AGRICULTURE – Agriculture
Quando avevo quindici anni e saltavo i fossi per lungo, ero sicura che il black metal fosse solo e unicamente un’espressione del Male, della misantropia, del gelido freddo che ti lacera la pelle come le zanne della leggendaria Bestia del Gévaudan: con l’eccezione dei Dimmu Borgir, qualsiasi cosa che esulasse da una lettura così drastica del black veniva automaticamente escluso e tacciato di non meritare nemmeno un ascolto. Fortunatamente, è passata molta acqua sotto i ponti, ho diversi dolori occasionali in più e mi tengo ben alla larga dei fossi: indubbiamente, tutto ciò mi consente, oggi, di apprezzare il full length omonimo dei californiani Agriculture.
Spulciando le note descrittive alla band, si scopre subito che il quartetto si è auto-investito della lodevole missione di trasporre in chiave black la gioia estatica, sentimento che gli Agriculture spiegano in maniera molto eloquente sul loro profilo Bandcamp, definendolo come il «giubilo che ha un impatto su di noi in un modo metafisico e, per certi versi, anche spirituale». In questo senso, l’estasi riguarderebbe sentimenti ed emozioni che devono «trascendere quello di cui solitamente facciamo esperienza nella vita di tutti i giorni».
Questo obiettivo, già esplicitato dal precedente EP The Circle Chant, viene ulteriormente ampliato all’interno di Agriculture, che pian piano rivela un climax ascendente di velocità, intensità e sensazioni accorate, che potremmo descrivere sommariamente come un incontro fra un black atmosferico che tende verso il post-black non troppo raffinato degli Skyforest di qualche anno fa, qualche suggestione ambient qua e là e un pizzico di folk.
Infatti, si parte dalle atmosfere contemplative e quasi malinconiche di “The Glory Of The Ocean”, per poi intraprendere una strada sempre più ricca di pathos, che fa tappa in prossimità dei lavori più recenti di Osi And The Jupiter (“The Well” potrebbe benissimo accompagnarsi ad “Appalachia” di questi ultimi) e prosegue allentando sempre di più il freno a mano e sconfinando nell’apice estatico, che pare essere proprio l’obiettivo primario che la band losangelina intende perseguire. L’album si conclude in modo magistrale con “Relier”, un brano lanciato all’ennesima potenza che non lascia alcuno scampo alla resa totale verso una sorta di nirvana della fruizione musicale.
All’interno di quest’album, insomma, idee valide si accompagnano alla solida capacità degli Agriculture di tradurre queste ultime in una forma altrettanto convincente. Vale decisamente la pena tenere d’occhio questi californiani e il loro — autodefinito — ecstatic black metal.