ARUNA AZURA – A Story Of A World’s Betrayal
Gruppo: | Aruna Azura |
Titolo: | A Story Of A World's Betrayal |
Anno: | 2013 |
Provenienza: | Russia |
Etichetta: | Metal Scrap Records |
Contatti: | Reverbnation – Facebook |
TRACKLIST
|
|
DURATA: | 62:27 |
Negli anni sono arrivato a maturare la convinzione che il peggior nemico di un artista dalle velleità progressive sia la prolissità. Ciò che rende lavori come "Unquestionable Presence" o "Focus" dischi fenomenali e non soltanto "belli" è la capacità di condensare un quantitativo di idee, concetti, materia prima di varia in una manciata di canzoni che complessivamente non vanno oltre i trentacinque, quaranta minuti. Ed è proprio in questo che invece gli Aruna Azura e il loro death progressivo mancano clamorosamente il bersaglio.
Il quintetto di Murmansk le carte in mano le ha tutte: musicisti capaci, l'idea per un concept (incentrato su un libro della conoscenza, il "Libro Delle Conseguenze", non proprio un'idea originalissima, ok, ma funziona), una buona capacità compositiva, un produttore abile interno alla band nella persona del chitarrista Max War-M. Eppure la formazione esordiente manca del dono della sintesi: "A Story…" si compone di sette canzoni per quasi sessantatré minuti di musica e — per quanto ispirato e piacevole il materiale possa essere (e lo è) — la noia sulla lunga distanza finisce per arrivare quando la durata media di un brano si aggira intorno ai nove minuti.
Musicalmente parlando, colpisce una particolarità: la pressoché totale inesistenza di chitarra ritmica. I progster si sono presi davvero sul serio: il lavoro di manico sulla sei corde è onnipresente e quand'anche una delle due chitarre faccia da supporto all'assolo finisce per essere da questo del tutto soverchiata. La sezione ritmica, dal canto suo, svolge un lavoro egregio, con un basso robusto e tondo che ricorda da vicino il suono di Sean Malone nei Cynic e una batteria molto variegata e sempre pulita, anche se nei rarissimi blast-beat (qualche spruzzata di quando in quando in apertura con "Rites" e nella conclusiva "Azure Sun") perde qualche colpo. Il cantato di Paul G. Wicker (anche autore di tutti i testi in un inglese più che dignitoso), ancora, è ben dosato e versatile, anche se più a suo agio con il growl che sulle note alte pulite.
Le vere protagoniste di questo lavoro, tuttavia, rimangono sempre le chitarre, o meglio i virtuosismi tecnici che da esse scaturiscono, in un perenne andirivieni di cambi di tempo, assoli e qualsivoglia garbuglio. Le sei corde non si danno mai pace, sempre in cerca di una nuova strada da prendere, di una nuova nota improbabile da inserire, di un assolo più veloce. Forse le lungaggini di "A Story Of A World's Betrayal" dipendono proprio da questo, dall'aver indugiato troppo nell'autocompiacimento strumentistico e aver perso così di vista il vero obiettivo: intrattenere con la propria musica. Trovassero maggior concretezza, gli Aruna Azura sarebbero in grado di svettare all'interno del marasma qualitativamente altalenante delle uscite underground odierne, prima però bisogna alleggerire il carico.