ASPHODÈLE – Jours Pâles
Gli Asphodèle sono un quintetto francese di recentissima formazione che, pur pubblicando Jours Pâles come prima prova in studio, in realtà non è certamente composto da musicisti inesperti. Nonostante tutti i membri abbiano fatto o facciano parte di altri gruppi più o meno conosciuti nell’ambito, i nomi più noti sono quelli di Stéphane Bayle, chitarrista degli ormai dispersi Anorexia Nervosa, e di Audrey Sylvain, ben nota per il suo operato con Amesoeurs e Peste Noire. Alla luce di ciò, e dando uno sguardo ai contorni nebbiosi e grigi della parte iconografica, potrebbe non essere così difficile farsi una vaga idea del contenuto di questo debutto.
Partendo già dall’iniziale “Candide”, che assume i connotati di un’introduzione delicata, malinconica e in una certa misura decadente, è possibile scorgere i contorni di un’ambientazione ambigua, sospesa in equilibrio tra fioche luci e fitte ombre impenetrabili. Tale impressione viene presto confermata da “De Brèves Étreintes Nocturnes”, che scandisce combinazioni e sovrapposizioni di soffuso shoegaze, black metal evidentemente influenzato dallo stile transalpino e post-rock agitato, benché riflessivo e tutto sommato arioso. Il tutto viene accompagnato dall’alternanza delle voci della Sylvain e di Spellbound, l’una candida e carezzevole, l’altra carica di rabbiosa e frustrata disperazione.
Detto ciò, l’ambito di appartenenza musicale degli Asphodèle risulta ben chiaro e, in pezzi come “Gueules Crasses” e “Refuge”, le due anime si compenetrano con maggior evidenza: l’ibrido risultante è ben bilanciato, lo sviluppo atmosferico è coinvolgente e dotato anche della giusta dose di aggressività, seppur edulcorata dagli influssi post. A tal proposito, è emblematico citare “Nitide”, con il suo andamento quieto e avvolgente, e “Réminiscences”, la quale appare più ruffiana (passatemi il termine) ma comunque funzionale, con la sua anima più alternativa, degna forse persino di qualche passaggio radiofonico; per contro, invece, colpisce non poco l’istintività più brutale e opprimente di “Décembre”. Tutto ciò per evidenziare come, pur ricordando gente quale Psychonaut 4 (il cui cantante Graf, non a caso, è presente come ospite in “Réminiscences”), Katatonia, Lifelover e simili, e pur strizzando l’occhio a una vaga faciloneria, nel suo insieme Jours Pâles non è banale e rappresenta un buon modo per suonare detto stile in maniera credibile e ispirata.
In tutta onestà, a titolo puramente personale, ho spesso trovato simili proposte eccessivamente stucchevoli e un po’ troppo zuccherose, tuttavia non posso esimermi dal notare come in questo lavoro coesista un equilibrio piacevole tra l’anima più delicata e drammatica di certo rock e l’istintività ruvida del black metal. La ricchezza di dettagli, la cura degli arrangiamenti, l’adeguato spazio lasciato al lato tecnico, il lavoro di cesello operato per dare la giusta dimensione alla parte atmosferica, onirica e malinconica come si conviene, sono evidenze che, se commisurate alla capacità dimostrata nel modellare efficacemente la materia, fanno di Jours Pâles un disco di valore. Indipendentemente dai gusti personali, dunque, è bene tributare agli Asphodèle la composizione di un album di qualità che di certo non vi farà cambiare idea sul genere di riferimento, qualunque essa sia, nel bene o nel male, ma potrà farvi passare una quarantina di minuti in compagnia di buona musica.