Fuga dalla realtà in 6 album da (ri)scoprire
Tra le definizioni del termine straniamento sullla Treccani troviamo: «effetto di sconvolgimento della percezione abituale della realtà, al fine di rivelarne aspetti nuovi o inconsueti». La famosa enciclopedia ne parla in termini letterari, però anche in ambito musicale non mancano artisti votati alla causa di una percezione stravolta del mondo come lo conosciamo. Diventa quindi interessante vedere come band differenti diano una lettura personalizzata di questo sconvolgimento della realtà, tramutandolo a volte in una fuga verso territori lisergici, altre nella migrazione (anche solo fittizia) verso località geografiche diverse dalla propria terra di origine.
Onségen Ensemble – Fear
(Svart Records, 2020)
Su qualsiasi dizionario, accanto alla parola mutamento, dovrebbe esserci scritto Onségen Ensemble; mutamento, infatti, è uno dei leitmotiv che dal 2005 accompagnano il collettivo di musicisti finlandesi, la cui formazione è fluida per ogni uscita. Nel 2020 la Svart Records ha pubblicato Fear, un album che potremmo definire in parte sciamanico e in parte cinematografico, ma che in entrambi i casi sembra idealmente trasportarci in deserti stellati e illuminati dalla flebile luce della Luna. Per questo complesso viaggio mentale, il collettivo finnico coniuga prog, jazz, post-rock, folk e ritmi tribali, dandoci ora l’impressione di fluttuare tra le stelle (l’apertura “Non-Returner”), ora di trovarci nel bel mezzo di un film western visionario (“Earthless”, “Sparrow’s Song”). Da evitare quando si vuole rimanere concentrati.
Liquido Di Morte – ││││
(Autoprodotto, 2019)
In un’epoca che ormai pare lontana secoli (nel 2019), ho assistito a un live dei Liquido Di Morte in quel della grigia e solo in parte anonima Busto Arsizio. Non so se sia stata più incisiva l’influenza delle numerose birre ingerite in quell’occasione, oppure l’ipnotico susseguirsi degli effetti ottici a spirale che scorrevano durante la performance del trio milanese, fatto sta che non ho incertezze nel dichiarare che si è trattato dell’esperienza più psichedelica che abbia vissuto fino a questo momento. La nota di merito in questo caso dipende dal fatto che la tendenza dei Liquido Di Morte a regalare esperienze allucinogene vada ben oltre il contesto del live: la si può respirare durante ogni momento di ││││, dove la psichedelia mista a post-rock e krautrock della band assume connotati particolarmente stranianti all’interno di “Strateron 2323” e “Tramonto Nucleare”. Da custodire e sguinzagliare solo nei momenti in cui si è in cerca di ascolti lisergici.
Cambrian – Mobular
(Taxi Driver Records, 2017)
Con Mobular, i liguri Cambrian sembrano voler sfatare un mito della cultura popolare, cioè che le Hawaii siano sinonimo di ghirlande a fiori, ragazze che ballano la hula e poke bowl zeppe di salmone e avocado. Il trio di Alassio, infatti, si appropria delle sonorità comunemente associate a queste isole, abbinandole a un doom allucinato e lento, simile alla risacca delle onde che lambiscono le coste hawaiane. Mobular consta di sei tracce strumentali, dove la mancanza della voce non viene affatto avvertita, dal momento che la band riesce a comunicare perfettamente tramite i riff ipnotici e la batteria che scandisce il ritmo in maniera incessante ma non intrusiva; un esempio lampante è rappresentato da “Seaweed Shaman”, che ci spedisce in balia delle onde, verso coordinate geografiche ben distanti dal suolo italico. Un album avvolgente e salmastro, nel quale la fuga dalla realtà coincide con un tuffo in abissi ovattati.
All Them Witches – Dying Surfer Meets His Maker
(New West Records, 2015)
Dying Surfer Meets His Maker è una rosa desertica nel panorama sonoro che prende il nome proprio da queste distese di sabbia: desert rock, stoner e blues sono infatti alcuni dei capisaldi su cui poggia il sound degli All Them Witches. Il titolo dell’album si rifà a un rovinoso incidente in cui è incappato il chitarrista Ben McLeod: forse per scongiurare ogni malaugurata vicinanza alle profondità marine, Dying Surfer Meets His Maker è stato registrato in una sperduta cabina tra i monti del Tennessee. La resa finale del disco, in ogni caso, è tutt’altro che malaugurata: gli All Them Witches ci assicurano 45 minuti di un viaggio mentale fra episodi più ruvidi e sostenuti come “Dirt Preachers” e momenti ipnotici in un senso quasi meditativo (“This Is Where It Falls Apart”, “Talisman”). Perfetto per vagare in deserti onirici senza meta, come Homer alla ricerca del suo animale totem in un noto episodio dei Simpsons.
Bohren & Der Club Of Gore – Sunset Mission
(Wonder Records, 2000)
Uno degli aspetti che mi suscitano maggiormente i brividi quando cerco approfondimenti su quanto sto scrivendo è la quantità di informazioni del tutto inaspettate in cui si incappa ogni volta: per esempio, ignoravo completamente che Mülheim, città di origine dei Bohren & Der Club Of Gore, avesse una squadra di football americano battezzata Mülheim Shamrocks. Questioni sportive a parte, Sunset Mission è il disco che ha segnato la svolta della formazione tedesca originaria della Ruhr verso sonorità dark jazz dal sapore tutto noir, catapultandoci idealmente in fumose metropoli dove ogni cosa sembra avvolta da una cortina di vapore e mistero. Mi piacerebbe menzionare qualche brano particolarmente rappresentativo dell’album, ma la verità è che la sua densità evocativa permane dall’inizio alla fine, creando un contrasto con la realtà caotica del quotidiano, nitido come i grattacieli scuri sulla copertina del disco, che si stagliano contro il tramonto. Un ascolto imprescindibile per gli estimatori del genere, o per chi voglia evadere dal logorio della vita moderna senza dover ricorrere per forza a un noto amaro al carciofo.
Huszar – Providencia
(Morrowless Music, 2017)
Huszar (dalla mente di Marcos Agüero, prolifico polistrumentista argentino) è un progetto che ho scoperto fin troppo di recente e in maniera del tutto casuale; come accade spesso quando si fanno questi ritrovamenti fortuiti, si è rivelato un piacevolissimo ascolto. Providencia (recentemente ri-masterizzato dalla Morrowless Music, con una cover diversa da quella originaria) è un album dalla durata di un’ora abbondante, all’interno del quale generi come il black e il post-metal, la synthwave e l’ambient sono coinvolti in un costante dialogo e in un intrecciarsi continuo di suggestioni sonore, creando una dimensione che sembra porsi come un iperspazio esterno, ma che in realtà dà voce alla malinconia interiore in cui, da brava estimatrice della musica strappalacrime, sguazzo sempre con relativa gioia. Tuttavia, Providencia non è solo un disco per anime tristi: è un altro buon pretesto per darsi alla fuga sonora dalla realtà quotidiana.