A THOUSAND SUFFERINGS – Stilte
I belgi A Thousand Sufferings sono passati sotto la nostra lente ai tempi di Burden (Satanath Records, 2015); di anni ne sono passati sei, da allora, e guarda caso il malessere non ha fatto che aumentare, per il quartetto fiammingo. Stilte si presenta come una bella mazzata di sole cinque tracce, di cui quattro con minutaggi di una certa importanza.
La struttura del disco ha un valore paradigmatico, e riflette in tutto e per tutto l’intenzione di PJ Turlinckx e soci: sommergerci di dolore. Stilte comincia infatti con i nove minuti di “Geen Helden Meer” (niente più eroi) e il suo incedere plumbeo in crescendo, fino all’esplosione in cui la voce di PJ irrompe senza fare prigionieri e sputa il suo disagio. Fin da questo primo schiaffone l’idea è che gli A Thousand Sufferings abbiano trovato la forma perfetta per esprimere il loro repertorio di male. Oltre a godere di una produzione massiccia e puntuale, infatti, la musica dei belgi si muove in un equilibrio esemplare fatto di black atmosferico e doom metal. “De Eenzame Veroveraar” (il conquistatore solitario) chiarisce questa strada una volta per tutte ed evidenzia le qualità della scrittura degli ATS. Perché nonostante la lunghezza media dei brani non ci si stufa neppure per mezzo secondo, e questo grazie al dinamismo complessivo di cui gode il disco e alla sapiente alternanza tra parti lente e angoscianti e improvvisi scatti d’ira. “Woestenij Der Rust” (deserto di ruggine) si distingue per le sue sfuriate atmosferiche, invece la title track è sovrastata dal doom e da un sapore ai limiti del DSBM, con un bellissimo fraseggio di chitarra sul finale. La conclusione di questo concentrato di sofferenza è affidata alla più breve e semi-acustica “Weerloos In Het Ijle”.
In definitiva gli A Thousand Sufferings mettono a segno l’opera più completa, coesa ed efficace della loro carriera, dando una prova di maturità che più consistente non si può. Bel colpo per la Immortal Frost.