AQUILUS – Bellum I
Quando a fine gennaio 2021 Waldorf, la mente e il corpo dietro la one man band australiana Aquilus, ha annunciato en passant, come se stesse parlando del tempo, che il nuovo disco era in fase di mastering, a momenti mi veniva un infarto. Dieci anni di silenzio musicale erano trascorsi dalla pubblicazione del superbo Griseus e mi ero chiesta più volte quanto ci sarebbe stato ancora da attendere prima che il nuovo materiale vedesse la luce. A febbraio poi è seguita la comunicazione in merito all’etichetta, la finlandese Blood Music, e al titolo, Bellum I. Nulla si sapeva ancora invece in merito alla data di uscita, comunicata qualche mese più tardi e prevista per lo scorso dicembre.
Nonostante l’hype a mille e l’ottimistica certezza che si sarebbe trattato di un bel disco, da una parte c’era il comprensibile timore che niente di eccessivamente bello e di valore potesse seguire quella splendida bestia di Griseus. Insomma l’annuncio di Bellum I si era tramutato in un’arma a doppio taglio in piena regola. Poi il disco è uscito e prima ancora di averne terminato l’ascolto lo avevo già inserito nel carrello. Un gioiello, una bomba vera. Un’ora di black metal neoclassico in cui compaiono archi e un pianoforte, con lievi striature folk e intenzioni che non posso non definire prog, Bellum I è uno splendido lavoro che musicalmente non ha senso paragonare col predecessore, mentre a livello qualitativo siamo probabilmente appena un pelino sotto. Manca forse quell’elemento che fa cadere la mascella a terra, però personalmente gli occhi a forma di stellina mi sono venuti lo stesso.
Non dobbiamo inoltre farci ingannare dalla durata, perché l’album scorre che è un piacere e cresce a dismisura con gli ascolti, pur lasciando il segno già col primo. Personalmente lo avrò ascoltato sette o otto volte e mi sembra sempre più maestoso, elaborato e ricco man mano che lo faccio ripartire. Le sequenze black a volte spiccano più di quelle neoclassicche, a volte vi si fondono, per un risultato ricco di progressioni tra passaggi più estremi e altri intensi e delicati. Tra i brani più maestosi devo citare necessariamente “Eternal Unrest”, “Lucille’s Gate” (che è anche il secondo singolo estratto) e la vera e propria suite melodica “Empyreal Nightsky”, delicata, malinconica e ricca di suspence. I pezzi strumentali sono in effetti ben tre in totale, cosa che non sorprende trattandosi di Aquilus: spero di aver suscitato abbastanza curiosità affinché decidiate di scoprire autonomamente quali sono.
La prima cosa che mi sono chiesta una volta annunciato il titolo del disco è se quel I fosse un pronome personale inglese, mescolato al latino di bellum, oppure se fosse un numero ordinale. Un post Facebook a proposito del disco sorella (curioso che venga inteso al femminile) Bellum II, quasi in fase di missaggio, ha chiarito i miei dubbi e, che ve lo dico a fare, sollevato l’hype ancora di più. Credo che parleremo nuovamente di Aquilus prima del previsto visti i presupposti, anche se per quanto mi riguarda sono così fomentata che sarei disposta ad aspettare anche altri dieci anni se mi venisse garantito un disco dello stesso calibro di Bellum I.