ARROGANZ – Morsus
Sono una bestia piuttosto strana, gli Arroganz. Attivo da una dozzina d’anni, il trio del Brandeburgo ha esordito ufficialmente nel 2011 con Dark And Deathless, e da allora ha pubblicato materiale con invidiabile e teutonica regolarità, tanto che Morsus è il quinto album in dieci anni, ma non è mai riuscito a uscire dall’ombra.
Per il loro esordio su Supreme Chaos Records (etichetta che per la verità negli ultimi tempi si sta specializzando più in ristampe che in nuove pubblicazioni), gli Arroganz continuano lungo la strada percorsa col precedente Primitiv (FDA Records, 2017), una strada che insozza le fondamenta death metal su cui i tedeschi costruiscono la propria proposta di sbavature black metal, hardcore e a tratti pure crust. Se le prime sono sempre state lì, sono le altre a dare un contorno più definito agli Arroganz del 2020, che da gruppo death-black sono oggi tranquillamente affiancabili a realtà più distanti, dai Disfear ai nostrani Lambs.
Morsus è un album molto d’atmosfera, in cui si respirano rabbia e zolfo senza soluzione di continuità, che spesso viaggia a giri bassi prediligendo ritmi compassati e suoni magmatici piuttosto che violenza incontrollata, dove i momenti furibondi sono sempre centellinati. Il problema, per rimanere sui toni dello zolfo e del magma, è che gli Arroganz suonano come il corrispettivo della caldera di un vulcano: qualcosa che avrebbe potuto seminare morte e distruzione, ma che ormai è svuotata della sua forza e che prima di tornare a imporsi deve ricaricarsi.
Formalmente Morsus non ha nessun difetto, è ben suonato e ben prodotto, anche piuttosto vario, eppure non riesce mai a trovare una forma e una dimensione precise. È un po’ death, un po’ black, un po’ hardcore, a suo modo pure un po’ crust, ma alla resa dei conti non riesce a essere nulla di tutto questo in senso pieno, e finisce per presentare una sequela di riff che non si stampano mai in mente. Peccato, perché l’impegno dei tre musicisti, e soprattutto del bassista, cantante e compositore -K-, si sente, ma da una band con più di dieci anni di esperienza sul groppone è lecito aspettarsi un po’ più di incisività.