APHONIC THRENODY – First Funeral | Aristocrazia Webzine

APHONIC THRENODY – First Funeral

 
Gruppo: Aphonic Threnody
Titolo: First Funeral
Anno: 2013
Provenienza: Internazionale
Etichetta: Avantgarde Music
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TRACKLIST

  1. The Threnody
  2. Eyes' Light Fadeed Away
  3. Life Calls Death
  4. Hollow
  5. Symphonaire Infernus Et Spera Empyrium [cover My Dying Bride]
DURATA: 52:33
 

Ep d'esordio per una formazione quantomai complessa da descrivere. Gli Aphonic Threnody si formano lo scorso anno dall'unione di due musicisti: uno italiano, Roberto Mura (voce e testi), e uno di origine italiana, ma nato e cresciuto oltremanica, Riccardo Veronese (chitarra e basso), che nello stesso periodo si ritrovano a suonare insieme nei Dea Marica. Il web ci dice che Veronese è di stanza a Londra, tuttavia il livello internazionale della band non si ferma qui: per la registrazione di "First Funeral" infatti si sono aggiunti ai due Marco Z (batteria, tra gli altri già negli Absentia Lunae e soprattutto negli Urna con lo stesso Mura), il violoncellista ungherese Ábel Libisch e nientemeno che Kostas Panagiotou dei Pantheist alle tastiere. Già i soli nomi alle spalle del progetto dovrebbero essere sufficienti per destare l'interesse dei doomster più incalliti.

Gli Aphonic Threnody scelgono di rimanere fedeli alla lezione dei primi anni '90, un doom-death con spruzzate funeral prima maniera, da cui si spiega la presenza della cover di uno dei primissimi pezzi dei My Dying Bride come traccia bonus: originariamente inteso, azzardo, come contenuto extra di un'edizione limitata mai andata in porto, il pezzo è quindi finito su tutti i cd, aggiungendo quasi un quarto d'ora di registrazioni al già ricco piatto presentato dalla formazione esordiente (non è invece presente nell'edizione in vinile, curata dalla Terror From Hell).

Le quattro composizioni di "First Funeral" sono una mattonata incredibile: lente, spesse, lunghe e cupe, catturano l'ascoltatore in un vortice di disperazione e tormentato sconforto. La chitarra di Veronese riempie le casse di un riffing centellinato e greve (e lento, l'ho già detto?), però il gruppo è bravo a non cadere nella monotonia, lasciando alle tastiere di Panagiotou spazio a sufficienza per inframezzare il tormento con aperture melodiche che conferiscono una pregevole varietà. Il cantato di Mura non incalza mai, ma accompagna la chitarra in un growl graffiato e cadenzato, dando voce a parole di lamento e disperazione. In particolare, "Hollow", con il suo testo asciutto e minimale, è il pezzo del lotto che più valorizza l'alchimia tra i cinque membri, con un incedere particolarmente epico e grosso, più magniloquente rispetto ai tre brani che lo precedono. Bellissimo.

Tra bordoni di sei corde infiniti e down-tempo, tra i Thergothon e i primi My Dying Bride, gli Aphonic Threnody consegnano un esordio già maturo e completo, che non fa altro che alzare le aspettative per il primo album, in fase di completamento.