: è il doom metal a essere corrotto da sbilenche disarmonie. Le due tracce di Them, prima demo della one man band iberica, hanno una forma piuttosto semplice. Non troviamo particolari virtuosismi tecnici o idee brillanti, né in “Messiah Of Evil” né nella title track. La linearità delle due composizioni, tuttavia, non deve essere intesa come banalità, perché questi nove minuti di musica son tutto meno che banali. Them è molto guitar-driven, le sei corde si stratificano e si intrecciano per creare tessuti musicali densi. Solitamente sono due le chitarre che si possono sentire: una che funge da sfondo e che dipinge riff semplici e fumosi; l’altra che danza sopra la prima, proponendo soluzioni più complesse. I primi secondi della title track sono un ottimo esempio della struttura delle canzoni. Il demo è sostanzialmente strumentale, non troviamo mai parti cantate: la voce è affidata a campionamenti estrapolati da non meglio precisate fonti (non è dato sapere se film o programmi tv), tuttavia non si tratta di una soluzione particolarmente azzeccata, perché pur non essendo mai invasivi, specialmente nel mixing, distolgono un po’ l’attenzione dall’ottimo comparto musicale. Ma non ci si può certo aspettare la perfezione alla prima prova di una sconosciuta one man band, no? Attendiamo con pazienza di ascoltare nuovi lavori degli Hideous Cult.


7. Sfeerverzieker – Wrath Of The Child (sludge, EP, autoprodotto)

Ritorniamo nel fangoso territorio dello sludge, ma spostiamoci in Olanda. Gli Sfeerwerzieker propongono una differente lettura del genere rispetto ai Directional: Sven (ebbene sì, habemus nomen!) fa collidere la gravità dello sludge con la veemenza del thrash-speed metal. L’ultimo paio di minuti di “II” sono emblematici dello stile del musicista e un ottimo esempio di come due generi apparentemente così distanti riescano a coesistere. Strati su strati su strati di chitarre rendono i tre brani densissimi, difficili da digerire, ma come ogni cosa difficile anche estremamente soddisfacenti. Lo scream di Sven sembra derivare dal crust punk, è corrosivo e sembra voler sovvertire il mondo. Anche in questo caso, come in Them, si trovano dei campionamenti vocali: a differenza degli Hideous Cult, tuttavia, qui sono molto ben amalgamati alla musica e Sfeerwezieker li fa passare attraverso filtri che li rendono metallici e graffianti, trasformandoli in veri e propri strumenti aggiunti a quelli tradizionali. Che il mese di gennaio 2022 sia il mese dello sludge?


8. Oros – Orogenesis (death metal, EP, autoprodotto)

Primo progetto odierno di cui si conoscano nomi e cognomi di tutti i membri, Orogenesis degli statunitensi Oros offre un quarto d’ora di death metal spiccio, senza peli sulla lingua né arzigogolati orpelli. Guardando la copertina, prima ancora di ascoltare la musica che vi si cela dietro, si potrebbe pensare a un lavoro che si rifà a The Valley dei Whitechapel: tinte arancioni, paesaggi di montagna e vallate. All’atto pratico invece gli Oros seguono tutta un’altra strada rispetto ai colossi deathcore. I tre brani, infatti, sembrano più vicini all’interpretazione del death metal dei Carcass. Le due chitarre di Matthew Mehrian e Joe Kester (che si occupa anche della voce) sanno creare muri di suono imponenti ma anche muoversi sinuose durante gli assoli, che a tratti accolgono pure il concetto di melodia. Degno di menzione è anche il basso di Torin Harris, messo in bella mostra in fase di missaggio da Al Carrillo; che compare anche come session man, unico membro esperto degli Oros, per quanto concerne la drum machine. Un debutto folgorante, dunque, per il trio del Colorado, che lascia molto ben sperare per il futuro della band.


9. kuutamo – Demo I (black metal, demo, autoprodotto)

E dopo ben due progetti con musicisti identificati, è giunto il momento di rituffarci nell’anonimato e nel mistero. E lo facciamo tornando ancora in Russia con i kuutamo e il loro primo lavoro, Demo I. Anche in questo caso, come già per il debutto dei Consummatio, il black metal proposto si inserisce nella tradizione lo-fi del genere. Cambiano però i modelli di riferimento. I kuutamo, infatti, paiono volersi appropriare di e rielaborare lo stile di band geograficamente e culturalmente più prossime a loro, come gli ucraini Hate Forest e Moloch o i conterranei Ithdabquth Qliphoth e Old Wainds. La chitarra, estremamente distorta come vuole il bon ton black metal, proietta l’ascoltatore in un territorio lontano, schiacciato tra il suolo gelido dell’inverno russo e l’infinito del cielo stellato. La materia grezza che compone questi undici minuti di musica oscura e selvaggia è un invito alla contemplazione del mondo, è il perverso amore per la terra.


10. Thevrgist – The Gnawing Fires (blackened death metal, demo, autoprodotto)

Per l’ultima tappa del nostro viaggio ci spostiamo in Germania, affrontando forse il lavoro più oscuro, cavernoso e ostico di questo primo appuntamento. I Thevrgist esordiscono con una demo, The Gnawing Fires, che offre un solo brano di quasi nove minuti. Le fonti di ispirazione sono palesi sin dalla copertina e risiedono sotto quella tetra cupola del death metal più dissonante, caotico e mefitico che esista: stiamo parlando di realtà come Impetuous Ritual, Antediluvian, Portal, Mitochondrion. La proposta dei tedeschi è un flusso magmatico, lurido e fangoso di riff distorti e sgradevoli. Le chitarre, il basso e la batteria si occupano di creare una base sulla quale il growl mostruoso dello sconosciuto cantante dà forma agli incubi e alle paure dell’ascoltatore. “The Gnawing Fires” è un brano spaventoso. The Gnawing Fires è la perfetta conclusione di questo stupendo primo viaggio.