Pillole di Male #17: Bandcamp Friday | Aristocrazia Webzine

Pillole di Male #17: Lleroy, Pharmacist, Sumerlands e altri

Quando parliamo di musica cerchiamo di farlo nel modo più approfondito ed efficace possibile, sviscerando aspetti salienti quali i contenuti dei testi ma evitando le sterili sbrodolate di un’analisi traccia per traccia forzata. Per questa ragione avere fra le mani il disco fisico è una necessità oltre che una gratificazione: studiare il libretto, verificare la qualità audio del supporto, ammirare la copertina. Talvolta però non è possibile ricevere il materiale promozionale o acquistare il cd/vinile/musicassetta in prima persona per una serie di motivi economici o logistici: perché magari prodotto in numeri limitatissimi (anche oltreoceano), troppo costoso, oppure già esaurito o ancora in attesa di essere stampato. In tutti questi casi solitamente avremmo alzato le mani, nonostante la qualità delle opere ascoltate, e ci saremmo dedicati ad altro, privando però i lettori di una occasione di conoscenza, seppur parziale. Fino a oggi. Perché la rubrica Pillole Di Male arriva per colmare questa lacuna: non vere e proprie recensioni, piuttosto dei consigli per gli ascolti in pastiglie… ma senza effetti collaterali! Un modo per stuzzicare il vostro appetito musicale e condividere quanto ci ha appassionato fra le uscite underground più recenti.

In questa edizione vi somministriamo una dose doppia, qualche consiglio in più per districarsi nello sterminato mondo di Bandcamp in occasione del ritorno dell’iniziativa Bandcamp Friday. Ogni titolo è come sempre scelto sulla base dei gusti personali dei redattori.


Lleroy – NODI

(Overdrive Records, 23 aprile 2022)

Il 2022 è stato l’anno del ritorno dei Lleroy, dopo cinque anni di silenzio, e chi segue la scena hardcore italiana moderna conosce già, almeno in parte, la portata di questo fatto. NODI è uscito per Overdrive Records e ancora una volta riesce a lasciare un segno indelebile nel panorama musicale nostrano, bilanciando alla perfezione tracotanza ritmica e potenza sonica, riuscendo a insinuare nel mezzo delle sue componenti più estreme momenti atmosferici e dinamici come “Hysteria” o la conclusiva “Una Risposta”. Una ricchezza e un’eleganza a cui i Lleroy ci avevano già abituato, ma che questa volta appaiono ancor più mature e variegate. NODI è un disco che non deve assolutamente passare in sordina, rappresentando uno dei prodotti migliori dell’underground italiano e, più in generale, della scena post-hardcore contemporanea. Poesia e mazzate sui denti in un sol colpo, come solo gli italiani sanno fare


Pharmacist – Fluorishing Extremities On Unspoiled Mental Grounds

(Bizarre Leprous Production / Hell’s Headbangers Records / Sevared Records, 10 aprile 2022)

In modo estremamente semplicistico è possibile suddividere il folto sottobosco del grind in due sottoinsiemi: uno votato all’impegno politico, generalmente in chiave antiautoritaria, e uno dove a farla da padrone è la fascinazione per gli aspetti più truculenti e morbosi della medicina e dell’anatomia umana. I Pharmacist, duo nippo-ucraino basato proprio in Giappone, appartengono al secondo filone. Fluorishing Extremities On Unspoiled Mental Grounds è il loro secondo album e segue di due anni il debutto Medical Renditions Of Grinding Decomposition. In questo lasso di tempo, oltre a pubblicare una serie di uscite minori, il gruppo ha intrapreso una discreta maturazione stilistica: pur restando fedele al verbo di Jeff Walker e sodali, ha infatti abbandonato il caotico gore-grind dell’esordio a favore di un approccio più maturo e strutturato, in cui si avverte pesantemente l’influenza di un disco come Necroticism. I brani si dilatano, diventando più complessi e sfaccettati, con una particolare attenzione al lavoro di chitarra: tra gli ospiti troviamo — proprio alle sei corde — Andrew Lee, già mastermind di validi progetti come Ripped To Shreds e Houkago Grind Time. Fluorishing Extremities On Unspoiled Mental Grounds non è certo un disco innovativo, ma è un ascolto che non dovrebbe mancare agli amanti del genere.


Sumerlands – Dreamkiller

(Relapse Records, 16 settembre 2022)

Mi trovo in un momento della mia vita in cui ascoltare musica con voci pulite che effettivamente mi colpiscano è una sorpresa inaspettata. In mezzo al marasma estremo di Aristocrazia, i Sumerlands non troverebbero spazio facilmente, ma riescono a farsi largo con molta prepotenza: gente già passata da queste parti (tre quarti degli Eternal Champion, Power Trip, Dream Unending e altri), il quintetto di Philadelphia se ne esce con il secondo album intitolato Dreamkiller. Un discone che coniuga il feel squisitamente anni ’80 con echi di Queensrÿche, Dokken, Scorpions e tanto AOR, con una malinconia di fondo e soprattutto una produzione stellare a opera del chitarrista e tastierista Arthur Rizk (spulciatevi il suo CV da produttore per farvi un’idea). Otto tracce per poco più di mezz’ora, come si faceva una volta, che spaziano dalle ballatone notturne (“Night Ride”, nomen omen), alle cavalcate come l’iniziale “Twilight Points The Way” o la title track. Se hai il debole per assoli belli ma mai pacchiani e per i riff che ti prendono in un headlock, e di tanto in tanto non ti dispiace una voce che ti non vomiti nelle orecchie, il secondo, portentoso disco dei Sumerlands fa al caso tuo.


Hostia – Resurrected Meat

(Deformeathing Production, 17 giugno 2022)

Il 2022 è stato un anno piuttosto prolifico per gli Hostia, che da Varsavia diffondono il loro verbo a base di death-grind e blasfemia e sono già passati da queste parti ai tempi di Carnivore Carnival. Oltre all’album Nailed, hanno pubblicato anche l’ep Resurrected Meat: undici minuti abbondanti con cui il quartetto polacco dà ulteriore sfogo alla propria vena dissacrante e lontana anni luce dai dettami della tradizione cristiana. Nonostante la durata davvero contenuta, Resurrected Meat mette a segno una serie di schioppettate sonore che certamente soddisferanno gli estimatori della corrosione, delle chitarre che troppo spesso ricordano pericolosamente una motosega e del dark humor a tema religioso. Inoltre, a chiudere in bellezza l’EP, troviamo anche l’inaspettata “Chvrch Bvrner”, che si apre con una citazione al Vangelo di Matteo e poi diventa uno straniante brano industrial. Per chi non riesce a sopportare grind e affini per un tempo superiore alla cottura di un uovo sodo, Resurrected Meat rappresenta una valida opzione verso cui indirizzare i propri timpani: una dose equa di anticlericalismo che garantisce dieci minuti di marasma, quello bello.


Bad Breeding – Human Capital

(Iron Lung Records, 8 luglio 2022)

I Bad Breeding si profilano come eredi legittimi dell’anarcho punk e dell’hardcore inglese anni ’80, in grado di ricalcare la furia artistica di gruppi come Subhumans e Conflict e di riproporla immacolata in Human Capital, un disco che per sonorità e produzione si adegua perfettamente agli standard del ventunesimo secolo. Che gli inglesi abbiano il punk nel sangue è cosa che la storia ci ha già fatto capire, ma una furia così mirata e chitarre così arrugginite (come su “Prescription” e “Death March”) mai mi sarei aspettato di trovarle in un disco del 2022. Già nel 1979 i Crass gridavano «punk is dead», nel 1986 lo ripetavano i Conflict, ma i Bad Breeding sono una delle prove viventi che qualcosa, sotto il fango della disillusione contemporanea, si sta ancora muovendo. Human Capital sa quando prendersi i suoi tempi e rallentare (come sulla title track e nella conclusiva “Rebuilding”), risultando di fatto mai noioso o ripetitivo. Un manifesto punk che si scaglia contro il suo eterno nemico, il capitalismo, e contro la deriva individualista di un’umanità sempre più lontana da un sano concetto di socialità. Quanto mai attuale e assolutamente da recuperare.


Licho – Ciuciubabka

(Pagan Records, 19 marzo 2022)

Uno dei dischi più curiosi che mi sia capitato di ascoltare quest’anno è rappresentato dall’ultima fatica dei polacchi Licho intitolata Ciuciubabka. Negli ultimi anni la Polonia si è imposta all’attenzione dell’underground non solo per la sua fiorente scena black metal (Mgła su tutti), ma anche per una grande fame di sonorità sperimentali miste al metal estremo, dai Gruzja ai Biesy. Proprio in quest’ultima categoria va inquadrato anche l’ultimo lavoro della formazione di Sanok, dedita finora a un black metal sperimentale stralunato. Con Ciuciubabka, però, i Licho fanno un ulteriore passo in avanti, assumendo i contorni di un avantgarde metal dalle tinte noir, dove il cantato è più che altro formato da spoken vocals e incursioni di urla e voci femminili. Il basso, poi, è un motore pulsante dell’intero album, che pure raccoglie in sé svariate influenze, dal black al post-metal, dallo sludge all’industrial. L’impressione è di trovarsi di fronta a un’opera davvero sui generis e di difficile catalogazione, che forse avrebbe potuto avere anche un’esposizione mediatica maggiore qualora i testi fossero stati in inglese e non in polacco. Consigliata agli amanti delle sonorità più avventurose.


Pestilent Hex – The Ashen Abhorrence

(Debemur Morti, 8 luglio 2022)

Avevamo accennato ai Pestilent Hex nel numero 17 di Extrema Ratio la scorsa primavera, quando uscì il primo brano tratto da The Ashen Abhorrence, e ora che l’album è finalmente disponibile in tutti i formati vale la pena spenderci due parole in più. Il progetto è la prima formale collaborazione tra Lauri Laaksonen e Matti Mäkelä, entrambi due vecchie conoscenze: il primo per Convocation e Desolate Shrine, il secondo per Corpsessed, Profetus e Tyranny. Un retroterra death e (funeral) doom di un certo spessore, cui con i Pestilent Hex va ad aggiungersi anche una controparte black metal. The Ashen Abhorrence è un figlioccio degli anni ‘90 più sinfonici e tastierosi, quella roba oggi relativamente rara (anche se pian piano torna a fare capolino), ma che venticinque anni fa andava per la maggiore grazie a Dimmu Borgir, Odium e Limbonic Art. I finlandesi si sono ampiamente e dichiaratamente abbeverati alla fonte di Norvegia, e l’album farà la felicità di tutti gli orfani di quei suoni pieni e maestosi, di quelle atmosfere quasi oniriche. Tra un rapporto mefistofelico e una vecchia strega, l’orrore cinereo si diffonde e incanta in sei capitoli uno più evocativo dell’altro. I Pestilent Hex sono la dimostrazione di come si può rendere omaggio senza essere passatisti, e con buona probabilità pubblicano l’album symphonic black metal migliore del 2022.


Ciminero – Subterranean Awakening

(Autoprodotto, 15 novembre 2019)

Il 2022 è probabilmente l’anno della svolta per i Ciminero, che appena un paio di mesi fa hanno firmato con la nostrana Argonauta Records. Un nuovo album è in arrivo, per cui l’occasione è succulenta per scoprire il quartetto finlandese con voce femminile italiana dedito a un occult rock-doom senza fronzoli e dritto al punto. Subterranean Awakening è un lavoro relativamente breve con i suoi trenta minuti scarsi, tuttavia esprime buone potenzialità e può vantare in aggiunta una produzione piuttosto curata, pur essendo indipendente. Tra litanie inebrianti, atmosfere intrise di incenso e oscurità e ritmi che si alternano con sapienza, i Ciminero non passano né dall’EP nel dal demo e ci offrono un prodotto di chiara ispirazione heavy, con linee vocali orecchiabili che riescono a infilarsi negli anfratti del cervello, portando l’ascoltatore in un mondo fatto di loschi figuri incappucciati e creature che emergono dalle viscere del pianeta. Già solo per “Dare To Dream” e “Dismal Demise”, Subterranean Awakening merita ben più di una possibilità.
Attendiamo a questo punto l’esordio su Argonauta, con la certezza che sarà un viaggio altrettanto fumoso e coinvolgente.