1914 - Where Fear And Weapons Meet | Aristocrazia Webzine

1914 – Where Fear And Weapons Meet

Gruppo: 1914
Titolo: Where Fear And Weapons Meet
Anno: 2021
Provenienza: Ucraina
Etichetta: Napalm Records
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TRACKLIST

  1. War In
  2. FN .380 ACP#19074
  3. Vimy Ridge (In Memory Of Filip Konowal)
  4. Pillars Of Fire (The Battle Of Messines)
  5. Don’t Tread Of Me (Harlem Hellfighters)
  6. Coward
  7. … And A Cross Now Marks His Place
  8. Corps D’Autos-Canons-Mitrailleuses (A.C.M)
  9. Mit Gott für König und Vaterland
  10. The Green Fields Of France
  11. War Out
DURATA: 01:03:27

Chi scrive ha studiato storia contemporanea, scegliendo di focalizzare la propria attenzione sulla Prima Guerra Mondiale. Chi all’interno della redazione di Aristocrazia poteva quindi parlare dei 1914 e del loro Where Fear And Weapons Meet se non il sottoscritto?

La Grande Guerra (1914-1918) è stata un evento traumatico, il primo vero conflitto totale capace di coinvolgere milioni di individui tra militari e civili, tanto che il 1914 può essere a ragione considerato una sorta di spartiacque tra l’ottimismo della Belle Epoque e gli orrori di quello che lo storico britannico Eric Hobsbawm ha definito il secolo breve. Non deve quindi sorprendere se, in occasione del suo centenario, si sia osservato un rinnovato interesse nei confronti delle vicende intercorse nel quadriennio in questione, concretizzatosi in pellicole come 1917 di Sam Mendes e in una moltitudine di pubblicazioni tra narrativa e saggistica. Un fenomeno simile, seppure in tono minore, è avvenuto anche nel mondo del metal, con l’uscita di album come Les Ténèbres Modernes dei canadesi Neige Et Noirceur e la comparsa di progetti il cui concept ruota completamente intorno al conflitto. Tra i più interessanti, anche per l’approccio al tema, vale la pena citare la one man band tedesca Kanonenfieber — di cui abbiamo recensito il debutto — e, appunto, gli ucraini 1914.

Where Fear And Weapons Meet è il terzo full length per la formazione di L’viv, città che con il nome di Lemberg fu capitale di quella Galizia asburgica teatro di alcune delle prime sanguinose battaglie della Grande Guerra. Il disco segue di tre anni l’acclamato The Blind Leading The Blind, in origine pubblicato da Archaic Sound e successivamente ristampato da Napalm Records, con cui la band si era fatta conoscere al mondo, dimostrando di possedere buone competenze compositive e facendo ben sperare per il futuro. Speranze che, visto il risultato, erano assolutamente ben riposte.

“War In”, il brano di apertura, è come da tradizione estratto da una canzone dell’epoca. Questa volta i 1914 hanno scelto “Tamo Daleko”, ballata folk composta durante la drammatica ritirata dell’esercito serbo verso l’Adriatico dopo la capitolazione del Paese, nell’autunno del 1915. Si resta nei Balcani, a Sarajevo, anche nella successiva “FN .380 ACP#19074”, il cui titolo criptico altro non è che il modello e il numero di serie della pistola con cui Gavrilo Princip uccise l’erede al trono austriaco Franz Ferdinand e sua moglie Sophie, dando il via a quella sequenza di eventi che nel giro di appena un mese causò lo scoppio del conflitto. Sin dalle prime battute ci si accorge di come i Nostri, pur rimanendo fedeli a quella miscela di black, death e doom che li contraddistingue, ne abbiano rimosso le asperità, preferendo un approccio più melodico e al tempo stesso più complesso rispetto al passato. Gli inserti orchestrali, ad esempio, oltre a dare un tocco sinfonico a là Septicflesh, contribuiscono a creare un’aura di drammatica teatralità dove presenti, come in “Pillars Of Fire”, pezzo incentrato sulla battaglia di Messines: nella notte del 7 giugno 1917 le forze inglesi fecero detonare diverse decine di tonnellate di esplosivo sotto le trincee tedesche, spazzandole via insieme ai loro occupanti; i crateri delle esplosioni sono ancora riconoscibili attraverso Google Maps, a testimonianza di come il conflitto sia stato in grado di lasciare cicatrici permanenti anche nella geografia dei luoghi.

Che si tratti del death melodico di “Vimy Ridge”, brano dedicato alla memoria di Filip Konowal, soldato canadese di origine ucraina decorato con la Victoria Cross, o del blackened death di “Mit Gott Für König Und Vaterland”, che descrive la cattura tedesca di Fort Douaumont a Verdun nel 1916, il quintetto ucraino si dimostra perfettamente a suo agio nel giostrarsi tra influenze e sonorità differenti. Questo è ancora più vero negli episodi dal minutaggio più impegnativo come ad esempio “Corps D’Autos-Canons-Mitrailleuses”, incentrato sulle vicende del corpo di spedizione belga in Russia: l’alternarsi tra il furioso blast beat del refrain e un elefantiaco doom sinfonico crea un piacevole contrasto in grado di catturare l’attenzione dell’ascoltatore.

Nei testi dei 1914 non c’è traccia di quella esaltazione belluina e di quella morbosa fascinazione verso la morte e la distruzione spesso presenti nelle liriche a tema bellico. Al contrario, i Nostri descrivono con naturalezza storie che nel ventunesimo secolo sembrano straordinarie, ma che furono la spietata e tragica quotidianità per milioni di uomini costretti nelle trincee. Non mancano, inoltre, riferimenti che possono essere letti come una aperta condanna dell’assurdità della guerra. “Coward”, brano folk che vede la partecipazione di Sasha Boole, compagno di avventura di Nergal — già frontman dei Behemoth — in Me And That Man, ruota intorno alla vicenda di un soldato traumatizzato da un bombardamento e giustiziato senza processo per codardia, evento tutt’altro che raro in un conflitto dove il fuoco dell’artiglieria poteva durare per intere settimane e in cui non vi era la minima attenzione alla salute mentale della truppa. La successiva “… And A Cross Now Marks His Place”, dove fa la sua comparsa Nick Holmes dei Paradise Lost, altro non è che la lettera inviata alla madre del soldato Arthur George Harris per informarla dell’uccisione in azione del figlio, caduto nel 1918 a trent’anni. La chiosa finale dell’album è affidata alla cover di “The Green Fields Of France”, celebre brano antimilitarista composto nel 1976 da Eric Bogle, in cui il suono straziante delle cornamuse crea un’atmosfera abrasiva, angosciante e desolata come la terra di nessuno, seguita da “War Out”, stralcio tratto da “I Didn’t Raise My Boy To Be A Soldier”, canzone pacifista americana del 1915.

Where Fear And Weapons Meet è senza dubbio un album eccellente, decisamente superiore ai suoi predecessori, e non mi stupirei nel vederlo inserito tra le migliori uscite dell’anno. Complice un’ottima qualità del suono, in grado di enfatizzare tanto il lavoro di scrittura quanto la capacità esecutiva dei singoli musicisti, i 1914 si sono dimostrati capaci di una notevole crescita artistica, che li ha portati a confezionare un disco complesso, ricco di sfaccettature, ma al tempo stesso di facile ascolto.