ASH OF ASHES – Down The White Waters
Dallo scioglimento definitivo degli ottimi Hel, Markus “Skaldir” Skroch ha continuato a tenere un piede sulla porta del metal di nicchia, consolidando il nome dei suoi Kalhtallen Studios; negli ultimi anni sempre di più sono stati i gruppi che hanno beneficiato del suo supporto per mastering e produzione, dai redivivi The Chasm a Myrkgrav, agli Angellore, agli Unspoken. Nondimeno, al suo lavoro in fase di produzione, Skaldir ha continuato ad accompagnare una fitta attività in studio che lo vede membro attivo di gruppi molto diversi tra di loro: dagli Elane, compagine darkwave-neofolk tedesca, agli Abscession, formazione death che arriva addirittura direttamente dalla Svezia. Nulla, però, che fosse anche solo vagamente riconducibile a quanto suonato per quasi vent’anni con la sua band principale.
Stupisce solo fino a un certo punto, quindi, che con gli Ash Of Ashes i richiami al black metal a tinte pagane e vichinghe tornino al centro della scena. Down The White Waters non deve comunque essere considerato l’erede di Das Atmen Der Erde, perché la matrice degli Ash Of Ashes è meno estrema, più vicina a suoni heavy e Bathory ultimo periodo, quel viking metal di così difficile definizione. Trattandosi, poi, di un progetto a due, dove Skaldir si occupa di tutta la parte di composizione, strumentale, e delle voci pulite, è inevitabile che il contributo dell’unico altro membro, Morten Basse, diventi particolarmente rilevante. Basse è un cantante molto dotato, che qui si occupa di tutte le parti in scream, e oltre a far parte di una serie di progetti underground misconosciuti qualcuno potrebbe ricordarselo per aver partecipato a uno dei settecentoquarantadue dischi del collettivo Folkearth. In Down The White Waters l’approccio è molto orientato alla voce pulita, lasciando le urla fuori dalla porta per la gran parte del lavoro, e dando all’album un’impronta epica e magniloquente che a volte arriva a ricordare addirittura i While Heaven Wept, e Skaldir sfrutta questa presenza per ammorbidire un po’ la chitarra e arrotondare i suoni. Il risultato è un album gradevole ed estremamente facile, nel senso migliore del termine.
La title track, posta in apertura, non fa mistero dei suoi richiami a Månegarm e Thyrfing , ma — appunto — non arriva mai a spingere troppo, rimanendo su tempi medi, aggiungendo cori da Nordland e facendo uso soltanto di una voce cristallina. Man mano che il disco procede, aumentano anche i rimandi più estremi e, soprattutto nella seconda parte, il duo trova il proprio equilibrio: con la lunga suite dedicata alla figura mitologica del fabbro Weland, che occupa gli ultimi cinque dei dieci brani del disco, gli Ash Of Ashes confezionano un concept variegato e bilanciato, aggiungendo un po’ di pepe a un lavoro che nella prima metà rimaneva un po’ scolastico.
A conti fatti, Down The White Waters è un buon album, un debutto che amalgama molte influenze diverse e racconta belle storie. Un po’ di mordente in più non guasterebbe, ma Skaldir e Morten hanno deciso per questa volta di cantare i loro racconti durante una notte intorno al fuoco, anziché dal fulcro della battaglia.