Pillole di male #4: Alexis Marshall, King Woman, Kariti
Quando parliamo di musica cerchiamo di farlo nel modo più approfondito ed efficace possibile, sviscerando aspetti salienti quali i contenuti dei testi ma evitando le sterili sbrodolate di un’analisi traccia per traccia forzata. Per questa ragione avere fra le mani il disco fisico è una necessità oltre che una gratificazione: studiare il libretto, verificare la qualità audio del supporto, ammirare la copertina. Talvolta però non è possibile ricevere il materiale promozionale o acquistare il cd/vinile/musicassetta in prima persona per una serie di motivi economici o logistici: perché magari prodotto in numeri limitatissimi (anche oltreoceano), troppo costoso, oppure già esaurito o ancora in attesa di essere stampato. In tutti questi casi solitamente avremmo alzato le mani, nonostante la qualità delle opere ascoltate, e ci saremmo dedicati ad altro, privando però i lettori di una occasione di conoscenza, seppur parziale. Fino a oggi. Perché la rubrica Pillole Di Male arriva per colmare questa lacuna: non vere e proprie recensioni, piuttosto dei consigli per gli ascolti in pastiglie… ma senza effetti collaterali! Un modo per stuzzicare il vostro appetito musicale e condividere quanto ci ha appassionato fra le uscite underground più recenti.
Alexis Marshall – House Of Lull . House Of When
(Sargent House, 23 luglio 2021)
Nel 2018 in moltissimi hanno tessuto le lodi dell’attesissimo ritorno discografico dei Daughters, You Won’t Get What You Want. Già allora era però chiaro come la band di Providence fosse un’entità piuttosto diversa rispetto al passato e il sospetto che il frontman Alexis Marshall avesse preso le redini in maniera più decisa era piuttosto forte. La conferma è arrivata con il suo debutto solista, un lavoro che prende quanto fatto con l’ultimo Daughters e ne estremizza i connotati: le canzoni non sono più canzoni ma le manifestazioni di una psiche turbata in cui Marshall sfoga ossessivamente le sue paranoie. Suoni e rumori creano un’atmosfera apocalittica fatta di avanguardia, tribalismi e power electronics, con un carico di disagio esistenziale non indifferente. House Of Lull . House Of When è anche un riuscito lavoro di collaborazione con amici e colleghi, una fra tutti Lingua Ignota — compagna di etichetta e di vita — nell’angosciante “Religion As Leader”. Ciascuno di noi ha i propri demoni, bisogna solo trovare chi ne ha di compatibili con i nostri.
King Woman – Celestial Blues
(Relapse Records, 30 luglio 2021)
Tra le varie sfaccettature di Kristina Esfandiari, artista americana di origini serbo-iraniane, la più famosa è quella dei King Woman, nati come one woman band per poi diventare un gruppo a tutti gli effetti. Già dalla copertina dal forte impatto visivo, Celestial Blues appare più concreto del debutto: abbandonati quasi del tutto i feedback grossissimi e il piglio drone, diventano preponderanti gli elementi shoegaze e post-punk, ancora più enfatizzati in un calderone di atmosfere novantiane di stampo alternative rock: brani scarni e spigolosi ma ben congegnati, in cui Kristina riversa nuovamente il suo passato travagliato, che siano momenti delicati come la conclusiva “Paradise Lost” o rabbiosi come la bella “Psychic Wound”, che rimanda un po’ alla Chelsea Wolfe più ferale di Hiss Spun. Un appunto che si potrebbe fare ai King Woman del 2021 è che nel cercare di cambiare pelle abbiano perso leggermente il focus, ma Celestial Blues è un signor disco che merita decisamente attenzione.
Kariti – Covered Mirrors
(Aural Music, 18 settembre 2020)
Chiudo con un’uscita un po’ più datata, ma recuperata di recente con la scusa di un Bandcamp Friday: Kariti è un termine che in slavo ecclesiastico significa compiangere i defunti e proprio mourning folk è il neologismo pensato da Kariti per soddisfare lo scomodo e moderno bisogno di catalogazione della musica. Covered Mirrors nasce da vecchie poesie d’infanzia, da sentimenti legati alla propria terra d’origine — il territorio di Chabarovsk, nell’estremo oriente russo — e da sensibilità innata nei confronti degli aspetti più malinconici della vita. Kariti fonde folclore russo della taiga profonda e testi pregni di tristezza, sofferenza e tutto ciò che rientra nel ciclo di accettazione del lutto, fino alla speranza, in strutture cantautoriali e minimaliste. Abbracciando brani folk locali (“Baptizing Of A Witch”) e letteratura come un poema di Anna Akhmatova riarrangiato in “Anna (Requiem: To Death)”, alternando lingua inglese e russa, Covered Mirrors è un disco profondo e a suo modo terapeutico, perfetto per l’autunno da poco iniziato.