65DAYSOFSTATIC – replicr, 2019
Tra i tanti gruppi che nell’ultima ventina d’anni hanno mischiato le carte in tavola, senza alcun riguardo per i confini che in teoria separerebbero i generi musicali, i 65daysofstatic occupano sicuramente un posto peculiare. Fin dai primi passi e dal fortunatissimo esordio The Fall Of Math, il quartetto di Sheffield ha saputo reinventarsi con grande frequenza e capacità, raggiungendo uno status di rilievo tra i gruppi legati al post-rock nati negli anni ’00. Col tempo, la band è stata coinvolta con successo nei progetti più disparati e ha suonato letteralmente ovunque, difatti fu la prima che vidi dal vivo durante i miei anni a Shanghai.
Una delle caratteristiche chiave è stata proprio il fatto che di rock, in realtà, ce ne fosse fondamentalmente poco. La visione dei 65dos nasceva dall’incontro tra varie culture sonore, dal math al glitch, dalla dance all’hardcore, fino a evolversi verso qualcosa di sempre più rarefatto, universale e inafferrabile, un confronto costante tra esseri umani e macchine messo in atto attraverso quella che la band ha definito Teoria della Scomposizione. Questo approccio ha vissuto la propria fase di massima espansione ed esplorazione, in termini anche spazio-temporali, nell’esperimento videoludico del 2016 No Man’s Sky: Music For An Infinite Universe.
Il mood principale del nuovo replicr, 2019 è invece molto diverso, il quartetto si è lasciato alle spalle i brani relativamente lunghi del precedente Wild Light (stavolta nessun pezzo supera i cinque minuti e mezzo) e il sentimento di scoperta e curiosità quasi scientifica che aveva caratterizzato la colonna sonora di No Man’s Sky. Lo scenario di riferimento è quello della sesta estinzione di massa, l’abisso verso cui ci sta portando il sistema capitalista, con tutto il suo corollario di distruzione e disagio. Tra titoli praticamente impronunciabili e frammenti sonori provenienti dai meandri della nostra mente e dal caos informativo che ci circonda, i 65dos mettono in scena una sorta di apocalisse sospesa. Una costante sensazione di fine totale, onnipresente, ma che allo stesso tempo fatichiamo a percepire nella sua interezza, una crisi che come individui riusciamo a definire solo a tratti, di elemento in elemento. Una fine che permea il presente e si estende come un velo sonoro nel futuro.
replicr, 2019 è per certi versi l’apice della ricerca musicale, visiva e filosofica della band di Sheffield, la condensazione estrema della loro carriera, con forse il solo brano conclusivo “Trackerplatz” a mantenere un collegamento riconoscibile con gli esordi: il pezzo nasce infatti da una vecchissima registrazione dei 65dos, riemersa dalla sala prove e rielaborata attraverso l’attuale visione della band. Sporadici barlumi di speranza come questo indicano — non senza difficoltà — una via attraverso il collasso di questa “Bad Age”, mentre il tempo sta finendo ed è sempre più complicato capire cosa accadrà agli oceani (“Five Waves”). Complimenti ai 65daysofstatic, alla Superball Music e alla Century Media, per aver dato alle stampe qualcosa di così intenso e inaspettato nel sempre più affollato panorama delle uscite che si rincorrono settimana dopo settimana.