BEYOND HELVETE – Anthem Of Decay
Ammetto che il buon Sven Krause, che fino all’altro ieri si faceva chiamare Natrgaard, me l’aveva quasi fatta con MMXX, la precedente uscita firmata Beyond Helvete. Minutaggio contenuto, testi sul rassegnato andante, qualche timido accenno al concetto di autodeterminazione. Ma qualcosa dev’essere scattato nella mente del musicista tedesco, tanto da trasformare, con Anthem Of Decay, quello che nasce e si sviluppa come un progetto orientato al depressive black metal in qualcosa di più violento e moderno.
Il rischio, quando si effettua un’operazione così radicale su un percorso che, tutto considerato, funzionava, è quello di farsi prendere la mano. Dal punto di vista musicale, noto un sostanziale aumento della velocità media, con conseguente sparizione dal pentagramma di quei momenti più vecchia scuola e orientati al black’n’roll caratterizzanti in senso positivo la vena di Krause.
Un ruolo in questa deviazione può averlo giocato anche la trasformazione di Beyond Helvete in un duo, con l’ingresso di Jonas Schmid — già voce e chitarra nei thrasher Comaniac — alla batteria, agli arrangiamenti e perfino alla console. Il risultato è un generale appiattimento creativo, in favore di una scrittura che vuole suonare più maligna ma finisce solo col perdere in termini di personalità.
Sul piano tematico, Krause sembra aver decisamente imboccato la tangente del libertarismo ai limiti dell’anarchia, dietro al quale non paiono però esserci particolari risvolti intellettuali. I testi sembrano tutti piuttosto vuoti e qualunquisti: basta moralità, viva la violenza, pensate con la vostra testa, svegliatevi. La rassegnazione di Krause si è spostata dalla sofferenza personale a un presunto intorpidimento mentale che ci impedisce di ammazzarci a vicenda. Idee con le quali si può solidarizzare o meno, ma che artisticamente funzionerebbero meglio se sostenute da domande più articolate di «When did they forget to use their mind?».
Per il sottoscritto Anthem Of Decay rappresenta un vigoroso passo indietro rispetto a un passato normie ma comunque godibile. Peccato, perché pure la copertina prometteva bene, ma come giri il booklet ti ritrovi le scritte in Papyrus.