DREARINESS – Before We Vanish
A quasi sei anni dall’uscita di Fragments e dopo l’arrivo di Closer, EP elettronico figlio della pandemia, la voglia di tornare a stringere tra le mani un nuovo album dei Dreariness che fosse carico di violenza era tanta. Poi, alcune settimane fa, la band e My Kingdom Music hanno rotto il silenzio, annunciando l’arrivo di Before We Vanish. La pubblicazione del terzo lavoro sulla lunga distanza dei romani è attesa per il 15 aprile e, nel frattempo, un singolo è stato già anticipato (“Skin”).
Dopo due interviste — una nel 2013, dopo l’uscita di My Mind Is Too Weak To Forget, l’altra nel 2017, post-Fragments — e l’analisi di tutte le loro precedenti uscite, siamo stati pronti a fare un passo in avanti. D’accordo con la band e la sua etichetta, ti presentiamo Before We Vanish in anteprima, con un’analisi traccia per traccia del disco condita dai commenti di Tenebra e Gris, offrendoti in anticipo anche un secondo singolo estratto dall’album che potrai ascoltare per la prima volta proprio qui. Prima di puntare i riflettori su Before We Vanish, però, è il caso di spendere qualche parolina sulla band perché, dai tempi di Fragments, diverse cose sono cambiate, in casa Dreariness, nonostante tante altre siano rimaste le stesse, per nostra gioia.

Dopo la pubblicazione del loro secondo album e qualche concerto qua e là, i Nostri si sono trovati obbligati a riorganizzare la loro formazione in seguito a varie vicissitudini. «Alla batteria abbiamo avuto la fortuna di incontrare Luca Tiraterra», ci hanno detto Tenebra e Gris. «Torpor continua a tutti gli effetti a scrivere per i Dreariness, ma essendosi trasferito all’estero ha trovato in Luca il modo di colmare le distanze, oltre che un eccellente sostituto dal vivo». Nel loro amico e produttore, Roberto Mascia, i Dreariness hanno trovato una spalla sul piano vocale, ma mancava ancora qualcosa. «Avevamo bisogno di un’ulteriore chitarra e, ad oggi, Valerio Libera ricopre questo ruolo. È grazie a tutte queste persone se nell’arco di due anni siamo riusciti a portare a termine Before We Vanish».
L’arrivo della pandemia, chiaramente, non ha velocizzato il processo, ma qualcosa di buono in mezzo a quel mare magnum di male sono riusciti a coglierlo, i Dreariness. «Il Covid ci ha permesso di fermarci a riflettere ancora e di esplorare e incorporare ulteriori influenze musicali. Closer è stato un momento di importante coesione che ci ha permesso di respirare mentre eravamo sommersi dalla solitudine». Una pausa significativa, quella per la realizzazione dell’EP elettronico, che ha permesso ai romani di riprendere aria durante la lunga realizzazione del loro nuovo album.
Complesso, articolato e stratificato testualmente tanto quanto musicalmente, Before We Vanish è un concept album: il primo, di fatto, per i Dreariness, che hanno scelto di far ruotare il loro terzo disco attorno al dilemma del porcospino. Se anche tu hai pensato a Shinji e a Evangelion va tutto bene, non ci siamo sbagliati completamente, ma la carne sul fuoco è molta di più. Lanciata da Gris, l’idea di esplorare il lato oscuro delle relazioni interpersonali ha convinto subito la band. «È stato un modo per alcuni di noi, Tenebra su tutti, di uscire allo scoperto, mostrando fragilità e debolezze, residui di trascorsi molto attinenti alle tematiche proposte. In fin dei conti ognuno di noi ha vissuto relazioni tossiche. La sfida più grande per lei è stata quella di trasmettere tramite voce tutta la sporcizia e sofferenza accumulata, in una sorta di rehab».
A occuparsi del fronte testuale ci hanno pensato ky e Tenebra, coadiuvati da §, mentre la responsabilità degli arrangiamenti musicali è ricaduta su Gris, che si occupa di questo sin dall’inizio insieme a Torpor. Chiuse le bozze, è toccato all’intero organismo-band plasmare il materiale e, come detto dagli stessi Tenebra e Gris, si è trattato di «un Solve et Coagula durato anni» che li ha fatti arrivare in sala di registrazione decisi e sicuri di sé. Senza ulteriori indugi, fatte tutte le dovute premesse del caso, passiamo al reale motivo per cui sei qui: passiamo a Before We Vanish.
Before We Vanish
Il terzo album di casa Dreariness è, come già detto, un concept: sei tracce per un totale di 55 minuti e spiccioli permeati dalle classiche sonorità della formazione capitolina. All’interno del solito black arioso e malinconico dei Nostri, però, Before We Vanish incapsula pillole di elettronica e sludge che, da un lato, tengono viva l’esperienza di Closer e, dall’altro, portano traccia della passione del progetto per altre band, come gli Amenra, che di dolore e sofferenza sanno una cosetta o due.
È interessante notare come le tracce in scaletta non siano piazzate lì dove sono alla cieca. Come disposte su una griglia, le dispari sono tracce percettive, che rappresentano il lato fisico della relazione tossica, mentre quelle pari sono emotive e si focalizzano sulla riflessione. Da un punto di vista lineare, spiegano Tenebra e Gris, Before We Vanish si può suddividere in tre atti che portano l’ascoltatore dalla caduta interna nel problema (“Skin” / “Drain”) alla fase purificazione e la liberazione dal malessere (“Excise” / “Exhale”), passando per una fase di stagnazione durante la quale non si riesce apparentemente a trovare un’uscita (“Rehash” / “Inhale”).
“Skin”: tra dolore e piacere
Before We Vanish si apre con “Skin”, una traccia leggermente anomala rispetto a quanto ci hanno abituato in passato i Dreariness. A un primo ascolto, se ti aspetti qualcosa di particolarmente in linea con i canoni di My Mind… o di Fragments, gli arrangiamenti potrebbero destabilizzare. La componente post- si fa sentire da subito, pur senza cancellare la tradizionale depressione dei Nostri. Testi alla mano, le dissonanze e le ruvidezze del brano acquistano sempre più senso. «È stata una bella sfida iniziare l’album in maniera aggressiva» ci ha detto Gris, rivelandoci come di solito tenda a scrivere nel senso opposto.
L’idea di anticipare il disco con la pubblicazione del lyric video di “Skin” è stata fortemente sostenuta dalla band, ci spiegano Tenebra e Gris che ringraziano Adhiira Art e Francesco di My Kingdom Music per la sua realizzazione: «Il lavoro svolto sui testi è stato mastodontico, volevamo dare loro lo spazio che meritavano». A conti fatti, ascolto dopo ascolto, se potevano esserci dubbi o incertezze su un’apripista così inusuale, per un album dei Dreariness, ora l’orizzonte è sgombro e pronto ad accogliere di riproduzione in riproduzione una nuova sferzata di oscurità.
“Drain” e la PTSD
Passando da “Skin” a “Drain”, concettualmente, si passa da una prima fase di avvicinamento, caratterizzata da un misto di estasi e dolore, a un momento di totale immersione all’interno di sé. «Il secondo brano descrive il meccanismo autoprotettivo di rimozione dei ricordi che interviene a seguito della condizione post-traumatica da stress», ci spiegano Tenebra e Gris. «La fase di caduta interna si conclude con il ritorno dei ricordi tramite flashback che ricostruiscono le cause della condizione di disagio e sofferenza, permettendo una presa di coscienza del trauma e delle sue conseguenze».
Di fatto, “Drain” è la traccia più vecchia dell’intero lotto, nata anni fa come strumentale e poi chiusa in un cassetto a tempo indeterminato. I parallelismi con gli arrangiamenti di Fragments sono tanti e, infatti, potrebbe essere il pezzo più facilmente digeribile di Before We Vanish. «L’ultima parte è stata improvvisata durante le ultime prove prima di entrare in studio, ma ci piacque al punto da convincerci a renderla il finale che si può ascoltare oggi». Grazie a My Kingdom Music, possiamo offrirti l’ascolto del brano in anteprima: goditelo e facci sapere la tua.
“Rehash”, ovvero immersi nel pantano
In chiusura della prima metà della scaletta, “Rehash” ci offre il primo, concreto assaggio della vena sludge di Before We Vanish. Non è tanto il culto della luna quanto la Chiesa di Ra a pesare sulla tessitura strumentale del pezzo, un mid-tempo lento e arioso su cui gli scream di Tenebra e Roberto lacerano la carne. Il terzo atto narrato dai Dreariness si concentra sul momento di stagnazione-malattia, all’interno della relazione, che «inizia con il dialogo interiore tra le due anime, razionale e irrazionale, della persona traumatizzata: l’accusa reciproca è di non essere stati in grado di prevedere, di resistere o di limitare i danni causati dall’incontro con l’altro. Inoltre il bisogno di un nuovo contatto genera ulteriore confusione e divisione interna in nichilismo e iperattività, che degenerano in ansia».
Obiettivamente, “Rehash” è una bella mazzata sulle gengive. Dal punto di vista musicale, è tanto melodica quanto feroce, tanto incessante quanto martellante. Nella sua seconda metà, i cambi di batteria sembrano sottolineare uno stato di terrore claustrofobico, sensazione acuita dalla ciclicità delle voci degli altri strumenti. «Probabilmente “Rehash” è il pezzo che ha influenzato la scrittura dei brani dispari di Before We Vanish, a livello strumentale», ci hanno confidato i Nostri. Una premessa incoraggiante, leggendo dell’album a scatola chiusa; una promessa mantenuta, per chi scrive.
“Inhale”: in balia dell’ossessione
A chiudere il secondo movimento della triade ci pensa “Inhale”, che come “Drain” ci riporta su lidi più ariosi e atmosferici. Si riflette, in questa traccia, l’esperienza di Closer, l’EP elettronico che i Dreariness hanno pubblicato in piena pandemia. Non tanto perché ci sia dell’elettronica vera e propria, nel pezzo in sé, quanto piuttosto per l’evidente cognizione di causa con cui la band ha cesellato e rifinito i singoli dettagli che ci nascondono tra le nebbie di questi nove minuti di blackgaze senza freni, ossessivo e dilaniante.
Dal punto di vista testuale, “Inhale” descrive la reazione all’ansia di “Rehash” come una negazione consapevole del problema, attraverso un’ossessiva ricerca di attività fisiche e stati mentali che occupino il tempo in modo da non lasciare la possibilità ai pensieri e i ricordi di occupare la mente. «Si ricorre a socialità, utilizzo di sostanze, attività fisica e ogni mezzo possibile per cercare di lasciar fuori dal resto della giornata i pensieri e il bisogno di contatto, che comunque riaffiorano dopo ogni risveglio. Il fallimento di questo metodo conclude la fase di stagnazione e apre la fase di espulsione del problema, nella quale si cercherà di attuare una reazione concreta».

“Excise”, sul filo del rasoio
Altra traccia dispari, altro brano fisico. L’apertura di “Excise” è di nuovo dedicata alla tessitura atmosferica, filtrata attraverso strati e strati di effettistica distorta, e quando la canzone si apre, l’esplosione è netta. Ci sono più blast e sezioni oppressive, in questa scheggia, come anche più passaggi in maggiore delle chitarre, eppure allo stesso tempo non vengono meno i momenti più squisitamente sludge, lenti e cadenzati. Il risultato finale è una commistione pachidermica, a tratti schizofrenica, decisamente adatta a rappresentare la ricerca del dolore come soluzione al problema.
«Il senso di colpa diventa bisogno di punizione, l’iperattività diventa allenamento, la divisione interna diventa cooperazione tra lato razionale e irrazionale; il dolore diventa vendetta, l’ansia sfida, il nichilismo percezione». La quinta tappa del viaggio dei romani nell’analisi del dilemma del porcospino è probabilmente l’apice del loro terzo album: un’apoteosi di violenza catartica totalizzante, che travalica frontiere e distrugge le barricate, trasportando l’ascoltatore altrove.
“Exhale”: riappacificazione
A chiudere il cerchio aperto con “Skin”, con un sospiro profondo, ci pensa “Exhale”. Ariosa, pensosa, a tratti serena, l’ultima traccia in scaletta parla di isolamento e distacco. Una separazione dolorosa, accettata di buon grado, nonostante tra le righe possa trasparire una certa triste rassegnazione. “Exhale”, ci spiegano Tenebra e Gris, rappresenta la riappacificazione con la realtà in tutte le sue sfaccettature, piacevoli e orribili. «È possibile proseguire un’esistenza nonostante il dolore che è stato superato e che si incontrerà nuovamente. Il prezzo della resilienza è la desensibilizzazione totale dai sentimenti così come dal dolore».
A modo suo, “Exhale” è una traccia romantica, dolceamara, a tratti speranzosa e a questa importanza sul piano testuale corrisponde una complessità sul piano degli arrangiamenti. In otto minuti e spiccioli, i Dreariness condensano sé stessi, tessendo trame che attirano e conquistano con i loro riflessi cangianti. Anche in questo caso non siamo lontani dalle sonorità tradizionali del gruppo, ma ciò non significa che il pezzo sia stato partorito rapidamente, anzi. “Exhale” ha richiesto molto tempo per giungere alla sua versione definitiva, ha confessato Gris: «Ogni volta temevo che le parti mancanti non fossero all’altezza di ciò che era stato creato inizialmente e ricordo bene la mia ostinazione nel cercare in tutti i modi di chiudere il cerchio. Questo brano è la perfetta rappresentazione di quello che oggi è Dreariness».
Il dado è tratto. Il viaggio che i Dreariness hanno iniziato anticipando “Skin” oggi prosegue con l’anteprima di “Drain”, mentre all’orizzonte si iniziano a intravedere i contorni delle tappe successive. Before We Vanish uscirà tra un mese tramite My Kingdom Music e ha le potenzialità per essere uno dei lavori più belli di quest’anno, se ti piace crogiolarti nell’ombra e nella sofferenza. Non dire che non te l’avevamo detto.