ATRA VETOSUS – Ius Vitae Necisque
Gruppo: | Atra Vetosus |
Titolo: | Ius Vitae Necisque |
Anno: | 2016 |
Provenienza: | Australia |
Etichetta: | Immortal Frost Productions |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 22:12 |
Atra Vetosus è una band originaria della Tasmania e dedita al death-black metal melodico, che avevamo incrociato alcuni anni fa, al tempo del primo album "Voices From The Eternal Night". A gennaio di quest'anno ha rilasciato l'ep "Ius Vitae Necisque" per l'ottima Immortal Frost Productions, condensando le caratteristiche espresse dal precedente lavoro.
Abbiamo a che fare con un'unica traccia della durata di ventidue minuti, suddivisa in cinque movimenti, che vivono di stati d'animo differenti in accordo con il concept naturalistico dell'opera. Il «diritto di vita e di morte» citato nel titolo e accordato al «pater familias» dell'Antica Roma viene qui traslato e riferito alla Natura, intesa come entità olistica che accoglie letteralmente il miserabile corpo mortale della voce narrante, fra le braccia di una quercia simbolica (si veda la splendida copertina di Martin Lynch-Smith), affinché lo spirito possa innalzarsi e ricongiungersi al tutto dell'Universo.
Questo percorso di elevazione e incorporamento prende il via sulle semplici note intense delle tastiere, che disegnano uno scenario incontaminato, generando un senso di attesa, e ci immergono immediatamente in un contesto introspettivo, spezzato dalle chitarre distorte soltanto dopo quattro minuti. La seconda stanza è un saliscendi di emozioni in cui subentra il metal propriamente detto, fra la lacerazione interiore e l'urgenza di uno screaming davvero estremo e sguaiato, gli ampi spazi di luce delle gelide melodie chitarristiche e una certa grandiosità espressa dai cori in voce pulita e dal sottofondo dei sintetizzatori. Nella mia testa risuonano echi dei Vinterland di "Welcome My Last Chapter".
A metà dell'opera il pianoforte e la chitarra acustica diventano protagonisti della scena, che da raccolta e intima diviene pian piano più intensa e consapevole, complice anche il ritorno della chitarra elettrica in versione solista. Di lì a poco si torna sul sentiero del metal estremo così come concepito dagli Australiani, senza mai spezzare la continuità del pathos, fino a quando la musica sfuma in un temporale, che apre l'ultimo segmento della canzone, dominato da una chitarra acustica delicata che riconcilia l'animo errante e offre la definitiva pace dei sensi.
Le qualità migliori offerte da "Ius Vitae Necisque" risiedono nuovamente nella genuinità e nell'entusiasmo che traspaiono dalle note, in grado di catturare l'ascoltatore e tenerlo vigile per l'intero viaggio. La musica scorre sempre completamente fluida, vivace e naturale, mentre le soluzioni compositive adottate restano lineari (ma non banali o sciatte) eppure incisive. Insomma i ventidue minuti dell'unico brano non pesano mai.
L'unica nota che ho trovato non perfettamente allineata al resto è lo scream di Josh Gee. La sua interpretazione è priva mediazioni, come se uscisse fuori senza alcun controllo, perciò stride parzialmente coi toni più concilianti della sezione strumentale. Dico ciò in realtà soltanto per dovere di cronaca, in quanto non sono il tipo che si formalizza per questioni vocali; d'altro canto questa voce così istintiva si sposa bene con il lato concettuale del lavoro, esprimendone l'indole selvaggia.
A patto di non affrontare questo ep in maniera eccessivamente analitica, potrete godere di buona musica, sentita e sincera. I fan del death-black metal melodico sono avvisati.