A.A.V.V. – Russian Death Metal Vol. 3 | Aristocrazia Webzine

A.A.V.V. – Russian Death Metal Vol. 3

 
Gruppo: A.A.V.V.
Titolo: Russian Death Metal Vol. 3
Anno: 2016
Provenienza: Russia
Etichetta: Darknagar Records
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TRACKLIST

  1. The Mutilator – Lilith
  2. Corvus Lives Again – Cheogh (Sleep, Ophelia)
  3. Dead Point – Citizen X
  4. Incarnator – Distraught Homicide: Clocktower Sniper
  5. Permafrost – …Of Wraiths And Salvatory Blindness
  6. Total Despair – Mass Decapitation
  7. Monsalvat – Dancing Moloch
  8. Accidental Death Benefit – The Crown Of Creation Of Nature
  9. Panopticon Death – Experimental Paradigm
  10. The Nameless – Mass Hypnosis
  11. Alcoholic Russian Bear – Forest Guard
  12. Voices Of Death – Endless Fear
  13. Gutted Bride – Seizure Of The Gods
  14. Chestburst – Servant Breeding
  15. Nakka – Press
  16. Leichttraktor – Coprocubes
  17. Absorbed Dose – Mental Traps
  18. Tekna – Acid Drop
DURATA: 68:00
 

Prima di cominciare il lungo esame di tutte e diciotto le band rappresentate nella compilation "Russian Death Metal Vol. 3" edita dalla Darknagar Records, permettetemi di definirne le coordinate: innanzitutto, non stupirà nessuno sapere che è raro vedere uno di questi gruppi con del materiale all'attivo, al punto che una buona fetta è addirittura assente anche su Metal Archives. Pertanto, ignoravo l'esistenza delle band qui presenti, a eccezione di una certa vecchia conoscenza di Aristocrazia che vedremo più avanti.

Ora partiamo con la scaletta: il lavoro si apre con "Lilith" dei The Mutilator, un brano su cui ho più di qualche dubbio. Death metal classico con l'aggiunta di qualche coro qua e là. La mia prima impressione non è stata delle migliori: molto statico, con riff non troppo convincenti e una sezione ritmica che non riesce a dare il giusto valore ai passaggi. Credo sia la coesione a mancare.

Proseguiamo con "Cheogh (Sleep, Ophelia)" dei Corvus Lives Again. La band sfodera un death tecnico che accatasta passaggi con una certa foga, riecheggiando a tratti i Death dell'ultimo periodo. C'è molta creatività in questa traccia sempre in cambiamento e molta carne al fuoco; una delle cose più interessanti del lotto.

I Dead Point, invece, ci danno dentro con i suoni brutali. Se da un lato "Citizen X" non si distingue per passaggi incredibili, bisogna ammettere che a livello di struttura si sono impegnati non poco. In controtendenza gli Incarnator, che con "Distraught Homicide: Clocktower Sniper" ci mostrano un suono già rodato, dove il fantasma di Chuck Schuldiner e soci torna più prepotente di prima, per un brano che si fa ascoltare con piacere.

"…Of Wraiths And Salvatory Blindness" dei Permafrost è la traccia più marcia del lotto: death svedese catacombale e ronzante, un growl putrefatto fino al midollo, e un po' di varietà che non guasta mai; devo ammettere che mi ha conquistato subito. Seguono i Total Despair, rappresentanti di un certo slam brutal death: con "Mass Decapitation" ci donano una prova standard, dove la fantasia è assente; meno di tre minuti con nulla da dire.

I Monsalvat cambiano registro e si buttano sul death melodico, rifacendosi ai Dark Tranquillity del primo periodo. Penalizzata da una produzione non all'altezza, "Dancing Moloch" non presenta melodie troppo ispirate; il pezzo passa senza lasciare troppa traccia di sé, un peccato! Va molto peggio con "The Crown Of Creation Of Nature": gli autori, tali Accidental Death Benefit, sono tra i più moderni della scaletta e mescolano deathcore, brutal e sezioni melodiche, il tutto senza la minima idea di dove vogliano andare; la durata supera i quattro minuti e mezzo, ma non serve tutto quel tempo per capire che il gruppo fa tanto chiasso per nulla.

Ad alzare il livello arrivano i Panopticon Death, che ci propongono un melodic death svedese bello corposo e suonato a testa alta; in "Experimental Paradigm" tutto va per il verso giusto, ci sono un growl potente e un tema ripetutto che ti si stampa in testa, ci sono le capacità di far funzionare questo tipo di musica anche rimanendo fedeli al genere, il tutto con il giusto compromesso tra pesantezza e orecchiabilità. Anche i The Nameless puntano sull'orecchiabilità, pur se con coordinate stilistiche più pesanti: "Mass Hypnosis" è un brano pieno di groove, come accadeva ai Six Feet Under esordienti, perfetto per l'headbanging ed efficace, malgrado non abbia certo chissà quale profondità.

I tristemente sciolti Alcoholic Russian Bear vincono per il nome migliore e ci propongono del brutal death con la loro "Forest Guard", una traccia minacciosa che spinge sulla furia omicida e aggredisce l'ascoltatore; senza dubbio piacevole. Non posso, però, avere buone parole per i Voices Of Death: la band è giovane, mi è bastato guardare le facce nelle foto sul libretto per capirlo. "Endless Fear" rimane, tuttavia, impresentabile, con due riff death-thrash vergognosi, per chiudersi con un breakdown (?!) e andarsene a casa. Fine. Mi chiedo come abbia fatto questa traccia a essere selezionata.

È il turno di due percosse all'insegna del brutal death: i Gutted Bride affidano "Seizure Of The Gods" a una varietà di sviluppi costanti, anche se il growl forse non è all'altezza. Il risultato, comunque, convince. Invece, "Servant Breeding" dei Chestburst è più semplice e monolitica, sfociando nel death-grind nelle parti più veloci, in genere meno piacevoli dei colleghi, ma sempre ascoltabili.

Siamo arrivati al piatto principale. Dovete sapere che qui ad Aristocrazia siamo dei grandi fan dei Nakka. Chiedetelo a Dope Fiend o a Bosj. "Press" vuole essere moderna, ritmata, divertente e veloce. Vi basti sapere che non lo è e quando finisce si può solo scrollare le spalle e andare avanti. Buttiamoci poi nel death-grind letale dei Leichttraktor, per constatare che "Coprocubes" ci fa passare il tempo con il suo andamento punk senza particolari acuti, per una traccia in definitiva dimenticabile.

Gli Absorbed Dose non mi sono dispiaciuti. "Mental Traps" suona svedese e abusa di tremolo picking (cosa che a me fa piacere), suonando melodica eppure non troppo. Non capisco, però, l'etichetta di «experimental metal» che gli affibbia il libretto. Concludiamo la carrellata con i Tekna, vicini a certe derive del death tecnico, specie sullo stile polacco. "Acid Drop" ha numerosi passaggi e diversi cambi di tempo: nulla di strabiliante o inaspettato, però l'impegno c'è. Ammetto che il brano non è facile da seguire già di suo e, messo in fondo alla scaletta, si è solo peggiorata la situazione.

Come avrete notato, questa compilation non è altro che una panoramica del mondo death metal underground della Russia (più o meno… dov'è il death-doom?) con i suoi alti e bassi. La Darknagar Records viene incontro ai curiosi, mettendo l'intero lavoro in download libero sulla pagina Bandcamp. Diciotto band in un colpo: decidete voi se ne vale la pena.