ATRA VETOSUS – Apricity
Prosegue a gonfie vele il sodalizio tra la belga Immortal Frost e gli australiani Atra Vetosus, che a distanza di cinque anni dal debutto Voices From The Eternal Night arrivano finalmente a un secondo album completo. Non che nel mezzo il quintetto della Tasmania sia rimasto con le mani in mano, pubblicando un live e un EP monotraccia da ben ventidue minuti, ma un nuovo disco è un’altra cosa, soprattutto se allunga la già corposa durata del suo predecessore di quasi un quarto d’ora e supera agilmente i sessanta minuti di registrazioni.
In questo lustro la formazione non ha visto cambiamenti al proprio interno e Apricity è una naturale e organica prosecuzione di quanto costruito dal gruppo in ormai sette anni di onorata carriera. Josh Young (già visto da queste parti anche nelle vesti di Astral Winter), chitarrista e originale fondatore di Immortal Frost, è ancora l’unico autore di tutta la musica, mentre i testi rimangono appannaggio del bravo Josh Gee, e nessuno dei due ha portato particolari stravolgimenti all’interno degli Atra Vetosus. Apricity è un’altra volta un ottimo esempio di black metal melodico, figlio della scuola svedese di metà anni ‘90, e cerca nuovamente di colmare il vuoto lasciato da Dissection, Dawn, Vinterland e compagnia.
I brani sono sempre lunghi, in questa occasione un po’ più vari e strutturati rispetto alla relativa linearità del debutto; la realizzazione di un EP così complesso nel mezzo ha avuto certamente un ruolo non indifferente nello sviluppo delle capacità dei ragazzi, Young in primis, che qui porta le reminiscenze svedesi a un livello superiore e migliora nettamente rispetto al già validissimo debutto. Apricity suona perfettamente attuale, non si fa problemi a strizzare l’occhio a correnti più moderne (black atmosferico e qualche lontanissima eco blackgaze) e, in generale, ha un sacco di cose da dire.
I testi di Gee mescolano ancora una volta concetti astratti e sentimenti personalissimi che vengono presi e sputati in uno scream acutissimo, figlio non riconosciuto dei Deafheaven e con una metrica più o meno assurda in cui i ritornelli sono pressoché inesistenti, mentre versi e strofe sono decisamente corposi. Le parole, invece, sono semplici e il messaggio degli Atra Vetosus è chiaro e diretto: le cose non vanno bene, non vanno bene per niente. E un’idea dell’immaginario degli australiani passa in modo chiaro dal video della prima traccia del disco, “Oceans Of Light, Rainfall Of Stars”; dove tra le altre cose spicca l’insospettabile basso a sei corde di Matthew Lopez.
Al loro terzo passaggio da queste parti, gli Atra Vetosus non vogliono saperne di smettere di crescere e di migliorare.