BIG | BRAVE – A Gaze Among Them
Inizierei questa recensione con una piccola premessa sul mio rapporto con i Big | Brave: da qualche tempo seguo le gesta del progetto di Montréal, anche con discreto apprezzamento, in particolare per quanto fatto con Au De La e Ardor (loro, nel mentre, continuavano a farsi un nome, anche aprendo ad autentiche leggende come i Sunn O)))); per qualche strana congiunzione astrale, decisi di andare a vederli dal vivo proprio a Montréal durante la prima sera del viaggio di nozze, dopo novemila ore di volo e spostamenti vari in giro per la città (non ne ho scritto personalmente, ma qui potete trovare un report). Diciamo che non fu un’esperienza bella, dal punto di vista fisico, essere arati da un graffiante muro di suono nello scantinato di una chiesa dopo un simile tour de force. Tuttavia, una parte di me conserva un ricordo decisamente intenso di quel momento, prontamente risvegliato dalla notizia dell’uscita di A Gaze Among Them.
Anche questa volta su Southern Lord, il duo Robin Wattie (voce, chitarre, amplificatori) e Mathieu Ball (chitarre, amplificatori) ha dato il benvenuto al nuovo batterista Loel Campbell, oltre alla collaborazione di Thierry Amar dei Godspeed You! Black Emperor al contrabbasso, e a Seth Manchester, che si occupa di sintetizzatori, missaggio e produzione. A Gaze Among Them si presenta con una copertina stupenda (opera della stessa Wattie): un’esplosione di colore dopo un paio di dischi visivamente avvolti nell’oscurità più nera, materia che si mescola e acquisisce nuove tonalità, spazi che si ridefiniscono e trasformano al di fuori di forme rigide e facili. I Big | Brave sono da sempre un progetto complesso da incastrare in termini musicali, che incorpora elementi di drone, post-rock, post-metal, ambient e doom metal, fino a comporre un sound che, a mio avviso, ha raggiunto con questo album il suo punto più alto.
“Muted Shifting Of Space” avanza distorta, pesante e allo stesso tempo incerta, mettendo in musica il succitato concetto di ridefinizione di spazi antichi, non nostri, l’umanità che modifica il mondo. Poteri che definiscono l’altro e il concetto stesso di alterità. Il cantato dal sentore rituale di Robin Wattie accompagna i colpi di batteria e i riff fino alla denuncia «You don’t get to do this!»; la voce narrante, lo sguardo tra di loro, è qui per lottare. Il successivo brano “Holding Pattern” trae ispirazione dalla manovra di volo che viene fatta dagli aerei per mantenere una posizione in aria in attesa di atterrare oppure di attaccare. L’atmosfera sonora si fa più pesante e il ritmo più sostenuto, la voce attacca chi si vende come sostenitore di una causa col solo scopo di tenere in sospeso la causa stessa, e catalizzare l’attenzione su di sé, giocando con i corpi e il sangue di chi conduce la battaglia, portandoli, appunto, a tenere le rivendicazioni in sospeso.
Non farò un’analisi dell’intero disco pezzo per pezzo, ma segnalo anche il video del conclusivo “Sibling”, per sottolineare la cura impiegata dai Big | Brave in ogni aspetto della loro creatura. Nonostante i colori della copertina, A Gaze Among Them sembra essere, in realtà, il disco più denso e pesante della carriera del gruppo canadese, che ormai è entrato ampiamente nel novero dei progetti più interessanti in questo ambito.
Riflettendoci con un po’ di prospettiva, questo album è potenzialmente un altro tassello di rilievo nel discorso sul doom metal che facevamo qualche tempo fa su Aristocrazia. Un universo in costante trasformazione e dai confini sempre più labili che ci sta donando alcune autentiche perle. Lo dico, se il mio disco dell’anno non è Blood Year dei Russian Circles, il motivo è proprio A Gaze Among Them. Spero che il mio prossimo incontro dal vivo con la musica dei Big | Brave possa essere più fortunato del precedente e, soprattutto, che arrivi presto.