Pillole di male #3: Autumn Nostalgie, Këkht Aräkh, Panopticon | Aristocrazia Webzine

Pillole di male #3: Autumn Nostalgie, Këkht Aräkh, Panopticon

Quando parliamo di musica cerchiamo di farlo nel modo più approfondito ed efficace possibile, sviscerando aspetti salienti quali i contenuti dei testi ma evitando le sterili sbrodolate di un’analisi traccia per traccia forzata. Per questa ragione avere fra le mani il disco fisico è una necessità oltre che una gratificazione: studiare il libretto, verificare la qualità audio del supporto, ammirare la copertina. Talvolta però non è possibile ricevere il materiale promozionale o acquistare il cd/vinile/musicassetta in prima persona per una serie di motivi economici o logistici: perché magari prodotto in numeri limitatissimi (anche oltreoceano), troppo costoso, oppure già esaurito o ancora in attesa di essere stampato. In tutti questi casi solitamente avremmo alzato le mani, nonostante la qualità delle opere ascoltate, e ci saremmo dedicati ad altro, privando però i lettori di una occasione di conoscenza, seppur parziale. Fino a oggi. Perché la rubrica Pillole Di Male arriva per colmare questa lacuna: non vere e proprie recensioni, piuttosto dei consigli per gli ascolti in pastiglie… ma senza effetti collaterali! Un modo per stuzzicare il vostro appetito musicale e condividere quanto ci ha appassionato fra le uscite underground più recenti.


Autumn Nostalgie – Esse Est Percipi

(Northern Silence Productions, 26 febbraio 2021)

L’album di debutto di Autumn Nostalgie è entrato solo quest’anno nel mio radar, grazie alla ristampa su cassetta e vinile curata da Northern Silence Productions. Inizialmente, però, Esse Est Percipi era stato pubblicato in CD da Maa Productions la scorsa estate e poi in cassetta da Goat Room Productions con l’arrivo dell’autunno. La one man band slovacca guidata da Almásy Gergely insomma ha tagliato il traguardo della prima pubblicazione discografica con discreto successo, visti i sold-out nella quasi totalità dei diversi formati disponibili; successo nient’affatto casuale. Esse Est Precipi, formula latina per essere è essere percepiti, è un titolo emblematico per un album che, in appena tre quarti d’ora, ci trasporta con estrema naturalezza in un mondo interstiziale, una bolla riempita dall’eco della vita e dalla volontà di afferrarla, desiderio irrealizzabile che si traduce in un black metal cadenzato e arioso, luminoso, iridescente. C’è tanto della scuola mitteleuropea, dei primi Alcest, Lantlôs e Heretoir, ma le pennellate di A. G. sulla tela musicale di Autumn Nostalgie sono tutt’altro che derivative. Un recupero consigliatissimo per chi è costantemente alla ricerca di riff ampissimi, lead in tremolo picking onnipresenti e urla che prorompono dal profondo dell’anima.


Këkht Aräkh – Pale Swordsman

(Livor Mortis, 10 aprile 2021)

Pale Swordman, probabilmente, è uno di quei dischi cold and frostbitten che un metallaro vorrebbe portarsi in vacanza. La seconda pubblicazione discografica di Crying Orc col suo progetto solista Këkht Aräkh, infatti, continua a seguire il tracciato sul quale l’ammantato ucraino si era incamminato già con Night & Love (Livor Mortis, 2019), sempre tenendo fede ai sanissimi princìpi novantiani per cui il black metal più freddo è e meglio è. La produzione, dunque, resta volutamente grezza e il feeling generale è di ricercata ruvidezza, con una strizzata d’occhio alle idee di zio Varg e del sindaco Fenriz per quanto riguarda l’approccio compositivo. A questo si affianca il dettagliato lavoro fatto sul comparto lirico, profondamente nostalgico, romantico e decadente, che si sposa benissimo alle melodie dolceamare ricamate specialmente nelle strumentali “Amor” e “Nocturne”, che scaletta alla mano rappresentano il cuore pulsante di Pale Swordman. Le intuizioni racchiuse in queste due tracce, oltre che in “Lily”, offrono una stima abbastanza accurata della passione del figuro dietro Këkht Aräkh per la darkwave e la commistione di tutte queste influenze dà soddisfazioni; oh, sì che ce ne dà. Pale Swordman è senza dubbio tra le uscite di genere più interessanti della prima metà del 2021.


Panopticon – …And Again Into The Light

(Bindrune Recordings, 15 maggio 2021)

A proposito di dischi che fanno male al portafogli, quest’anno ne è stato pubblicato uno così grosso da essere quasi tacciabile di oltraggio al pubblico. Il nuovo album dei Panopticon del plurimpegnato Austin Lunn è una bomba e non mi sorprenderebbe affatto leggere di …And Again Into The Light nelle playlist di fine 2021, persino rubando un posto sul podio agli Empyrium o chi per essi. Il perfetto bilanciamento di elementi folk acustici, sfuriate black e atmosfere bucoliche rende ancora una volta estremamente degno di nota il lavoro di Lunn, autore della quasi totalità delle registrazioni a eccezione delle parti di violino e di violoncello, rispettivamente registrate da Charlie Anderson e Patrick Urban, e accompagnato da Jan Van Berlekom (aka Winterherz dei Waldgeflüster) ed Erik Moggridge (Aerial Ruin) nella suggestiva “The Embers At Dawn”. Chi si interessa all’esplorazione di questo mondo con estrema probabilità avrà già incrociato …And Again Into The Light e l’avrà apprezzato a dovere. Chi invece non ha mai sondato la profonda produzione discografica dei Panopticon potrebbe trovare qui lo spunto mancante per lasciarsi un po’ alle spalle la socialità mondana, la città e il caos urbano, per immergersi nella natura e ritagliarsi un po’ di sacrosanto spazio per sé.