I migliori album metal italiani del 2021
Anche il 2021 si è concluso, e come ogni anno è d’obbligo divertirsi a tirare le somme di cosa ci è piaciuto di più nel mondo del metal estremo; come sempre, prima di lanciarci nel vivo del listone, un paio di note metodologiche sono d’obbligo. La prima è che nemmeno quest’anno siamo riusciti ad ascoltare tutto, quindi quelle che vedrete sono scelte che per noi valgono oggi, al netto di ciò che conosciamo e apprezziamo nel momento in cui la lista viene redatta, e potrebbero essere differenti tra sei mesi o un anno. La seconda precisazione è che queste liste sono il risultato dei voti a maggioranza espressi della redazione, non riflettono in particolare le preferenze di un singolo redattore, ma cercano di essere una visione d’insieme. La terza e ultima, per quanto speriamo superflua, è che le nostre scelte si basano solo e soltanto sul nostro gusto personale, e sono assolutamente opinabili.
Ad Nauseam – Imperative Imperceptible Impulse
(Avantgarde Music)
Dopo ben sei anni dal disco d’esordio, gli Ad Nauseam sono tornati a offrire la propria personalissima concezione di death metal, vicina a quella di band come Ulcerate e Gorguts, condensandola in sei brani per un totale di quasi un’ora. La creatività del quartetto veneto sembra non avere più limiti in Imperative Imperceptible Impulse: nonostante le dissonanze la facciano da padrone e gli strumenti spesso suonino linee differenti tra loro, il tutto restituisce un’idea di armonia e coerenza simile a quella di compositori come Igor Stravinskij, al quale il gruppo ammette di essersi ispirato.
Ancora una volta il perfezionismo quasi maniacale del gruppo ha ben ripagato, innalzando Imperative Imperceptible Impulse nella nostra (e probabilmente non solo) classifica dei migliori album del 2021.
Bottomless – Bottomless
(Spikerot Records)
Lo ammettiamo, già l’annuncio della pubblicazione dell’album dei Bottomless aveva fomentato ben più di qualcuno qui in redazione, forse non tanto per il genere trattato quanto per il terzetto che si cela alle spalle del disco, gente non esattamente di primo pelo né priva di esperienza sul campo: parliamo di Giorgio Trombino (voce e chitarra) e David Lucido (batteria), insieme in Assumption e Morbo fino al 2016, e Sara Bianchin (basso), ormai nota voce dei Messa.
Questo album d’esordio eponimo prende il meglio del doom di stampo più classico e lo alterna sapientemente tra picchi heavy, passaggi stoner e momenti in cui i bpm scendono drasticamente, per dare forma a vere e proprie ballate del male. Il risultato arriva immediatamente al punto ma — allo stesso tempo — necessita di ben più di un ascolto per poter essere totalmente assimilato: chi nutre per il doom un amore sconfinatamente senza fondo farà ripartire il disco più che volentieri, ne siamo certi.
Burial – Inner Gateways To The Slumbering Equilibrium At The Center Of Cosmos
(Everlasting Spew Records)
Un titolo lungo e importante e una copertina magistrale di Paolo Girardi hanno segnato in pieno autunno il debutto dei Burial, quartetto spalmato omogeneamente nelle lande tra Pisa e Venezia. Un biglietto da visita con i tutti crismi, che soddisfa ed eccede le aspettative nate in seguito ai primi demo ed EP: Inner Gateways To The Slumbering Equilibrium At The Center Of Cosmos, uscito per Everlasting Spew, è pesante e atmosferico, tenebroso e cavernoso. C’è il death violento e opprimente figlio di Krypts e Spectral Voice, così come il doom tanto caro a chi ama crogiolarsi negli arpeggioni che aprono voragini esistenziali e lovecraftiane.
Proprio l’aspetto doom è la novità rispetto ai lavori precedenti: se prima tutto lo spazio a disposizione era compattato in maniera violenta e quasi senza spiragli, su Inner Gateways… tutto si fa più dilatato e, sebbene le sue legnate frontali siano di una bellezza abbacinante, i momenti in cui è l’oblio ad abbracciare l’ascoltatore si ergono a (co)protagonisti. Tra le migliori uscite death tout court, non solo italiane.
Dawn Of A Dark Age – Le Forche Caudine (321 a.C. – 2021 d.C.)
(Antiq Records)
Se l’anno scorso l’ottimo La Tavola Osca non era riuscito a passare la fase delle votazioni e a finire nelle nostre playlist di fine anno, dodici mesi dopo rieccoci qui, con un nuovo album di Dawn Of A Dark Age che sprizza epicità e sperimentazione da tutti i pori. Come il suo predecessore, anche Le Forche Caudine (321 a.C. – 2021 d.C.) si occupa di esplorare aspetti del passato della terra che Vittorio Sabelli chiama casa: il Sannio. A dar voce a questa epica narrazione è ancora una volta Emanuele Prandoni di Anamnesi e Progenie Terrestre Pura, che stavolta ha preso in carico anche la registrazione delle parti di batteria.
Oltre a un discreto numero di musicisti responsabili per le sezioni di matrice neoclassica del lavoro, al racconto degli eventi della famigerata battaglia delle Forche Caudine hanno preso parte anche Geoffroy Dell’Aria, Sparda, Hyver Mòr e Joanna Maeyens, tutta brava gente che sguazza nell’undeground francese di casa Antiq, chi suonando, chi cantando, chi realizzando la copertina del disco. La storia c’è, l’epicità pure e anche il jazz è presente all’appello, in un connubio non facilmente accessibile ma profondamente apprezzabile che ci ricorda minuto dopo minuto come Dawn Of A Dark Age sia e resti sempre ottima avanguardia.
Devoid Of Thought – Outer World Graves
(Everlasting Spew Records)
I Devoid Of Thought hanno impiegato qualche anno per arrivare al primo album vero e proprio, nonostante la nutrita serie di demo e split che ha costellato il sentiero dei varesotti dal 2016 a oggi. Outer World Graves è il coronamento di un percorso di crescita e maturazione importante, che rende omaggio al nuovo death metal cosmico e allo stesso tempo dimostra personalità, idee e cose da dire.
Il quartetto non si ferma alla rielaborazione della lezione dei Blood Incantation (anche indirettamente citati con la conclusiva “Stargrave”), ma aggiunge momenti doom, dissonanze, lunghi passaggi atmosferici e influenze delle più recenti putrefazioni finlandesi. Corpsessed, Gorephilia e compagnia spuntano qua e là, mentre Marko Neuman dei compagni di etichetta Convocation partecipa alle voci di “Sidereal Necrosis”. Uno dei debutti più soddisfacenti e al tempo stesso promettenti del 2021.
Fulci – Exhumed Information
(Time To Kill Records)
Exhumed Information: *esiste*. La buonanima di Lucio Fulci: *goes brr*. Un meme davvero becero, scusate, ma che sfortunatamente — per la gioia di chi scrive — rende molto bene l’effetto che il terzo album dei Fulci produce sui malcapitati ascoltatori. A sei anni dalla pubblicazione del suo primo disco, il trio casertano continua l’omaggio viscerale allo storico regista italiano, alzando stavolta l’asticella una spanna più in alto rispetto a quanto fatto in passato.
Se il miglioramento di Tropical Sun rispetto a Opening The Hell Gates era stato sensibile, con Exhumed Information il processo evolutivo è servito al 100% crudo su dieci tracce che mischiano death massiccio e tritaossa, spezzoni di dialoghi ripresi dalle opere del loro maestro e synthwave dal piglio rétro, degna di essere usata come colonna sonora per le scene di un film V.M.18. Una combo micidiale che praticamente offre al pubblico non uno ma due dischi diversi in un’unica soluzione, celebrando il gore e la viulenza con una certa classe.
Fuoco Fatuo – Obsidian Katabasis
(Profound Lore)
I Fuoco Fatuo festeggiano il loro decennale in quello che riteniamo il migliore dei modi, ossia rilasciando una mattonata di disco. In Obsidian Katabasis, secondo full length su Profound Lore, i Nostri riprendono le esplorazioni nelle profondità del funeral doom del precedente Backwater e le espandono ulteriormente.
La formazione di Varese suona lenta, dannatamente lenta, sacrificando quasi completamente le influenze delle origini, dal death-doom alle scivolate in ambito sludge, a favore della creazione di atmosfere talmente dense da risultare quasi soffocanti. Il risultato è un concentrato di disperazione, in cui anche gli intermezzi musicali risultano impermeabili a qualsiasi barlume di speranza. Esattamente ciò che ci aspettiamo dal buon funeral doom e in questo i Fuoco Fatuo si dimostrano all’altezza di altre formazioni più blasonate.
Turris Eburnea – Turris Eburnea
(Everlasting Spew Records)
Il progetto Turris Eburnea nasce dalla collaborazione tra Gabriele Gramaglia dei Cosmic Putrefaction e Nicholas McMaster, bassista tra gli altri dei Krallice. Le quattro tracce che compongono l’EP si basano su alcuni racconti surreali, degni di scrittori come Borges e Lovecraft, in cui il sogno si fonde con la realtà. Tutto ciò si sposa alla perfezione col death metal dissonante e angolare del duo, ed è perfettamente rappresentato dalla copertina ad opera del pakistano Babar Moghal.
Le strutture musicali proposte dai Turris Eburnea sono lontane dall’essere convenzionali, e spesso risultano imprevedibili e originali, con un basso di frequente in primo piano a contrapporsi ai riff di chitarra degni dei migliori Gorguts. I quattro pilastri sui quali si fonda questa vera e propria Torre D’Avorio musicale sono stati costruiti e cesellati nei minimi dettagli, dando vita a uno dei migliori EP dell’anno.
Vertebra Atlantis – Lustral Purge In Cerulean Bliss
(I, Voidhanger Records)
Gabriele Gramaglia fa doppietta, perché dopo l’ottimo Turris Eburnea proprio sul finire dell’anno ci ha regalato un altro gioiello, questa volta blu ceruleo con striature nero pece. Insieme a lui R.R. (HomSelvareg), autore di parte dei testi e di una prova micidiale alla batteria, e V al basso formano i Vertebra Atlantis. Lustral Purge In Cerulean Bliss è un disco clamoroso, nel quale i signori di cui sopra non si limitano a riversare parte di ciò che amano e che ha fatto da ispirazione, ma dipingono un quadro dal fascino terribile a base di esistenzialismo, disperazione e rabbia.
Black metal, death metal, impreziositi da un’atmosfera livida a tratti imperiosa — l’eco degli Emperor risuona potentissimo in numerosi frangenti — e glaciale. Le sfaccettature musicali sono quelle di un diamante passato da Anversa, ma a stupire ancora di più è la gamma vocale esibita dal trio, per un risultato finale che disorienta per non dire che fa spavento. L’auspicio per gli anni a venire è che questa prima esperienza firmata Vertebra Atlantis abbia non uno, ma tanti seguiti.
Voland – Voland III: Царепоклонство – Il Culto Degli Zar
(Xenoglossy Productions)
Epico, scintillante e solenne: questi sono i tre aggettivi che saltano subito in mente per descrivere il capitolo più recente della discografia dei Voland. Non potrebbe essere altrimenti, dal momento che Voland III: царепоклонство – Il Culto Degli Zar si concentra sulla figura dello Zar nella sua connotazione sacrale e rappresenta il lavoro più complesso della band, raccogliendo quattro inediti e la versione ri-registrata di due classici come “Dubina” e “Leningrad”.
Al suo interno, troviamo tutto quanto possa far felici coloro che al grigiore della vita contemporanea preferiscono un viaggio spazio-temporale verso una delle epoche più affascinanti, complesse e contraddittorie della Storia: maestose parti orchestrali, melodie popolari russe e l’ossatura black metal che conferisce la giusta dose di freddo glaciale. Un ascolto obbligato, il cui unico difetto è quello di provocare una fortissima assuefazione.