ALESKA – Construire Ou Détruire
«Accecati dalla nostra sete di potere che ci soffoca ogni giorno / Accecati dalla nostra vanità / La nostra riluttanza a pensare ci dona l’illusione di esistere / Incapaci di rimetterci in questione / Il nostro bisogno di superiorità ci porta alla distruzione»
Bastano i primi versi che gli Aleska urlano in Construire Ou Détruire (Costruire O Distruggere), per mettere in chiaro da che parte sta il quartetto di Metz, cittadina all’estremo nord-orientale della Francia. Che i cugini non se la passino troppo bene iniziavamo a sospettarlo tutti grazie a gente come i Nesseria, e in generale negli ultimi tempi tanto di quello che passa nella nostra sezione post- arriva dalla Francia. Che sia colpa dell’avanzata della Le Pen o della fallace risposta di Macron non è dato saperlo, quello che è certo è che la società delle disuguaglianze si sente tanto anche a nord delle Alpi, e che agli Aleska non sta bene.
Il loro messaggio è un misto post-hardcore, post-metal, post-rock, screamo, insomma, quella roba lì, quel mischione attualissimo e modernissimo e urgentissimo che tanti, negli ultimi anni, hanno iniziato a usare. E molti di quei tanti usano questi suoni per veicolare non più il messaggio disperato e nichilista dei Converge (che rimangono sempre e comunque IL nome di riferimento di tutti quanti, anche se i quattro francesi vanno molto più dritti), ma un messaggio di ribellione, di chi non ci sta, di chi vorrebbe tornare a sperare. È naturale quindi che gli Aleska in Construire Ou Détruire infilino spesso citazioni del post-rock soft/loud più classico, della schiera dei soliti noti tra Explosions In The Sky, Caspian, This Will Destroy You e tutta l’allegra compagnia (soprattutto) statunitense. Arpeggini che diventano arpeggioni che tornano arpeggini che esplodono nello scream del cantante e chitarrista Nicolas Buono.
Va da sé che gli Aleska non inventano nulla, ma fanno tutto talmente bene che non serve nient’altro. C’è la passione, c’è la personalità, c’è l’ispirazione e c’è una produzione a regola d’arte, anche questa appannaggio della band stessa, che ha scelto di autoprodursi in tutto e per tutto, dallo studio fino alla realizzazione e distribuzione del vinile, che si presenta arricchito dall’illustrazione del talentuoso québécois Alexandre Goulet. E quindi avanti così, continuare a costruire e poi distruggere, continuare ad avanzare, in un eterno ricominciare, ogni volta un nuovo inizio per avere la sensazione di sentirsi vivi.