Ancient Rites - Laguz | Aristocrazia Webzine

ANCIENT RITES – Laguz

Gruppo: Ancient Rites
Titolo: Laguz
Anno: 2015
Provenienza: Belgio
Etichetta: Massacre Records
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TRACKLIST
  1. Golden Path To Samarkand
  2. Carthago Delenda Est
  3. Under The Sign Of Laguz
  4. Von Gott Entfernt (Bij Nacht En Ontij)
  5. Apostata (Imperator Fidelis)
  6. Legio V Alaudae (Fifth Larks Legion)
  7. Mind Unconquered
  8. Umbra Sumus (We Are Shadows)
  9. Frankenland
  10. Fatum (Ill Fate/Noodlot)
DURATA: 45:54

Gli Ancient Rites si sono risvegliati dallo stato d’ibernazione in cui erano sopiti e ci sono voluti la bellezza di nove anni prima che la formazione guidata dal cantante-bassista Gunther Theys ci proponesse il successore di Rubicon. Il momento è quindi giunto e il nuovo disco ha per titolo Laguz: runa il cui simbolo identifica le acque primordiali, l’energia vitale e la crescita organica.

La band riprende il percorso musicale perseguito in passato da dove si era interrotto, tant’è che sin dai primissimi ascolti si ha la netta impressione che questo loro sesto lavoro in studio sia per vari connotati similare al precedente, ma incentrato a promuovere maggiormente l’aspetto sinfonico e pomposo della componente orchestrale realizzata da Oliver Phillips. In scaletta troviamo quindi dei brani nei quali i ricami e le estensioni elaborate dalle tastiere la fanno da padrone insieme al comparto atmosferico, decisamente cangiante ed elegante nel raffigurare scenari ancestrali e scorribande epiche. Questi aspetti vengono supportati dalla interpretazione narrante del cantato di Theys.

Per alcuni versi potreste immaginare questi Ancient Rites come un malsano ma riuscito connubio fra Bal-Sagoth e Blind Guardian, pur se i nomi da tirare in ballo sarebbero sicuramente di più, ma preferisco limitarmi a questi due. La proposta si avventura in ambito black metal, contaminandosi di power metal e musica folk, tuttavia in questa occasione la pecca che mina il buon andazzo di Laguz risiede proprio nello sfruttamento eccessivo del lato sinfonico, tratto che in entrambe le compagini citate ha fatto numerosi danni nel corso degli anni, a causa di pacchiane sovraesposizioni o di soluzioni non proprio ben assorbite nel complesso strumentale.

Il disco si lascia comunque ascoltare piacevolmente: è palese la sensazione che vi sia una omogeneità di fondo che emerge e cresce con l’aumentare dei giri nel lettore, così com’è abbastanza evidente la poca aggressività delle chitarre, limitate probabilmente dalle scelte fatte in sede di produzione, svoltasi presso gli Spacelab Studios e curata da Christian “Moschus” Moss, che ha preferito aumentare la magniloquenza generale. Le sei corde sollevano però la testa, facendosi apprezzare in chiave solistica, inserendo assoli di pregevole fattura in episodi come “Von Gott Entfernt (Bij Nacht En Ontij)”, “Apostata (Imperator Fidelis)” e “Ombra Sumus”.

Nota di merito va assegnata infine alla realizzazione del libretto informativo, contenente alcune note approfondite che esplicano il background storico sul quale sono stati modellati i singoli brani e una serie di raffigurazioni battagliere (alcune ideate da Gunther Theys) che ben si sposano con l’animo del lavoro, oltre ai testi.

In definitiva, Laguz è un rientro in scena che pur viaggiando su binari sicuri non incanta del tutto, ma riesce comunque a farsi apprezzare. Ovviamente gli appassionati del genere e coloro che da sempre seguono le gesta discografiche degli Ancient Rites troveranno nei pezzi presentati pane per i loro denti e pertanto consiglio quantomeno di ascoltarlo, per dare così il proprio personale bentornato a questi musicisti belgi.