Ashenspire - Hostile Architecture | Aristocrazia Webzine

ASHENSPIRE – Hostile Architecture

Gruppo: Ashenspire
Titolo: Hostile Architecture
Anno: 2022
Provenienza: Regno Unito
Etichetta: Code666 Records
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TRACKLIST

  1. The Law Of Asbestos
  2. Bèton Brut
  3. Plattenbau Persephone Praxis
  4. How The Mighty Have Vision
  5. Tragic Heroin
  6. Apathy As Arsenic Lethargy As Lead
  7. Palimpsest
  8. Cable Street Again
DURATA: 43:58

Con il termine architettura ostile si indica la tendenza a inserire elementi deterrenti all’interno dell’arredo urbano, come ad esempio piani inclinati e punte in funzione anti-senzatetto, oppure panchine con braccioli mediani che impediscono alle persone di distendersi su di esse. In Hostile Architecture gli Ashenspire riprendono il concetto e ne ampliano la portata. Secondo gli scozzesi a essere ostile è la città stessa, luogo in cui le disuguaglianze sociali ed economiche sono sempre più palpabili e dove gentrificazione e speculazione edilizia spingono porzioni crescenti della popolazione verso i palazzoni delle periferie e i centri satellite, ormai ridotti a città dormitorio.

L’ensemble basato a Glasgow ha debuttato sulla piena lunghezza nel 2017 con Speak Not Of The Laudanum Quandary, un buon lavoro che lasciava intravedere una certa fascinazione per formazioni come A Forest Of Stars e per la sperimentazione, oltre a discreti margini di miglioramento. Con Hostile Architecture, registrato nel novembre del 2020 e rilasciato nel luglio di quest’anno da Code666 Records, i Nostri alzano ulteriormente l’asticella della qualità. Le intuizioni presenti nel debutto vengono riprese, ripulite e levigate prima di essere nuovamente espanse, anche grazie al contributo dei numerosi ospiti. Accanto a Scott McLean (Falloch), nuovamente al piano come nel disco precedente, troviamo tra gli altri Otrebor (Botanist, Ophidian Forest) al dulcimer martellato e Matthew Johnson al sassofono, strumento che ho imparato ad apprezzare grazie a progetti come White Ward e Æthĕrĭa Conscĭentĭa.

Sin dalle prime note di “Law Of Asbestos” ci si rende conto di quanto il nuovo lavoro degli Ashenspire sia stratificato e complesso. Le note calde del sassofono accompagnano il dulcimer, mentre gli altri strumenti si inseriscono in un crescendo che dalle iniziali atmosfere lounge culmina in un caleidoscopio di chitarre distorte, batteria serrata e incursioni free jazz, per poi scemare nuovamente in un finale evocativo dominato dal violino. La successiva “Bèton Brut”, invece, è più orientata verso il black metal, con un riffing davvero ben pensato, una sezione ritmica serratissima e inserti di sax che ora costruiscono dissonanze e ora vanno a sottolineare le parole di Alasdair Dunn. Altro brano, altra esplorazione musicale con le atmosfere avant-jazz di “Plattenbau Persephone Praxis” ed è così per l’intera durata del disco: per quasi tre quarti d’ora la band miscela senza soluzione di continuità influenze tra le più disparate, decostruendo e ricostruendo percorsi musicali imprevedibili. Nulla appare fuori posto in Hostile Architecture, nemmeno un episodio come “How The Mighty Have Vision”, con le sue atmosfere da musical di Broadway e il suo coro a due voci (Amaya Lopez-Carramerro come alto e soprano e Rylan Gleave come tenore e basso). Particolarmente azzeccata, inoltre, la scelta di ridurre il minutaggio dei singoli episodi, che risultano così meno dispersivi e più incisivi.

Se l’aspetto musicale è, a mio avviso, impeccabile, lo stesso si può dire dei testi. Scritti dallo stesso Dunn, sono valorizzati dal ricorso allo sprechgesang. Sviluppatosi in seno all’espressionismo tedesco, questo particolare stile fonde cantato e recitazione: elemento, questo, che aggiunge un tocco di drammaticità e teatralità all’opera. Come già anticipato nel primo paragrafo, le liriche girano intorno alle disuguaglianze presenti nel tardo capitalismo e al modo in cui queste si riflettono sulla struttura urbana e sullo stesso aspetto degli edifici. Un argomento, quello della critica al capitalismo, in cui è facile cadere in banalizzazioni e in slogan tanto orecchiabili quanto poveri di contenuto, ma non è questo il caso. I testi di Dunn sono intelligenti, graffianti, in bilico tra rabbia e disillusione: «Fuelled with your labor / Built with your bones / There are no great man / Only the great many» (“Tragic Heroin”).

Hostile Architecture è un disco in cui mi sono imbattuto quasi per caso e che è stato capace di ammaliarmi al punto da essersi guadagnato un posto sicuro nella mia personale top 10 di quest’anno. Ben scritto, ben suonato, imprevedibile, ricchissimo di spunti e privo di sbavature di sorta è un lavoro con cui gli Ashenspire hanno saputo superare se stessi. Inutile dire che aspetto con ansia il suo successore.